Il Pdf è un formato. Un Pdf serve, banalmente, per agevolare la lettura di un documento e la sua stampa. Punto.
Con tutta la disponibilità di questo mondo, non riesco a capire, probabilmente per la pigrizia estiva dei miei neuroni, quale sia la differenza fra un commento postato sul web in un formato e il medesimo commento reso, in virtù di un altro formato, semplicemente più leggibile e in nulla modificato.
Questa la premessa. Questo il pdf della discussione che si è svolta nei giorni scorsi a seguito del post Letterarietà, comprensiva dei primi 550 commenti. Ribadisco che sono gli stessi, identici commenti rinvenibili in altro formato. Punto.
@ luca
non è che potresti spiegarmi l’origine dell’appellativo “giocatori di villa”?
Perché vorrei usufruirne in futuro, a voce. thanks
@ aldovrandi
Non rivolto nessuna frittata. Se hai letto Soglie non puoi sostenere che un testo al quale si dà un titolo e un sottotitolo sia lo stesso testo «in formato differente». Quindi non puoi essere d’accordo con chi dice che è «la stessa cosa se lo avesse automaticamente generato il blog». Con l’acqua e il mortaio non mi riferivo a te, ma appunto riprendevo la formula icastica di un altro commentatore (@ Anna Luisa: posso anche conservare nella memoria un assunto senza ricordare chi lo abbia postato; altrimenti ogni volta che aggiungo un commento devo rileggere tutto il thread).
Quanto al fatto che fuori di qui viga una doxa differente da qui, sulle stesse identiche questioni, è esattamente quello che sostenevo – al solito con toni diversi da G.P. – in una lunghissima discussione mi pare proprio qui su Lipperatura mesi fa. Auspicavo che chi frequenta i blog, e magari ne parla senza intervenirvi (e sono persone autoevidentemente non stupide, molto meno tecnologicamente arretrate di me, e spesso dal modo di pensare del tutto anticonvenzionale – quand’anche, spesso, scontino la tabe di lavorare all’Università) lo potesse fare invece qui, relazionandosi direttamente con gli utenti; e auspicavo che, perché fosse possibile farlo, da «tutte e due le parti» ci si sforzasse di adottare un codice condiviso non solo linguistico, o meglio linguistico in senso lato. Una cui regola, per es., potrebbe essere non prendere i commenti altrui e metterli in un file (dalla lunghezza stabilita unilateralmente) dal titolo, unilateralmente scelto, «Prooot! Una raccolta autoevidente di stronzate di leccaculo accademici sagacemente smascherate da un’accolita di spiriti liberi».
@ Talia
Per l’ultima volta. Nel 2002 ovviamente non lodavo l’edizione della sorella di Nietzsche, bensì l’edizione della Volontà di potenza a cura di Ferraris e Kobau (Tascabili Bompiani) che, col riportare il dettato della sorella di Nietsche, ne documentava gli arbitrî (non così marchiani e numerosi, come pensavo io stesso prima di leggere Ferraris e Kobau; bensì spesso microscopici e dunque assai sottili). Ora però, se crede, de hoc satis.
Mi sfugge perchè un opera classificata come “intrattenimento” non possa veicolare contenuti diciamo “letterari”
Indomabile, dice il Tal de’ Tali. Non ci fosse la inventeremmo, aggiungo immodesto, riuscendo sola soletta ad inimicarsi, in rete, mondi lontanissimi, distanti e divergenti -quali la strada di Swann da quella dei Guermantes- per scoprirli, grazie a lei (nostro, domestico, Tempo ritrovato), non sentieri interrotti ma prosecuzione tortuosa dello stesso alveo, cosicché WM e Benedetti, De Michele e Scarpa, Pinco e Pallino, tutti ebbero da dir(l)e e ridir(l)e. Cartina di tornasole delle camarille autoevidenti del sottobosco webbico, immolata alla causa, in un mondo vendicativo colmo di manutengoli che tramano nell’ombra, lei -indomita, infaticabile, fiera, invitta- pronta a disboscare le (il)letterarie robinie infestanti col machete ipotattico della cultura maiuscolata, lungi dall’esser paranoica, offre il petto tumultuoso alla pugna, dis-vela (ἀλήθεια) l’(auto)evidente imbroglio bellettrista (bell’e’triste) delle scimmie del tardo capitalismo (im)maturo, indifferente agli esterni appoggi morali dei suoi colleghi (mai sia “sodali”) che la fomentano -per quanto nell’intimo compiaciuta delle riprove- ché lo si fa per Dio e non per il piacer mio; innegabile talento ero(t)ico-auto-distruttivo il suo.
O più semplicemente cagacazzi di prima categoria.
In fondo è un complimento.
@paperinoramone,
A napoli c’è la Villa Comunale, luogo che definire un parco di verde pubblico sarebbe come usare mare per una piscina. In ogni caso lì, tra un alberello e un’aiuola, tra l’asfalto e i cordoli di cemento e i tombini, si sono esercitate generazioni di dribblomani da super santos ( no super tele, super santos quello arancione) provenienti dai più svariati quartieri della città.
Moltissimi tra i più fulgidi fuoriclasse della ‘Villa’, alla prova del campo ‘vero’ si rivelavano pippe epocali, come descritto in quel commento.
La costanza di questo fenomeno nel tempo dette origine al coniarsi di quella definizione, non so se ancora in voga a partenope, che ai miei tempi era già tradizione. Non esitammo a farla nostra, e riferire a coloro che vennero dopo.
Puoi senz’altro farne uso anche ‘non orale’. Non è un’offesa.
Grazie del link che hai messo sopra. Lui sì che è un grande.
L.
Caro Gianni, sono profondamente invidioso del tuo ritratto dell’Indomabile. Io, «Tal de’ Tali», evidente (o autoevidente) «cagacazzi di seconda fila».
grazie a te luc
«A mio parere non ci sarebbe nulla di più fastidioso che sostituire a un certo titolo del Testo chiuso –…– un nuovo feticcio, ancora più inutile che sarebbe quello del paratesto. … Perciò il discorso sul paratesto non deve mai dimenticare che il suo oggetto è un discorso che ha, a sua volta, come oggetto un discorso, e che il significato del suo oggetto dipende dall’oggetto di questo significato che è a sua volta un significato. Una soglia non può che essere attraversata.»
Termina così, l’affascinante, complesso, intricato percorso di Soglie.
«sostituire a un certo idolo» ovviamente, non «sostituire a un certo titolo»
sorry
Non ne farai questione di Nomi e Cognomi, m’auguro. Altrimenti mi si scatena Anna Luisa. (ciao, cara, como vas?)

@ aldovrandi
D’accordissimo con te (e con Genette). Resta il fatto che non si possa dire che un testo con titolo e sottotitolo sia «lo stesso testo, generato automaticamente in formato diverso».
No, no, hai capito male, sono proprio invidioso!
@ Andrea Cortellessa
Ok, aggiungere una copertina, titolo e sottotitolo va in qualche modo a modificare la natura della discussione.
Ma entriamo nel merito: il titolo STROOOOK!!! e il sottotitolo: “Una discussione autoevidente sui rapporti tra letteratura, critica, Internet e mercato nell’Italia del 2010” va a modificare, manipolare o esprime un giudizio a favore di una delle parti in causa? O al contrario è un aggiunta neutra?
A mio avviso il sottotitolo è piuttosto didascalico
Che vuoi, mon chér, qui o si fa la letteratura o si muore…
@ Valerio Vitelli
Benissimo, titolo e sottotitolo «modificano la natura della discussione», c’è voluto un po’ per far passare questo principio ma bene così. Dunque non è autogenerata, non è la stessa discussione «in formato diverso» ecc. A me potrebbe anche bastare questo. Ma facciamo il secondo passo da te invocato. Modificano, manipolano, esprimono un giudizio questi interventi? Non lo so, ci devo pensare bene. Il titolo proprio non lo so, non so cosa significhi, è stato chiesto più volte ai diretti interessati, nessuna risposta è da loro giunta in merito. Il sottotitolo (come ho già detto) introduce un aggettivo, «autoevidente», con chiaro scopo parodico nei confronti del mio lessico; in modo che chi in seguito si inoltri nella lettura e vi trovi una prima volta l’aggettivo in questione, faccia un sorriso (che, volente o nolente, insensibilmente riguarderà non solo il lessico ma anche la tesi ivi professata). È un intervento lieve, certo, ma sottilmente prevaricatore (un po’ come quelli della sorella di Nietzsche sui frammenti del fratello…).
Ciò detto, come ho detto infinite volte, io non sono (anzi, ormai si deve dire non ero) contrario a questa operazione; però ce n’è a suffficienza perché 1) capisca le ragioni di chi si dice contrario e 2) stigmatizzi l’operato di chi, ciò malgrado, l’abbia ormai da diversi giorni compiuta.
il titolo parrebbe onomatopeico ( si dice così? ), gli smanettoni potrebbero aggiungere un link audio del cozzar de li scudi, anzi proprio ogni volta che si apre il file, però poi non farebbe più stroookkk!. E poi l’immagine dei due okeisti dovrebbe far capire che non c’è un intento prevaricatorio.
@ paperinoramone
oh, finalmente un’ipotesi ermeneutica. Mi pare convincente (anche se preferirei che la confermassero gli autori – del titolo). E del sottotitolo che mi dici?
pretendi troppo, già ho dato fondo a tutte le riserve sinaptiche. però aspetta…
@ Andrea Cortellessa
Mi rendo conto che siamo un po’ off topic, e chiedo scusa a Lei e a Loredana Lipperini per l’insistenza. Ma la questione mi sta a cuore e, se permette, Le spiego subito il perché. Da acquirente appassionato delle opere di Nietzsche, avevo sempre evitato di comprare l’edizione Bompiani della Volontà di potenza, a causa della sua pessima fama presso gli studiosi (testo manipolato, inaffidabile, ecc. ecc.). Finché, all’interno della discussione sui “monnezzoni”, non ho letto il Suo intervento in questione, che, en passant, legittimava l’iniziativa di Ferraris e Kobau di ripubblicare la prima traduzione italiana della V.d.P. nel testo approntato dalla sorella di Nietzsche.
Bene, ho comprato il tascabile Bompiani, con il permesso della Prof.ssa Policastro l’ho letto, e ho trovato che avevano ragione Colli e Montinari, che Ferraris, Kobau e Lei avevate torto, e che si trattava effettivamente di un monnezzone. Opinione mia di acquirente, questo è chiaro. Allo stesso modo Lei, da lettore professionale e critico autorevole, è libero di ritenere che gli arbitrî assai sottili della sorella di Nietzsche deformino assai relativamente il pensiero del filosofo, mentre pigliare una discussione da Internet e metterla così com’è su un file PDF sia un abuso inaccettabile anche dal punto di vista filologico. Detto questo, de hoc satis anche per me.
Bene, titolo e sottotitolo sono stati scelti dai WuMing.
C’è qualcuno che non sappia, qui dove si può scaricare il pdf, chi sono i WuMing e qual è la loro idea di letteratura?
C’è qualcuno che non sappia qui che non sono parte terza?
E c’è qualcuno che leggendo tutti i commenti sia così tonto da trascinarsi dietro immutabile l’effetto di titolo e sottotitolo?
Qualcuno ha detto in questi giorni che non si tenevano in conto i lettori, a me pare che si pensi piuttosto che il lettore è un deficiente che modificherà la sua idea di letteratura (perché è questo l’oggetto del contendere, o nel frattempo è cambiato?) in base alla presentazione del testo.
Visto che neppure la bontà degli interventi è in grado di fargliela cambiare, visto che stare da una parte o dall’altra dipende da un lungo percorso, non vi pare esagerato? Non è meglio diffondere la discussione, sempre che uno pensi di aver detto cose sensate, anche tra quelli che non leggono volentieri su schermo?
Ma mi rendo conto che un buon arrosto non interessa più, quando al ristorante si servono spume.
Buon appetito.
Visto che, facendo nomi e cognomi, su FB si strumentalizza la moderazione dei commenti su questo blog, comunico ufficialmente che la moderazione dei commenti a questo thread è stata sbloccata nei tempi giusti e compatibili con l’attività primaria della proprietaria di questo blog. La qual cosa a me personalmente non ha recato alcun disturbo e non ha in alcun modo impedito la mia partecipazione a questo thread. Siccome non solo capisco, ma sono io stessa vittima della persona che ha causato l’imposizione di questo limite, incoraggio la proprietaria di questo blog a mantenere la moderazione alta, in modo tale che lo stalker in questione venga in ogni modo impossibilitato a infastidire.
Postilla sulla confusione ingenerata dai nick: basterebbe firmarsi per esteso da subito, nome e cognome, e ciò non accadrebbe. Ci si identifica, cioè ci si ricorda meglio gli uni degli altri, e si è anche più credibili e più autorevoli. Il motivo per cui molti critici della mia generazione, che tanto avrebbero da dire sugli argomenti affrontati fin qui (e che tanto infatti mi hanno detto in privato, durante questa settimana rovente) si tengono lontani dalla rete, magari limitandosi a lurkare ogni tanto, è il rifiuto a priori di parlare con i vari *dinosauro*, *paperinoramone*, *luca*, non altrimenti qualificati. Nessuno ci costringe, certo, a nostra volta a qualificarci per esteso. Nessuno, ma in verità qualcosa sì, ci costringe: il rispetto dell’interlocutore, in una prospettiva realmente dialogica, e un senso effettivamente democratico del confronto civile: viviamo in un contesto sociale, entro il quale se ci rechiamo a un convegno, così come in un albergo per una vacanza, o in qualunque posto in ci sia richiesto di “registrarci”, non possiamo firmarci solo *luca* o *girolamo*. Perché qui sì. Non è un contesto civile ma la jungla? Allora nella jungla ognuno salta con le liane che gli si rendono disponibili, e se di salto in salto gli sfugge uno ”svarione” (l’affaire Anna Luisa), le attenuanti del caso ci sono tutte. Fatta salva la libertà di autodeterminarsi, rispetto alle questioni più urgenti (un più esatto ed esaustivo manuale di ecdotica ottonieresca, mi pareva in quel frangente materia procrastinabile).
@Biondillo poi non venire a scusarti delle contumelie, come in altri casi, perché stavolta la risposta è NO.
vabbè, ho provato a scorrere in cerca di dov’è che dici autoevidente perché non ricordo più che cavolo l’hai detto a fare, non potevi dire autoabbronzante, comunque immagino sia una bonaria presa in giro. Ora, io la meta discussione non l’ho proprio afferrata, sarà che è un’astrazione alla enne, o alla P, forse ho capito quale sia il punto di refrattarietà al pdf e all’operazione, ma non credo di saperlo spiegare a parole. tipo uneimlich. Cioè la sensazione di aver partecipato a un teatrino, più o meno una volta ad un cinema riprenderono gli spettatori che arrivavano in sala e ci misero un bel po’ a capire che si stavano guardando. Con i cattivi mandarini a farsi due risate dietro lo schermo. Però sinceramente secondo me non è andata così. E ripeto è un peccato che G.P. , e gli amici critici suoi ( ma si può avere ripugnanza ad intervenire in un blog? ), scassacazzitudine a parte abbia certe convinzioni circa le dinamiche e le agogiche de li interventisti nettari. Ma, in fin dei conti, io per parte mia ho preso appunti, bravo bravo zitto zitto, de la sua lista che a suo tempo anni webbici fa tu pubblicasti. Quasi tutti i titoli stanno nella preziosa biblio che frequento e dunque tra un mondiale e un tour de france qualcosa da leggere ce l’ho. dovrei ringraziarti, però poi i carmilli stanno subito pronti con un nuovo pdf dal titolo SMAAACKKKK! e quindi no
@ Gilda Policastro
io non sono credibile né autorevole.
– e dunque perché mai dovrei considerarti? mi risponderesti se potessi
– già perché? oserei io, già triste e solo, sconsolato dalla mia condizione di non-umano-dotato di nick
ma è ovvio, faresti di me una persona in toto, vedi, hai, avete un potere immenso meraviglioso e non ve ne siete accorti.
@claudia
Vedi su Fb come (non ho nessun contatto *claudia* su FB), e di quale strumentalizzazione parli?
Il principio della moderazione in astratto lo condivido; nondimeno, nella fattispecie, i miei commenti (e non altri) sono rimasti in moderazione una prima volta (e nel clou del dibattito), per svariate ore, una seconda per un’intera notte. Ti senti di sostenere che la discussione si sia svolta, alla luce di questo dato le cui ragioni soggettive, ripeto, posso condividere anch’io, in modo assolutamente libero? Liberi i Wu Ming e consorteria di continuare a dargli addosso a quella là, e quella là tenuta ferma e buona (HO CAPITO, DA UN IMPEDIMENTO TECNICO, MA PUR SEMPRE TENUTA FERMA E BUONA).
Io no.
Qui ci sono tutti gl’ingredienti per un avvincente film-inchiesta!
comunque ho fatto anch’io l’errore di lasciarmi trascinare in un ambito che potrebbe andare bene se fossimo in un mondo cartaceo, questo non lo è, non lo è neppure se ciò che viene prodotto qui viene trasportato su carta
Ah, adesso siamo alla censura? Ho spiegato alla signorina Policastro, nuovamente anche su Facebook e quella stessa sera via telefono, i motivi per cui a volte i commenti che iniziano con le tre cifre dell’IP dello stalker in questione vengano tenuti in moderazione. E’ avvenuto non solo alla signorina, ma anche a Claudia Boscolo e a Tiziano Scarpa, a D’Andrea G.L. e ad altri. Nondimeno, mi sono precipitata a casa dalla presentazione a cui partecipavo per smoderare i commenti medesimi. Purtroppo, non ho altra possibilità per mantenere possibile la discussione (la presenza dello stalker in questione la bloccherebbe inevitabilmente). Qui nessuno dà addosso a nessuno. Nessuno ha minacciato il ricorso al tribunale. Nessuno ha inveito per giorni negli status di Facebook (sola contro 56). Nessuno se non la signorina Policastro. E ora, per cortesia, basta.
@ Simone Ghelli
Ottima idea!
Simone: non aspettiamo altro!
Togliamo un dubbio a GP, che scrive: “viviamo in un contesto sociale, entro il quale se ci rechiamo a un convegno, così come in un albergo per una vacanza, o in qualunque posto in cui ci sia richiesto di “registrarci”, non possiamo firmarci solo *luca* o *girolamo*. Perché qui sì. Non è un contesto civile ma la jungla?”
No, non è la giungla, tanto è vero che c’è una moderatrice che fa il suo dovere. E’ un contesto pubblico in cui uno/a è libero di chiamarsi come gli pare e non come lo chiama il fisco, la polizia, l’anagrafe. Per altro se fossimo in un paese anglosassone questa obiezione risulterebbe incomprensibile, dato che a quelle longitudini è prassi normale, non solo per gli artisti e i criminali, che uno si scelga più di un nome con cui farsi conoscere. Ai convegni non è affatto obbligatorio registrarsi con il proprio nome anagrafico, nemmeno in Italia, tanto è vero che quando noi WM partecipiamo a un convegno siamo chiamati Wu Ming 1, Wu Ming 2, etc.
E’ evidente che il grado di “civiltà” di un contesto non è determinato dall’uso dei nomi. Qui ognuno partecipa con quello che si è scelto (dinosauro, luca, girolamo, paperinoramone, AMA, Anna Luisa, etc.), e non esiste un motivo al mondo per cui un nickname dovrebbe fare più confusione di un nome anagrafico, il quale potrebbe essere stato scelto altrettanto arbitrariamente. La confusione è tutta nell’occhio di guarda. Sapere che il nickname “Wu Ming 4” corrisponde al nome anagrafico “Federico Guglielmi” cosa cambia rispetto ai contenuti di quello che affermo e al modo in cui lo affermo? Ammesso e non concesso, appunto, che poi tale corrispondenza sia vera, perché finché non vi esibisco la carta d’identità dovete tutti fidarvi della mia parola. Per fortuna qui di documenti non bisogna esibirne, dato che non è un posto di blocco della polizia, né un fermo della Digos.
@ Loredana
Calmiamoci tutti, nessuno in questo momento vuole censurare nessuno. Fatemi capire bene, però. C’è uno «stalker» (cioè? non date sempre per scontato che si condivida lo stesso lessico perché non tutti condividiamo lo stesso lessico; uno stalker nel lessico comune è chi perseguita fisicamente qualcun altro) che ha un identificativo simile al mio, a quello di G.P., di T. Scarpa e di altri. Non lo sapevo. In che modo è «simile», l’ID? Se non è lo stesso identico ID perché si bloccano anche quelli simili? Comunque, se questa pratica è utile a dissuadere sto stalker, ben venga. Io sono stato una volta in moderazione, l’ho segnalato, ne sono uscito molto presto e nessuno è stato censurato. Basta spiegare le cose e nessuno grida, inveisce ecc.
“di chi guarda”, of course.
«(e che tanto infatti mi hanno detto in privato, durante questa settimana rovente)»
che palle
@ Wu Ming 4
Di nuovo mettendo fra parentesi la mia posizione (che non è pregiudizialmente avversa all’uso dei nick, purché non mistifichino identità altrui), se «la confusione è nell’occhio di chi guarda» ma ci interessa che viceversa l’immagine risulti per quanto possibile nitida, all’occhio di chi guarda (se!, ovviamente), allora forse è il caso di porsi il problema che questa semplice pratica, per te così innocua e basic, basta a tenere lontane dalla discussione persone-punti di vista potenzialmente di grande interesse. Dunque, ancora una volta, il problema non è tuo, non è mio, ma non per questo non è un problema.
Andrea, copio da Wikipedia che mi sembra chiara in proposito>
“L’ndirizzo IP è un numero che identifica univocamente un dispositivo collegato a una rete informatica. Un indirizzo IP può essere visto come l’equivalente di un indirizzo stradale o un numero telefonico riferito a dispositivi collegati ad una qualsiasi rete telematica”.
Gli Ip, pero’, non sono sempre uguali per lo stesso computer: per questo a volte ti ritrovi moderato e a volte no, perche’ a volte hai lo stesso indirizzo IP di quello dello stalker (persecutore, molestatore, inibitore di discussioni, insultatore), che a sua volta, invece, ne ha pochi e grazie al cielo sempre identificabili.
Io ho bloccato “una parte” della serie di numeri che compongono l’indirizzo dello stalker, in modo da tenerlo in moderazione continua.
Spero sia chiaro.
@ Andrea Cortellessa
E perché dovrebbe mantenere lontana la gente? Magari basta spiegarglielo, come ho appena fatto io con GP, che non c’è niente di male. Ogni contesto porta con sé una serie di pratiche annesse e connesse. Quella della rete è questa, l’uso di nickname. Credo sia più importante cercare di dissolvere le paure inutili piuttosto che assecondarle, non credi?
Il motivo per cui molti critici della mia generazione, che tanto avrebbero da dire sugli argomenti affrontati fin qui (e che tanto infatti mi hanno detto in privato, durante questa settimana rovente) si tengono lontani dalla rete, magari limitandosi a lurkare ogni tanto, è il rifiuto a priori di parlare con i vari *dinosauro*, *paperinoramone*, *luca*, non altrimenti qualificati. Nessuno ci costringe, certo, a nostra volta a qualificarci per esteso.
No, ma sul serio?
Cioè, non conta cosa uno dice ma il nome con cui si presenta?
A questo siamo?
Aiuto.
@Andrea Cortellessa
Spero di non semplificare troppo, ma è per farsi capire. Ogni PC sulla Rete ha un indirizzo IP che lo identifica e che gli permette appunto di comunicare con la rete stessa. Gli indirizzi sono composti da 4 numeri separati da un punto, ognuno dei 4 numeri varia tra 0 e 255 (es: 192.168.0.1).
Gli indirizzi IP possono essere statici o dinamici. Google, Kataweb e in generale i server su cui risiedono siti web hanno siti statici, ossia sempre uguali nel tempo per essere facilmente rintracciabili dagli utenti (dai browser degli utenti) e in generale da chi o cosa deve fruire dei servizi messi a disposizione dai suddetti.
I privati cittadini che navigano ad esempio da casa, a meno che non si paghino un indirizzo statico per scelta, ne ricevono uno dinamico casuale dal loro provider (telecom, ecc…), quindi non si connettono usando sempre lo stesso indirizzo, ma un indirizzo che rientra in una serie (anche molto ampia) di indirizzi a disposizione del tal provider. Quindi risulta inutile bloccare il singolo IP in questi casi, il sistema di moderazione presumo intervenga sull’intera serie, magari bloccando in automatico una serie ristretta e fermando temporaneamente gli altri.
In realtà è più complesso di così. Ma il senso credo sia quello.
commento inutile… mi sono sovrapposto. scusate
Ma se tutti questi critici si tengono lontani dalla rete, magari limitandosi a lurkare ogni tanto, solo per il rifiuto a priori di parlare con i vari *dinosauro*, *paperinoramone*, *luca*, perché mai non aprono un blog con un’iscrizione obbligatoria dove il rispetto dell’interlocutore, in una prospettiva realmente dialogica, e un senso effettivamente democratico del confronto civile possa essere garantito?
Perché mai non lo fanno? perché si sentono così inermi da rinunciare a comunicare il loro punto di vista? me li vedo, tutti a ciangottare dietro le quinte, a guardare dal buco della serratura, a tenersi ben stretta la gonna intorno alle gambe.
Preferisco credere che non ci vengano affatto, in rete.
@ Loredana
Grazie della spiegazione. Molto chiara.
@ Wu Ming 4
Infatti. Basta spiegarsi – come ha appena fatto Loredana – e tutto (credo) si risolve, fra persone non malintenzionate. Però tocca a noi spiegarci meglio, mi pare, se qualche non malintenzionato chiede ulteriori precisazioni. Ed era appunto il caso di G.P. di fronte al famoso annuncio del pdf. Richiesta, la sua, cui da parte di coloro che il pdf hanno concepito e realizzato non sono seguite spiegazioni di sorta, bensì l’accusa di volersi sottrarre alle proprie responsabilità ecc. Di qui la meta-discussione tuttora in corso.
@ Talia
A mia volta – dunque – le devo un’ulteriore precisazione. Se lei colleziona edizioni nietzscheane e conosce la storia editoriale di Nietzsche, non può pensare che un’edizione come quella Ferraris-Kobau (o il mio essere di questa interessato lettore) coonesti l’operazione della famigerata sorella. Al contrario ne documenta la misura, la portata, ne spiega gli intenti ideologici ecc. L’interesse di Ferraris-Kobau è proprio questo, e si parva licet anche il mio. Una mistificazione sottile (come dicevo ad altro riguardo poco fa) può ben essere più dannosa di una patente e conclamata, certo. Quello che dicevo io è che, confrontando Colli e Montinari con Ferraris e Kobau, se ne poteva dedurre che anche il dettato originale dei frammenti nietzscheani lasciava da pensare. Lei non è d’accordo, benissimo. Ma non assimili il mio pensiero a quello della sorella nazista, la prego, perché se fa questo mistifica – appunto.
A conclusione, spero, di tutta questa lunghissima discussione, qualcuno potrebbe fare un riassunto? Perchè per chi è arrivato in ritardo è difficile e molto intricato seguire i ragionamenti. E non credo proprio che tutto questo ambaradan sia dovuto ad una trasposizione di formato … Grazie mille ed affettuosità.
@ aldovrandi
«Preferisco credere che non ci vengano affatto, in rete». Ecco, io no. A me piacerebbe che questo luogo (o Nazione indiana, o Vibrisse) possa divenire un giorno un luogo dove persone abituate ad altri regimi discorsivi e ad altre consuetudini (che non per questo meritano di essere dipinte come «inermi, ciangottanti, con la gonna stretta intorno alle gambe») possano dialogare da pari a pari con me, te, Wu Ming, paperinoramone ecc. Per es. io sto parlando con te, eppure non so chi sei, il tuo link rinvia a un sito per accedere al quale devo registrarmi (e in questo momento non mi va). Io metto fra parentesi le riserve mentali che, educato come sono stato fuori di qui, al riguardo inevitabilmente ho, e mi rivolgo @ aldovrandi senza avere la più pallida di chi egli sia.
@ buoni presagi, che si scandalizza perché «non conta cosa uno dice ma il nome con cui si presenta» vorrei dire che non è affatto così assurdo. A parte le auctoritates che aldovrandi ben conosce (Genette e ancor meglio Derrida), circa l’inferenza che la firma ha su ogni forma di testo, ma restando terra terra poniamo che il nick «buoni presagi» corrisponda, chessò, al capo di Casa Pound. Ecco, io non so bene se ho voglia di dialogare lo stesso con lui; comunque preferirei saperlo, prima. E, se decido di dialogare, preferisco evitare, per es., argomenti quali la civile convivenza con le minoranze etniche o religiose. Ciononostante io in questo momento, pur non sapendo chi lei sia, mi sto rivolgendo a lei. Però ci sono molte persone che questa riserva mentale non si sentono di mettere fra parentesi. E come dicevo a Wu Ming 4 sarebbe bene tenerne conto. Se poi invece si preferisce restare qui fra noi, tutti uguali e tutti con le stesse sensibilità, bene. Però poi non mi si venga a descrivere la Rete come il luogo della massima apertura ecc. Ripeto, questa discussione l’abbiamo già fatta. Ma un’altra caratteristica piuttosto frustrante delle discussioni qui è che non si tiene mai conto di quelle precedenti. Vabbè (fatta altra parentesi).
Minchia, una reductio ad hitlerum tutta per me.
Grazie, sono commosso.
@ rosemarie
luogo: studio di Marzullo
partecipanti: Cortellessa “the butcher” con zinale già insanguinato e mannaia che gli scrittori miscredenti ben ricordano.
Wu Ming 1 e 4, più un ex, se capito male non ho.
Sir Guglielm, con benda da pirata regolamentare all’occhio guercio.
Robert Pfui! che distraeva la Bizzari, provandoci intonando al piano anarchy in the UK. AMA seguiva il tutto da londra, in streaming. Anna Luisa unica sugli spalti leggeva. Molti indistinti cazzeggiavano svolgiati. Prima del match Arisa ha intonato Letterarietàààà, e filava tutto a meraviglia, westrling puro. Invero dovrei citare il personaggio principale, ma per rispetto e timidezza terrò la fantasia a freno. vabbè non è ci voglia. Poi AMA ha segnalato che non si vedeva in bianco e nero e così venne l’idea del pdf.
– a colori non va bene!
– sti cazzi!
You tube continued…
Comunque.
Le auctoritas lasciamole per un attimo da parte. Anche due o tre, magari. Se uno ha degli argomenti validi, restano tali anche senza tirare fuori il santino.
Io parlavo di “quello che si dice” (e tra l’altro, non mi scandalizzo. Mi cascano le braccia, che è diverso). Il capo di Casa Pound, è facile immaginarlo, si caratterizzerà facilmente per quello che scrive. A meno che non sia particolarmente malvagio e il suo hobby sia quello di intervenire sui blog per ingannare critici di sinistra per poi smascherarsi al grido di “AH! TI HO FREGATO”. E quindi ricade nel caso di cui sopra (trattare la gente in base a quello che dice).
A me e la posizione di Gilda Policastro e questa risposta paiono delle belle arrampicate sugli specchi. Anche perché, nello specifico, io intervengo sì con un nickname, ma al quale corrisponde un link che riconduce, toh, a un blog. Dal quale volendo (ma riconosco che non è così interessante) una o due idee su chi sia la persona con cui si sta dialogando ce la si può fare. E lo stesso altri. Che magari, usando sempre lo stesso nick per commentare per esempio qui, hanno comunque un’identità a cui si può risalire. Allo stesso modo in cui io posso cercare “Andrea Cortellessa” (nome che di per sé è informativo quanto un nick) su Google e farmi un’idea.
@ Andrea Cortellessa
Se Iannone di Casa Pound venisse a scrivere qui con un nickname noi contesteremmo le sue affermazioni. Ovvero sarebbero le sue argomentazioni contro le nostre. Se invece tali affermazioni – mettiamo di chiaro stampo razzista – non avessimo alcuna voglia di metterci a discuterle, nessuno ci obbligherebbe a un confronto diretto. Io qui, in questo dibattito non ho mica discusso con tutti, sono libero di confrontarmi con gli interlocutori che voglio. Se poi uno si comporta male, fa stalking, assume atteggiamenti ostruzionistici e trolleggianti, etc., come vedi c’è una moderatrice che lo butta fuori e fa in modo – pur con qualche inconveniente (ma ti assicuro, meglio così) – che costui non rientri. Qui non vige l’anarchia, la libertà assoluta di fare quel cazzo che ci pare. Sono certo, ad esempio, che se nei giorni scorsi non fosse stata impegnata all day long, Loredana Lipperini avrebbe potuto intervenire più spesso per chiedere di abbassare il livello dei toni che alcuni hanno usato. Resta il fatto che qui il riconoscimento di sé è dato da ciò che si afferma e da come lo si afferma. E’ qualcosa di diverso tanto da uno scambio epistolare privato quanto da una pubblica discussione al bar. Tu ad esempio hai discusso con aldovrandi, che non sai chi sia, proprio come hai discusso con me, che invece conosci, ALLA PARI, riservando a entrambi la stessa disponibilità alla discussione. Certo che dipende da te, è una tua scelta, avresti anche potuto decidere di dialogare solo con chi ti era noto. Ma anche con questa scelta avresti parlato a tutti, avresti detto qualcosa di te.
Ecco, questa orizzontalità, questa eguaglianza di fatto, alla quale deve SEMPRE sommarsi la capacità di autoregolamentazione di qualunque comunità parlante, è uno dei valori aggiunti della rete.
Non è più “falsa democrazia” di quanto non lo sia la democrazia parlamentare, anzi, lo è molto meno, visto che qui non si delegano altri a parlare per conto nostro in un consesso ristretto, ma possiamo intervenire tutti direttamente. E il fatto che Iannone potrebbe venire qui firmandosi “Candy Candy” per costringermi a discutere con lui non mi sembra davvero un gran deterrente. (E poi, una volta smascherato, sai le risate che ci faremmo!)