Da una parte questa è la nuova puntata della querelle del momento, o che dovrebbe essere la querelle del momento se in ambito editoriale nostrano non si preferisse passare il tempo a sbranarsi sui premi letterari o a farsi i dispetti sui social network che neanche alle materne.
Si parla, ovviamente, di Amazon versus Hachette: che non è faccenda che riguardi solo Hachette, se non fosse chiaro, ma pone il problema di un modello distributivo (anzi, un modello di gestione della scrittura) che ci riguarda, già ora, molto da vicino.
Ora, come mi segnala l’insostituibile socio Giovanni Arduino, Amazon fa la mossa del cavallo, la più ovvia e probabilmente quella vincente, dal momento che la solidarietà fra autori (così spesso evocata anche a casa nostra) è faccenda fragilissima, qualora si riesca a manifestare davvero e non si traduca in un brontolio corale contro qualche casta acchiappalettori e acchiappapremi: Amazon, insomma, cerca di dividere gli scrittori che hanno protestato contro il suo strapotere. E dunque, porge le sue scuse agli autori medesimi, torna a rendere disponibili i loro titoli e offre loro la soluzione. Amazon rinuncia al suo margine di guadagno, se Hachette sarà disposta a fare lo stesso, offrendo il 100% dei proventi agli autori. Il tutto, mentre i negoziati con Hachette continuano. Un modo per dire cari, non ce l’abbiamo con voi, i cattivi sono gli editori, siamo dalla vostra parte, fidatevi.
Certo, qualcuno fiuterà l’inganno, qualcuno – specie chi di quei soldi ha bisogno – accetterà. Altri, auspicabilmente, cercheranno di ripetere quanto si è già detto: non è una guerra fra editoria tradizionale o no. E’ il tentativo di imporre, con ogni mezzo lecito e illecito, un monopolio mondiale.
Se questa sia o meno un’occasione su cui gli scrittori italiani dovrebbero dire la loro, a voi giudicare. Ma qualora si tacesse, non asciugherò alcuna lacrima quando si alzeranno i compianti sulle macerie.
Naturalmente non sono queste le vicende che indeboliranno amazon, che vende libri, ma anche biciclette, dvd e asciugacapelli e ha tasche molto profonde. Meglio sarebbe (stato) che Hachette sponsorizzasse una piattaforma concorrente (B&N?), desse battaglia sui formati (aprendoli) e portasse il confronto sulle prospettive e non sulla difesa del passato. Adesso rischiano di finire come Tower Records.
Si chiama dumping. Questo dovrebbe scandalizzare le vestali del neoliberismo anche prima degli editori. Ma pure il liberismo, ormai, si sta rivelando per quello che è: una copertura ideologica. Quando non è più funzionale, si getta la maschera e si mostra una faccia ancora più feroce. Come se quella dell’iperliberismo non lo fosse già abbastanza.
Epperò: http://amazingstoriesmag.com/2013/06/a-publishers-perspective-on-profits-ebooks-vs-print/