NUOVI (VECCHI) DETTAGLI

Dettagli, sempre dettagli. Quelli che fanno spesso gridare all’ossessione, alla paranoia, al veterofemminismo d’accatto. Eppure i dettagli contano. Contano per tante donne, per fortuna. Come la lettrice che mi ha scritto ieri questa mail:
“Volevo raccontarti (segnalarti) quello che è mi successo ieri sera, 22 dicembre, alla stazione Ferrovie Nord di Bovisa (Milano). È una piccola cosa, ma mi ha rattristato e confermato ancora una volta dello scarso rispetto che l’Italia ha, nei fatti e anche a parole, per noi donne.
Erano circa le sei di sera. Mi sono seduta ad attendere il treno su una panchina davanti al tabellone delle partenze. A fianco, immancabili, gli schermi televisivi che ormai invadono tutte le stazioni delle Ferrovie Nord. Trasmettono pubblicità più qualche informazione di servizio e qualche ridicolo contenuto autoprodotto dalle Ferrovie Nord, come l’immancabile “Frase del giorno”. Ieri sera era il bel faccione di Albert Einstein a campeggiare sullo schermo, l’autore della “Frase del giorno”, che diceva più o meno: “Il centro di produzione delle donne non è il cervello”. È un’approssimazione perché la frase non me la ricordo a memoria, ma il senso sì, ed era quello. Io l’ho trovata fortemente offensiva, una frase dal contenuto sessista e misogino che non fa altro che confermare uno stereotipo purtroppo ancora vivo nella società italiana che vorrebbe la donna a casa a sfornare bambini e basta.  Era una frase che non andava trasmessa a mio parere su un circuito pubblico, anche se misero come quello delle Ferrovie Nord e anche se a dirla è stato Albert Einstein. Ho mandato una mail di protesta firmata a Ferrovie Nord (http://www.lenord.it/assistenza_clienti/reclami.php), alla quale naturalmente non ho avuto né avrò, risposta. Credo però che in casi come questo, grandi o piccoli che siano, protestare sia non solo utile ma doveroso. Grazie di tutto”
I dettagli fanno un insieme. Che ci crediate o no, o comunque la pensiate, Buon Natale.

109 pensieri su “NUOVI (VECCHI) DETTAGLI

  1. (chiedo perdono per alcuni refusi, in particolare:
    “Il corto circuito che c’è cultura e natura, tra i modi di accudimento della famiglia occidentale e i percorsi di formazione degli individui, provoca secondo molti psicoanalisti – Chodorow cominciò ma è teoria piuttosto accreditata – conseguenze importanti nella strutturazione di genere. Il particolare le donne, attraversando un edipo ben più complicato del maschile, dovendo combattere con una disidentificazione dalla madre molto più tortuosa di quanto accada per chi vede l’altro che lo allatta e lo accudisce di sesso diverso – acquisiscono una competenza relazionale superiore a quella maschile. E in effetti ci sono molte analiste donne molto competenti, per non parlare delle eccellenze. ”
    Ecco pardon.

  2. Diana il fatto che sono identici è appunto un fatto, voglio dire sotto il profilo materiale. Non è un’opinione. Le differenze sono molto molto piccole e non sono correlabili a le differenze di cui si parla. Per un sacco di motivi, che forse è anche noioso stare a dire qui. Ma insomma con il corpo calloso non elaboriamo questi grandi sistemi concettuali, e i mediatori neurali sommati ai circuiti ormonali possono dare risultati simili. Cioè è legittimo non averne idea forse – ma questo è un territorio di ricerca molto molto battuto.
    Il problema non è la diversità, ma decidere che questa diversità sia perenne, usarla come se fosse metastorica e non storicizzata, e farne un uso politico, oltre tutto usando la scienza come alibi. Siccome di questa diversità si fa un uso politico per la distribuzione del potere, ecco perchè si discute molto sul come usare la parola diversità – in che modo sia legittima e in che modo no. Allo stesso modo, qui il problema non era la parola di Einstein – ma fondamentalmente l’uso che si è fatto della sua parola.
    E poi c’è un problema semplice che riguarda l’abuso di territori concettuali che non si dominano, a suffragio delle proprie opinioni. Qui io non ho un problema con la politica ma con la ricerca. Questo è un atteggiamento che fa male alla ricerca e le fa dire cose che spesso non dice. Quando la ricerca in questi contesti è seri, cioè prima della trasmissione di informazioni sui media – che la sporca spesso e volentieri – raggiunge risultati noiosi e miserevoli, per problemi psicometrici e di validità statistica, è infatti terribilmente difficile fare esperimenti in questo contesto che abbiano del vero appeal.

  3. Temo che alla base di questi scazzi teorici ci sia un difetto di filosofia, che si manifesta soprattutto nel tentativo di utilizzare dati anatomici per supplire all’incapacità di dar conto del simbolico (su cui la scienza naturale, Husserl insegna, ha poco o niente da dire). Quando poi si riduce il simbolico al culturale, ne esce una delle molte varianti di uno storicismo che resta sostanzialmente sterile, perchè si limita a descrivere strutturazioni sociali a posteriori e conduce in ultima analisi all’azzeramento della differenza (da parte femminista ma non solo) in odio a quella che ne è stata l’ultima declinazione storica.
    Quello di pensare la differenza come elemento positivo, che dà origine a una contesa-armonia (eraclitea) tra i sessi, è uno dei compiti più importanti dell’antropologia filosofica, che ha compiuto i primi timidi passi nel XX secolo con autori come Scheler, Gehlen, Plessner.
    Bisognerebbe partire da lì.

  4. @zauberei . Come premessa, vorrei dire che tu sei competente e io no, e che quello che dici mi sembra molto sensato e ragionevole, e ragionevolmente scientifico. Non saprei cosa aggiungere alal tua analisi e ai tuoi riferimenti, che mi sembrano stringenti e appropriati (oltre che utili e informativi).
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    Se mai, la mia obiezione riguarda questo unico punto: “Il problema non è la diversità, ma decidere che questa diversità sia perenne, usarla come se fosse metastorica e non storicizzata, e farne un uso politico, oltre tutto usando la scienza come alibi. ” Non mi è sembrato, a una èrima lettura, che hqr stia facendo questo. Non afferma che la differenza sia perenne (si limita a constatare un fatto, incontrovertibile, in fondo). Se mai, usa questo argomento per accendere una ‘flame war’ su un blog dove l’uso di certi termini o riferimenti farà certamente saltare qualcuno sulla sedia. Come è giusto e legittimo. In questo modo crede forse di dimostrare qualcosa a se stesso o agli altri, o di mettere in difficoltà il blog, invece secondo me anima la discussione che diventa interessante – anche perché i suoi argomenti spesso lo sono, per esempio quando dà indicazioni su come interpretare una statistica, eccetera. Cadono tante ipocrisie (parlo per me, per tutti) e si aprono fronti diversi di discussione da riprendere, magari, altrove. Questo mi piace.
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    Una cosa gli contesterei subito, a proposito di donne e matematica, e donne e fisica. Senza matematica non c’è fisica.

  5. e a proposito di matematica e cervello maschile portato all’astrazione e al ragionamento sistemico. Feynman è stato un grande fisico teorico e che padroneggiasse la matematica non ci piove. Eppure pensava per immagini (vedi i suoi diagrammi), come gli animali (e gli autistici: vedi Temple Grandin). Cioè aveva bisogno di fare e visualizzare, per ragionare. Che tipo di competenza è? Ha un genere? Per questo dicevo che mi sembra utile uscire da certi steccati.

  6. Scrive Hommequirit: “Molto ottuso è colui che pensa che le donne e gli uomini abbiano identici cervelli.”
    Non ci sono prove scientifiche affidabili per questa asserzione. La disamina dei tentativi di dimostrare il fondamento biologico di una capacità cognitiva diversa tra maschio e femmina mostra tentativi piuttosto buffi, antiscientifici, molto probabilmente animati da misoginia e genderismo.
    C’è da pensare invece alle differenze create dall’educazione, dalle norme sociali, dalla cultura eccetera.
    Comunque in varie discussioni ho notato una cosa: anche alcune femmine tendono a cadere nel pregiudizio di una differenza cognitiva biologica tra maschi e femmine.
    Infine mi chiedo sempre che effetto faccia leggere queste discussioni su un supposto mondo maschile-femminile a una persona per esempio intersessuale. Probabilmente penserà di avere a che fare con dei mentecatti. E non avrebbe tutti i torti.

  7. Intanto – benchè so che porta a posizioni opposte alle mie, per molti versi ma non per tutti – io ho apprezzato molto l’intervento di Uòlter, che secondo me tocca un tasto interessante.Magari non sono d’accordo su quello che dice, perchè il simbolo come dice l’etimo è una tessera spezzata, non pui far finta che non esista il pezzo concreto cui si riferisce. E magari non concordo neanche con le oipostatizzazioni della differenza che propone, ma insomma almeno ci ha stile. Non sono d’accordo ma ha stile.
    Diana a me invece si e in diversi punti. Nei primi commenti alludeva a presunti studi sulle aree cerebrali dove si svolgerebbe il ragionamento matematico ed è uno degli esempi possibili. Grazie comunque del riconoscimento di competenza:)

  8. @Zauberei
    Io le chiedo di argomentare e lei mi tira fuori la psicoanalisi? Mi è parso di capire che lei capisce di più attraverso le citazioni, perciò uso le parole di Nabokov che definì la psicoanalisi una cura che consiste nello spalmarsi miti greci sulle parti genitali. Kraus invece, com’è noto ai più, si limitò all’elementare buonsenso chiosandola come la malattia che pensa di essere la terapia.
    Comincio a capire dal suo (s)ragionare e dai suoi (ri)ferimenti che lei dev’essere una psicoanalista (nessuno è perfetto). Mi scuso e chiedo venia. Mi creda, non potevo minimamente sospettare che lei fosse affetta da questa condizione invalidante. Comprendo e taccio, recando il rispetto che si deve sempre agli infelici. Condoglianze.

  9. @zauberei – è l’idea di cervello in astratto, di un cervello esistente a prescindere dalll’ambiente, che sembra assurda. Una volta affermata la plasticità sinaptica del cervello e l’impatto decisivo dell’ambiente, qualsiasi differenza tra ‘aree’ diventa complessivamente poco rilevante. Comunque, sì, capisco cosa vuoi dire, credo. Temi l’uso strumentale di certe narrative.

  10. “… la psicoanalisi una cura che consiste nello spalmarsi miti greci sulle parti genitali.”
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    Grandissimo, Nabokov. Parlare ancora di Edipo, in effetti, suona abbastanza ‘antico’. (Solo in Francia alcuni lo fanno, credo.) La seconda, piccolissima e ultima obiezione al commento di zauberei.

  11. @Andrea Barbieri
    H: “Molto ottuso è colui che pensa che le donne e gli uomini abbiano identici cervelli.”
    AB: “Non ci sono prove scientifiche affidabili per questa asserzione”
    -Quindi lei si sta assumendo la responsabilità di affermare che la Scienza avrebbe DIMOSTRATO tale identità.
    Ancora una volta, se si leggessero con attenzione le righe invece di aver fretta di arrivare alle (proprie) conclusioni, forse si eviterebbero questi strafalcioni logici.
    AB:”Infine mi chiedo sempre che effetto faccia leggere queste discussioni su un supposto mondo maschile-femminile a una persona per esempio intersessuale. Probabilmente penserà di avere a che fare con dei mentecatti. E non avrebbe tutti i torti.
    -Non giochi con contrafattuali più grandi di lei. Potrebbe subirne il giudizio.
    Ragazze/i, non facciamone una prova di forza.

  12. Anche se si parla pure di aritmetica, mi piacerebbe che ci si confrontasse con questo pezzuolo, che propongo solo a scopo metodologico. Giusto per mostrare come da innegabili differenze fisiologiche e comportamentali emergano elementi di differenza non gerarchicamente ma complementarmente intesa. Il testo è tratto da “Chi ha cucinato l’ultima cena?” di Rosalind Miles (trad. it. Eliot Editrice)
    “In effetti, la riconoscenza della razza umana nei confronti delle donne primitive continua a crescere, via via che si scoprono le prove biologiche. Per esempio, dobbiamo alla donna primitiva il fatto che la maggior parte di noi sia destrimano. Come spiega Nigel Calder, “La lateralità manuale, la tipica tendenza dell’ essere umano moderno a usare la mano destra, è un fenomeno femminile”. Da sempre la donna ha l’abitudine di portare il bambino sul lato sinistro del corpo, dove si sente confortato dal battito del cuore della mamma, e ha così libertà di movimento con la mano destra. Questo fu lo stimolo verso l’evoluzione all’ uso predominante della mano destra negli esseri umani che vennero in seguito. A dimostrazione della” genesi femminile della lateralità manuale”, Calder osserva che tuttora le bambine sviluppano la propria lateralità manuale, così come la capacità di parlare, molto più velocemente dei maschi.(…)
    E in effetti la biologia della donna è la chiave per capire la storia della razza umana. Il trionfo dell’evoluzione si verificò nel corpo femminile per mezzo di uno sviluppo cruciale che assicurò il futuro della specie, con il passaggio biologico dall’ estro dei primati, in cui la femmina va in calore, al mestruo umano. Per quanto generalmente non osannato, anzi neppure citato, il ciclo mensile femminile costituì l’adattamento evolutivo che salvò la specie umana dall’estinzione e ne assicurò la sopravvivenza e la riuscita.
    Infatti, l’estro femminile dei primati superiori è un meccanismo decisamente inefficace. I grandi primati di sesso femmiinile, come scimpanzé, gorilla e oranghi, vanno raramente in calore e producono un piccolo ogni cinque-sei anni, cosicché l’intera specie è pericolosamente a rischio di estinzione e le grandi scimmie oggi sopravvivono solo in piccoli numeri e negli ambienti più favorevoli. La femmina umana, che ha dodici possibilità di concepimento l’anno, anziché una ogni cinque, ha una capacità riproduttiva che è sessanta volte quella delle lite sorelle primati. Le mestruazioni, non la caccia, furono il grande balzo in avanti in termini di evoluzione e fu grazie a un adattamento femminile, non già maschile, che l”‘uomo” prosperò, si moltiplicò e conquistò il mondo.
    Inoltre, il ciclo mestruale femminile non era un semplice fenomeno fisico, come mangiare o defecare. Alcuni studiosi, di recente, hanno sostenuto che la cosiddetta maledizione della donna servì a porre rimedio non solo alla carenza di progenie dell’ uomo, ma anche alla sua primitiva cecità mentale. Nel loro pionieristiico lavoro sulle mestruazioni, The Wise Wound, Penelope Shutde e Peter Redgrove sottolineano il collegamento elaborato nelle società primitive tra ciclo lunare e ciclo mestruale, sostenendo che sia stata per prima la donna a stimolare nel genere umano la capacità di riconoscere concetti astratti, a fare collegamenti e a pensare in modo simbolico. Per Elise Boulding, tali funzioni mentali nacquero in una fase precedente, durante la quale le donne inseegnarono agli uomini i principi numerici, la struttura del calendaario e il calcolo: “Ogni donna, avendo un ‘calendario corporeo’, il suo ciclo mensile, fu la prima a notare il rapporto tra il proprio ciclo corporale e il ciclo lunare”. Altre autorevoli voci femminili hanno manifestato una certa ironia nei confronti del candore di un professore, il famoso Jacob Bronowski, che nel programmma televisivo a puntate The Ascent Man descrisse con grande serietà un osso di cervo preistorico con trentuno scalfitture defiinendolo “una chiara documentazione del mese lunare”. Nel suo saggio su The Ascent of You Know Who, Vonda McIntyre sollevò alcune obiezioni: “Senti senti. Un mese lunare di trentuno giorni? Penso sia molto più probabile che l’osso documentasse il ciclo mestruale di una donna”.
    Oggettivamente questo muto testimone, descritto con cura, di una transazione irrimediabilmente perduta, avrebbe potuto essere l’una o l’altra cosa, o entrambe, oppure nessuna delle due. Ma nella negazione inconscia, ormai di routine, di azioni, esperienze, ritmi delle donne, addirittura della loro capacità di contare, la possibilità che si potesse trattare della registrazione da parte di una donna della propria intimità personale non è stata neppure presa in considerazione.”

  13. Dunque – mi rendo conto che usando io per prima il termine psicoanalisi ho generato delle confusioni: l’ho fatto per l’uso comune che contraddistingue il termine, volendo però riferirmi a una tradizione di ricerca – che con Freud iniziò e che ora è però nota come psicologia dinamica. I miti a cui ci si riferisce riguardano dinamiche che sono oggetto di studio più standardizzato e molto lontano dal divano della fondazione. Parlarne sarebbe lungo: ma Diana e altri: Kraus e Nabokov sono nati prima assai dell’infant research, di Wilma Bucci e della ricerca massiccia che è in atto per scientificizzare questi costrutti. Ricerca che è stata anche finanziata dalle case di assicurazioni negli USA con la speranza di veder dimostrata l’assenza di validità e che invece hanno dimostrato il contrario – laonde per cui oggi le terapie psicoanalitiche hanno negli Stati Uniti diverse possibilità di copertura assicurativa (anche in italia la casagit lo fa, per esempio) Quindi anche qui citare Nabokov è carino, ma è una citazione fuori luogo. Dovuta certamente a un mio riferirmi troppo generico. Ne parlo non per citazioni, soprattutto non di frasi ma di testi chiave del dibattito, ma perchè da molti anni è il mio territorio di lavoro e di studio. Scrivo un libro che si occupa di genere e storia della psicologia dinamica e questo è il mio territorio di lavoro.
    Valter è un bel pezzo – ma io seppur con prole ahò sono mancina. Per dire, e in generale non mi aggiunge molto all’impianto del discorso. Non me lo cambia.
    Saluto Loredana.

  14. Per informazione comune, da non commentare ulteriormente: ho tolto la parte della discussione relativa al mio “ottalogo” e l’ottalogo medesimo. Sono stati smoderati tutti. Vi prego di proseguire rimanendo in topic e senza usare toni sgradevoli nei confronti degli altri utenti. Buon proseguimento.
    Ps. Solo una nota per quanto riguarda le affermazioni di Hommequirit sul cervello maschile e femminile. Vi rimando alla lettura de “La trama lucente” di Annamaria Testa, dove con competenza maggiore della mia si analizza la questione. Grazie.

  15. Visto che si è citato Kraus, impareggiabile e caustico misogino, voglio citare anch’io una sua frase:
    “Una donna sola in una stanza. Esiste una donna sola in una stanza prima che entri un uomo e la guardi? Esiste la donna in sé?”
    Ecco: “hqr solo in un blog. Esisterebbe hqr solo in un blog, prima che i commentatori entrino e lo guardino (gli diano corda)? Esiste hqr in sè?”.
    .
    @diana. Non penso affatto che hqr allarghi gli spazi di discussione. Allontana semplicemnte il discorso dal tema centrale, rivoltando la frittata e facendo credere, attraverso arzigogolii argomentativi, che il bianco non sia bianco e il nero non sia nero, decidendo di essere arbitro non solo del discorso ma pure delle intelligenze e competenze altrui (bravo, sette più oppure, a chi non è d’accordo con lui: ripassi la (mia) lezione). Ha capito adesso?).
    Siccome questa è una tecnica comunicativa che va per la maggiore di questi tempi mi dà particolarmente ai nervi.
    “Il centro di produzione delle donne non è il cervello” è una frase sessista e misogina oppure no?
    E non c’entra niente la matematica, la neurologia, la pisicoanlisi ecc. ecc. ecc., è una frase che afferma che nella donna il cervello è un organo inessenziale, indipendentemente dal fatto che si applichi ai fornelli o alle scienze esatte.
    Nell’altra versione, tirata decisamente per i capelli: “quando si tratta di donne, il centro di produzione (degli uomini) non è più il cervello” rende conto, semmai, della radice, o di una delle radici, della misoginia.

  16. Non ho avuto il tempo di leggervi tutti. Le disquisizioni sul prof. Einstein non m’interessano un granché, gli atteggiamenti, i pensieri, le deduzioni di un essere umano, anche se ha fatto grandi scoperte scientifiche, per me hanno il valore del primo senzatetto che trovo sulle panchine del parco, con infinito rispetto per entrambi.
    Gravissimo invece chi utilizza frasi misogine, sgradevoli, decontestualizzate ma riferite ad un “autorevole” pe veicolare messaggi pericolosissimi. A che serve in una stazione una frase così?
    Scriverò una letterina di protesta.
    Buone feste a tutti!

  17. Sono assolutamente d’accordo con Emanuela C. Einstein è l’ipse autorevole attraverso cui si sta veicolando un messaggio che autorevole non è per niente, anzi è assolutamente disprezzabile e per niente ironico. Quale che sia il cervello che l’ha distillato.

  18. Rosalind Franklin, per esempio. Chimica e fisica. Senza di lei non ci sarebbe stata la scoperta del Dna (o sarebbe avvenuta molto dopo). Peccato che il Nobel venne dato agli scienziati che utilizzarono il suo lavoro, definendola in cambio una donna brutta e dal pessimo carattere.
    Ma sono d’accordo con Valeria: qui il gioco è stato spostare la discussione a favore delle argomentazioni di hqr (complimenti per l’uso di Kraus, Valeria!).
    Affermare, come ha fatto hqr, che esiste una differenza sancita dalle neuroscienze, può essere anche lecito. Arrivare a dire che quella differenza porta minori competenze non è più ambito scientifico, ma dello scenario cuturale in cui si cresce.
    Per tornare alla frase di Einstein: mi sembra ovvio che decontestualizzarla e usarla come slogan ferroviario è da cretini. Posto che la frase non sia misogina, nè è l’uso.

  19. Rimetta il dialogo, prego. Abbia la decenza di mostrare quello che ha detto e le è stato detto. Non si nasconda come un topo cancellando più di dieci commenti altrui e suoi.
    Altrimenti la sua etica ha il valore dell’inconsistenza.

  20. “Donne e uomini. Si nasce o si diventa” di Raffaella Rumiati è un ottimo testo sulle presunte prove scientifiche della differenza cognitiva in base al genere. Sono un centinaio di pagine, costa poco, edito dal Mulino, ed è – credo – l’unico testo in lingua italiana scritto da una donna scienziato specificamente su questo tema.
    Vi anticipo la conclusione: le prove non ci sono.
    A mio parere queste questioni sul genere sono interessantissime in quanto in vari modo sono gli indizi di una macchinetta analoga al razzismo che tutti quanti/e interiorizziamo. Se fossi uno scrittore scriverei un romanzo per mettere alla berlina i prodotti di questa macchinetta.

  21. Scrive Hommequirit “Quindi lei si sta assumendo la responsabilità di affermare che la Scienza avrebbe DIMOSTRATO tale identità.”
    .
    Non hai capito niente. Ho scritto che NON ci sono prove scientifiche di una diversità cognitiva. Cioè nessuno finora è riuscito a dimostrare che le differenze biologiche tra corpo maschile e femminile CAUSANO una differente abilità del cervello.
    Comunque se vuoi approfondire leggi il libro che ho consigliato. Scusa ma ora ho da fare.

  22. Ringrazio Andrea Barbieri, spero che il libro che ha segnalato si trovi perché ultimamente sono sfortunatissima e sembra che sia tutto esaurito.

  23. Forse la si è fatta un po’ troppo tragica.
    D’accordo, è infelice; d’accordo, è attribuita ad una fonte autorevole ed è quindi più pericolosa; d’accordo, gira su un circuito pubblico…
    Ma in quanti l’hanno presa seriamente sul serio?
    E mi pare anche un appiglio molto debole per stimolare una discussione – o una riflessione.
    A margine: non so se e quale collegamento ci sia, ma questa “mail” è apparsa anche in forma di commento qui (http://www.ilcorpodelledonne.net/?p=4571).

  24. A me sembra piuttosto normale che una stessa persona scriva alla Lipperini e alla Zanardo, visto che si occupano degli stessi argomenti e portano avanti la stessa battaglia, favoliere.
    Secondo me anche se una sola persona l’avesse presa sul serio vale la pena di parlarne. Non so voi, ma io sono abbastanza stufa dell'”ehi bella, non lo trovi divertente?”. Vado OT ma credo renda l’idea: attualmente è in corso una delle solite battaglie tra fanwriter, dove il passatempo preferito di alcune è massacrare, letteralmente, le ragazzine più giovani che scrivono fan fiction a volte non proprio in italiano corretto. Be’, più duri sono gli insulti, più le altre utenti si divertono. E se qualcuno prova a dire “scusate, ma forse si potrebbe dire in altro modo” ti strillano che è “ironia”.
    Non credo di essere la sola a essermi stufata dell’ironia.

  25. Sì la differenza sta in come combattono: il blog di Zanardo ti banna senza avvisarti o spiegarti perchè, Lipperini mi pare che non si sia mai comportata così.
    Parlo per esperienza personale. Scusate lo sfogo.

  26. @favoliere: “è infelice; è attribuita ad una fonte autorevole ed è quindi più pericolosa; gira su un circuito pubblico” miscela esplosiva per veicolare un messaggio chiaro.
    Il prendere seriamente sul serio a quanto pare è diventata una disabitudine italiana fin troppo evidente. Nel bene o nel male.
    E a suon di superficialità ed ironia, come giustamente commenta Lara, si compiono i più subdoli crimini senza che qualcuno li prenda sul serio, appunto, proprio perché nulla viene preso seriamente sul serio.
    Pensate con uno sforzo di fantasia ad una frase estrapolata da un discorso magari complesso e interessante, nel quale però un “autorevole” dicesse una frase del genere riferità chessò, ad un individuo affetto da sindrome di Downs, o ad un nigeriano e mettetela sugli schermi televisivi di una stazione in una città… Farebbe effetto no? In molti la prenderebbero seriamente sul serio. Ma non sarebbe possibile, non lo farebbero mai perché si sta tutti molto attenti a non discriminare.
    Le donne invece devono dotarsi di infinita autoironia… e soprattutto non farla troppo tragica, che tanto diciamo solo sciocchezze che nessuno prenderà mai seriamente sul serio!

  27. Ma le ferrovie italiane buttano via così i soldi dei contribuenti e delle contribuenti? E chi ha dato loro il permesso di offendere queste ultime e la metà dell’utenza?

  28. 1. a quelli interessati ai temi della differenza biologica dei cervelli – segnalo C.Vidal “il sesso del cervello”.
    2. Ciao Nautilus, ma non chattizziamo il blog della Loredana e passa a salutamme a casa mia eh:)

  29. Ciao amici, pnso ci sia modo di riconciliare le posizioni: delle differenze uomo e donna ci sono ed agiscono in modo profondo (l’ evoluzione conta), ma si mostrano non tanto a livello di abilità, quanto a livello motivazionale.
    La miglior sintesi (con bibliografia) per supportare questa posizione la trovate qui. La sintesi della sintesi (più ideologica ma spero non distorta) è mia e la trovate qui.
    Penso sia il miglior modo per evitare farraginose costruzioni concettuali quali quella di Patriarcato.

  30. @Broncobilly A livello motivazionale? Diamo a tutti le stesse opportunità e vediamo chi è più motivato e chi arriva più “in alto”. Secondo me negare che oggi alle donne non vengano date le stesse opportunità è quasi negare l’olocausto. Lo dico da padre di due bimbe che non vuole vederle discriminate in partenza.

  31. Mi piace il “basta che uno se ne senta toccato, perchè sia giustificato parlarne”.
    Ma il punto delle mie due righe non era quello; e ad aggiungerci il cliché del provincialismo italiano la matassa s’ingarbuglia ancora di più.
    Resterei sull’oggetto, ma le risposte piccate dopo la mia mi costringono ad esplicitare una premessa che davo per scontata: la questione femminile c’è; tutte le donne dovrebbero essere valutate al di là del loro genere (nel bene, e nel male); esiste una discriminazione – quasi sempre negativa – nei confronti del sesso femminile; la contemporanea presenza di questi fattori rende le donne reattive anche alle forme minime di discriminazione.
    Amen.
    Quindi umanamente (sociologicamente?) il gesto di protesta stizzoso, querulo, isterico, forte, deciso, se o come diavolo lo si voglia qualificare, è perfettamente comprensibile.
    Invece quello su cui ho tentato senza successo di porre l’accento è la sostanziale piccolezza dell’episodio in sé.
    Dice l’autrice del blog: a goccia a goccia si riempie il mare.
    Vero.
    Ma non ci sono gocce più grandi di cui parlare? Non esistono discriminazioni più serie di questa? Non si rischia, andando a rimestare nelle minuzie, di dar l’idea che la battaglia sia di minuta? (credetemi, è una domanda seria dettatami dall’osservazione esterna, non una provocazione).
    Già la discussione nata fra i commenti circa la biologica superiorità intellettiva del maschio, merita di più; combattere certe imbecillità dà alla questione femminile la serietà che merita.
    Quanto alla pazienza: di rospi amari ne abbiam buttati giù tutti, maschi e femmine; io per primo ne ho gustati parecchi figli della discriminazione femminile al rovescio. Quindi sono anch’io molto sensibile al tema.

  32. Goccia per goccia, io proporrei l’abolizione dell’aggettivo “isterico”. Scherzo, ma non troppo.
    Sono in disaccordo totale con Favoliere: primo, perché non mi pare che sia giusto definire “piccate” le risposte che ha ricevuto. Secondo, perchè le gocce grandi sono fatte delle gocce piccole. Qui l’atteggiamento di ognuno è diverso, ma per esempio a me la discussione sulla “biologia” ha fatto sbadigliare, perché mi ha dato l’impressione di essere fondata su intellettualismi assortiti e neanche troppo onesti (impressione mia, chiedo subito scusa, non voglio offendere nessuno).
    Invece, andare a prendere un treno e trovare una frase di questo tipo, per me non è secondario.

  33. – Sulla questione sollevata da Broncobilly, al cui link ho dato un’occhiata, trovo la sintesi dei punti troppo semplicistica, e in genere non ho stima filosofica ed epistemologica dell’evoluzionismo in psicologia. La logica può tutto con dati così scarni a disposizione, sicchè ci sono tanti di quegli evoluzionisti che alla fine tirare in ballo Darwin fa ridere. L’evoluzionismo – in psicologia – una specie di narrazione kantiana. E credo che anche le motivazioni all’azione e alle scelte siano permeabili alle variabili contestuali. Nei contesti in cui le pari opportunità sono più praticate la motivazione alla realizzazione professionale di una donna non si affievolisce con la maternità – spesso paradossalmente anzi si rafforza. (Nel mio caso per esempio, e si che siamo in Italia, è stato così) Certo se Broncobilly si riferisce a schemi di motivazione più sottili, forse si può considerare la questione aperta, su certe cose per me è aperta, con tutto il carico di problematicità che implica. Gli è che il mondo è cambiato da poco – dobbiamo aspettare per vedere quello che succede. E sarei anche ottimista.
    – Favoliere io sono d’accordo sul fatto che la questione è minima. Ma ho anche la sensazione che certe questioni funzionino con un interruttore tutto/nulla: ossia, se si vuole costruire una rete e una cultura che combatta una certa visione del mondo, si mette in scena una sensibilità costantemente sensibile ai sintomi di quella visione del mondo. Occuparsi dei sintomi piccoli alle volte – e mi pare che tutti i commenti qui, mi diano ragione – è più efficace che occuparsi del mascroscopico, che è scontato noto e quindi è già spesso nella mentalità di ognuno come sabotato, reso innoquo. Normale. Sottolineare il piccolo e far vedere l’anormale del piccolo, mette in discussione la normalità con cui si qualifica il grande. Fa rendere conto ecco.
    E insomma è semplice: se uno non è razzista non è che ride su una barzelletta sui neri perchè l’ha detta un cretino.

  34. La questione del voto alle donne è una goccia piccola o grande? Qualcuno ha presente le motivazioni con cui si è impedito alle donne di votare? Rileggete la massima di Einstein, e ne trovate una, anzi la radice di tutte le altre.

  35. @Favoliere, io credo, anzi sono convinto, che la “questione” sia maschile.
    Aspetto inoltre che la frase del giorno sia “i neri puzzano” per vedere chi sul blog si affretterà a spiegarci delle differenti secrezioni sudorifere tra europei e africani

  36. L’argomento di Favoliere,”non esistono discriminazioni più serie di questa?”, è la classica fallacia logica del benaltrismo.
    Piccola o grande che sia, una discriminazione non è altro che una discriminazione: dunque o si reagisce o si passa dalla parte dei discriminatori.

  37. Valeria scrive: “Qualcuno ha presente le motivazioni con cui si è impedito alle donne di votare?”
    Non le conosco, mi piacerebbe conoscerle. Dai fanne un riassunto.

  38. @Lara
    Rosalind Franklin non ha avuto il Nobel perche’ nel frattempo era morta, ma questo non toglie che le sue immagini di diffrazione del DNA sono state fondamentali e Crick e Watson hanno basato il modello sui quei dati.

  39. In realtà, Andrea, se ti piacesse conoscerle, le motivazioni di esclusione delle donne dal voto e, più in generale, dalla vita pubblica, le conosceresti. E ti assicuro che questo non è un rimprovero, ma una constatazione, perché la mia conoscenza, per niente specialistica oltretutto, non deriva da studi particolari, nè dall’essere femminista (non lo sono), ma dall’essere una donna. E come donna sono costretta a trasalire ogni volta che leggo un libro. Specialmente se ‘classico’ (ma pure i più recenti non scherzano).
    E questo mi capita da sempre, per cui i miei libri sono martoriati da segnacci di pennarello rosso e da punti esclamativi ogni volta che mi imbatto in una frase o in una argomentazione misogina. Cosa che, mi pare, a voi uomini non capiti.
    .
    Il riassunto che mi chiedi non sono in grado di fartelo.
    Come si sa in Italia le donne hanno avuto diritto al voto nel 1946, anche se di ‘suffragio universale’ su molti libri si parla già a proposito dell’estensione del diritto di voto, nel 1919, a tutti gli uomini maggiorenni (o minorenni se avevano fatto il servizio militare).
    E qua già trasalimento e segnaccio rosso.
    C’è tutta una letteratura, ma nemmeno enorme, a proposito, a cui ti rimando (se vuoi puoi leggerti il capitolo 9 del libro di Raffaele Romanelli, ‘Importare la democrazia. Sulla costituzione liberale in Italia’, dove trovi molti riferimenti bibligrafici).
    La discussione, in parlamento e in sede giuridica, era di natura squisitamente tecnica, ma le motivazioni profonde erano di natura schiettamente misogina o, almeno, così io le leggo.
    Giudica tu una frase di Zanardelli che nel 1882 così sintetizza i sentimenti della maggioranza parlamentare (ma pure della società):
    “quelle stesse virtù nelle quali la donna vince realmente l’uomo e per le quali è ammirata e ammirabile, virtù di tenerezza, di passione, di impeto, ma che traggono nascimento dal fatto che in esse prevalgono l’immaginazione al raziocinio, il sentimento alla ragione, la generosità incontrastabile alla giustizia, il cuore alla mente, quelle stesse virtù non sono quelle che ai forti doveri della vita civile maggiormente convengono”.
    Ovvero, in estrema sintesi: il centro di produzione della donna non è il cervello!
    Se vuoi posso continuare ma, gira e rigira, sempre in quella massima del genio ferroviario andiamo a parare.

  40. zauberei: più sottili, più sottili…
    Figurati poi se io simpatizzo con spiegazioni evoluzioniste.
    Ma, per lo meno dove la riproduzione è centrale, l’ evoluzionista ha pieno diritto di parola. Altrimenti l’ uscita di David Friedman citata nel link precedente diventano davvero un fastidioso oracolo.

  41. ma il luogo psichico della riproduzione è il centro della questione, ed è il perchè la questione è aperta anzichè pacificamente chiusa. Perchè questo luogo in maschi e femmine è mobile – messo in tensione dal dato biologico e le strutture culturali. Ce la vedi una bambina italiana opggi a fare un figlio a 12 anni? Ora il culturale è psicologicamente efficace, è addirittura biologicamente efficace. La filosofia della maggior parte degli evoluzionisti tente a spostare il peso sul biologico quasi nevrotizzando il potere del culturale. Forse influenzata dai derivati della psicoanalisi selvaggia. Ma selvaggia appunto – la culturalizzazione individuale della natura, l’interpretarsi e il pensarsi ricollocando il naturale è per l’uomo sano.
    Se assomiglia troppo a una scimmia il cervello che avanza procura fastidi.

  42. @Lara: invece di piccata ce n’è, ma non la tua. La discussione sulla biologia concordo con te che non sia stata brillante; ma il tema invece lo è parecchio. Sostenere la biologica superiorità (o inferiorità) del maschio apre scenari – secondo me – molto più pericolosi di quelli che può aprire una frase su un monitor in stazione. Ed essendo le risorse umane (di tempo, voglia, impegno, etc.) finite, chiedevo realmente se non era il caso di affrontare la stessa tesi con argomenti più pregnanti, anche – o soprattutto – nell’ottica dell’immagine della “battaglia” per la parità.
    Tu e le altre signore dite che non è così?, che non siete d’accordo?
    Benissimo, come non detto; non voglio essere più realista del re.
    Pax et bonum.
    @andrea: termini di moda, ma inutili. Non c’è nulla di fallace, né di (il)logico (formale), né di benaltrista. Basta che formalizzi correttamente il mio discorso e te ne accorgi.
    @claudio: il principio di precauzione non è sempre la risposta giusta. Ed un’analogia terrorizzante buttata così, nel mucchio, è una…fallacia logica (per giunta multipla). Chiedi ad andrea.
    Sul voto alle donne (so di andare OT, ma l’argomento mi stuzzica troppo): a tenere banco nelle aule parlamentari del primo ‘900 era, più che la debolezza della donna in quanto tale, la sua condizione sociale. La paura forte – anche e soprattutto dell’opposizione socialista – era un aumento dei voti reazionari legati alla scarsa educazione femminile. Bonomi, Turati, Treves erano sì favorevoli all’estensione del voto politico ed amministrativo alle donne, ma comunque timorosi di un annacquamento della propria quota elettorale. Proprio su questo Turati e la sua compagna Anna Kuliscioff ingaggiarono la famosa “polemica in famiglia sul voto alle donne” dalle colonne del giornale di partito Critica Sociale.
    Ma più che la presunzione d’inferiorità della donna, a causare il ritardo storico fu l’accostamento della capacità politica alla capacità di produzione materiale ed intellettuale. Non furono infatti isolate le voci che avrebbero esteso il voto solo a coloro che avessero partecipato attivamente alla vita intellettuale e lavorativa del Paese. Questo modo di intendere la partecipazione politica – naturale per una classe dirigente di estrazione quasi esclusivamente borghese – era lo stesso che aveva ispirato già la legge del 1882 di Zanardelli sul voto per reddito, e quella di Giolitti del 1912 sul voto maschile per scolarizzazione. L’idea dominante, in altre parole, era quella che chi non avesse un certo reddito o non fosse *socialmente* emancipato non potesse avere diritto di voto, indipendentemente dalle sue qualità personali.
    Le cose per le donne sarebbero potute cambiare nel 1919, quando il voto politico ed amministrativo fu esteso a tutti i cittadini maschi e fu finalmente riconosciuta la capacità giuridica della donna. Ma la questione di Fiume prima, ed il fascismo poi, scompigliarono le carte fino alla costituente.

  43. (continuo l’o.t. elettorale, che poi tanto off non è).
    In effetti l’inclusione ed esclusione dal voto era stabilito per censo, per ‘capacità’ e per partecipazione alla vita produttiva sia per gli uomini che per le donne e, quando fu esteso il voto a tutti gli uomini con età maggiore di 21 anni, furono inclusi anche gli uomini che avevano fatto il servizio militare, anche se minorenni.
    Già il fatto che l’esclusione riguardasse ‘alcuni’ uomini e ‘tutte’ le donne dovrebbe dirci quanto l’equilibrio della situazione maschile e femminile e l’omogeneità delle motivazioni dell’esclusione fossero solo apparenti.
    Non mi pare neutrale il dato che la stragrande maggioranza delle donne fossero escluse dalla vita pubblica e produttiva e fossero scarsamente scolarizzate, cosa che le metteva, per default, fuori dal corpo elettorale.
    Ma al di là della condizione sociale (inessenziale al discorso?) e al al di là dei criteri ‘oggettivi’ di esclusione, dovrebbero essere lette le argomentazioni portate di volta in volta per motivare l’esclusione dai diritti politici delle donne (visto che i diritti civili erano riconosciuti dallo Statuto a tutti ‘i regnicoli’, quindi anche alle donne).

  44. Complimenti Valeria, sei stata bravissima, sottoscrivo tutto. Con le mie due frasi volevo riportare la questione sul piano della realtà storica attuale: al di là e nonostante la controffensiva culturale e politica in atto, preparata in Italia da decenni di diseducazione mediatica, oggi non si dà più la situazione per cui “la stragrande maggioranza delle donne” è esclusa “dalla vita pubblica e produttiva” ed è “scarsamente scolarizzata, cosa che le mette, per default, fuori dal corpo elettorale”.
    Pertanto, tutte le polemiche misogine sui cervelli sono fuori tempo storico: le donne producono e guadagnano dei soldi, con i quali pagano le tasse, e prendono il treno pagandosi per lo più il biglietto con i propri soldi e non con quelli del marito o del padre. Ho detto per lo più, eh, non è importante che in Italia l’occupazione femminile è al 47% o giù di lì, il dato storico rilevante rispetto al passato è il 53% di occupate. Quindi, tutte le considerazioni sulla biologia lasciano il tempo che trovano: il dato macroscopico è che le FFSS sono fuori tempo storico e non si sono accorte di aver offeso metà dell’utenza e metà di chi contribuisce fiscalmente in Italia. Per favore, non polemizziamo sulle percentuali. Grazie per la discussione illuminante.

  45. Sulla questione del dato biologico – accetto la critica di chi dice – Lara e Favoliere – che i punti da me portati possano essere stati noiosi o poco illuminanti, sulla mala fede o sugli intellettualismi ho delle prevedibili perplessità. Temo che forse, ma anche per mia mancanza di chiarezza, non si veda il correlato concreto delle cose cui si alludeva. Ma liquidare la questione biologica come irrilevante mi sembra errato e controproducente: sia perchè quando si trattano certe tematiche tutte le sue parti sono rilevanti, e tutte meritano pari sensibilità, dal voto, ai pochi nidi fino ai neurotrasmettitori, sia perchè ci si deve rendere conto di quanto incida nella vita pratica di tutti i giorni l’uso di una presunta differenza biologica dei cervelli, dei modi di pensare e delle priorità. Incide care quando andate dal ginecologo, quando meditate sulla gravidanza, quando volete un posto da dirigente, quando leggete le opinioni sui giornali. Incide anche quando un padre, vuole fare il padre. La psicologia selvaggia e la neurobiologia selvaggia sono i partner mentali di una cultura provinciale e arretrata. Poi se questi dibattiti debbano essere svolti in maniera più coinvolgente e convincente è una critica legittima e anzi, è per dire nel mio interesse sapere dove non ha funzionato qui.

  46. Zauberei, non mi riferivo a te quando parlavo di malafede, ma a hqr: sinceramente, ho trovato la discussione non coinvolgente forse perchè non credendo alle differenze biologiche non mi sono sentita coinvolta. Non volevo offendere nessuno con il commento ma dire che per la mia sensibilità mi sento più portata alle questioni pratiche rispetto a quelle teoriche che, mi pare, durano da parecchi anni senza che si sia arrivati a una risposta netta.

  47. Zaub sono d’accordo con te nel senso che oggi la psicologia e la neurolobiologia selvagge possono diventare, e in alcuni casi lo sono diventate, pezze d’appoggio ‘scientifiche’ alla supposta inferiorità della donna, proclamata da millenni e argomentata nei modi più svariati.
    .
    La frase in sé, però, dà per scontato il fatto che nelle donne il cervello, e dunque la razionalità, non è l’organo predominante e, meno che mai, quello più utilizzato, senza fare riferimenti ad argomentazioni di sorta.
    Perchè una massima, chiunque la pronunci, sintetizza stratificazioni di luoghi comuni, qualcosa che non vale nemmeno la pena di argomentare, una massima presuppone l’affermazione ‘E’ così, punto’.
    E, nonostante che a firmarla (vero o no che sia) questa volta, ma tante altre volte, sia un genio, il soggetto che la pensa è un soggetto collettivo. La firma di un pincopallino di genio viene messo solo per confermare e rafforzare con la sua autorità quello che tutti già pensano (ah, vedi però, lo dice pure LUI!).
    Per questo tutte le esclusioni sono difficili da rimuovere, e quella dal voto è solo un esempio.
    Al di là dei piani resoconti degli storici, dobbiamo immaginare i lazzi e i frizzi che percorrevano il Parlamento ogni volta che si poneva la questione del voto alle donne, una questione ‘ridicola’.
    ‘Ridicola’ perché massicciate di luoghi comuni, sintetizzate in quella massima, la rendevano tale.
    Ma anche per questo ben vengano gli studi, di qualsiasi tipo, che possono smontare la sicumera culturale, quale che sia il suo fondamento, di quella massima e dire ‘non è così manco ppe’ gnente’.
    .
    Scusatemi, ho detto in modo noiosamente didascalico cose ampiamente rispute, ma a furia di risapelle, mi pare che si dimentichino. Perché io proprio non ho capito lo scandalo che ha suscitato la levata di scudi di noi donne nei confronti di quella frase. A me pare il minimo che possa provocare.

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