PER MICHELA, DA NON SARDA

Non è un mistero per nessuno il mio appoggio totale e incondizionato (e fiducioso) a Michela Murgia per la presidenza della Regione Sardegna. Ho già spiegato i motivi ma, per i distratti, ripeto che la visione politica di Michela, la narrazione diversa che sta portando nella politica stessa, anzi, e il coraggio di progettare al di là delle piccole strategie cui siamo stati abituati, è qualcosa di cui abbiamo bisogno tutti, non sardi inclusi.
Non è un mistero per nessuno che fare politica oggi sia l’attraversamento non di un campo minato ma di una palude fangosa: ho letto, in queste settimane, cose che non avrei voluto leggere, in primo luogo da parte di donne, in primo luogo da parte di donne che appoggiano il Pd e che razzolano per i social network lasciando schizzetti di bile, dietro i quali c’è non il semplice dissenso politico ma antichi groppi di risentimento. Non è sempre così, non è per tutte così. Per questo, vi posto qui una bellissima lettera di Luisanna Porcu. Per ricordare che esiste, anche, la solidarietà, e, anche, la fiducia in futuri possibili.

Michela Murgia e il lavoro sulla libertà della donne
Ho 43 anni e da quasi 20 sono una donna che lavora per la libertà delle donne. In questo mio percorso politico, culturale e lavorativo ho incontrato anni fa Michela Murgia, quando ancora la sua candidatura era lontana e neanche contemplata. Michela è intelligente, sa scrivere, sa parlare, è molto colta, è l’alternativa al marcio esistente, ma non è per questo che la voto. Io voto Michela Murgia, ed è la prima volta che in campagna elettorale faccio una dichiarazione personale ed esplicita, perché di lei mi fido. Mi fido non perché la conosco, ma perché so che se fosse eletta farebbe alcune cose che mi stanno a cuore: prima di tutto politiche serie e concrete a favore delle donne, che in Sardegna faticano parecchio. E so anche che qualsiasi cosa farà, Michela Murgia non accetterà compromessi, e lo farà con professionalità e soprattutto con molta umanità e trasparenza, che è quello che voglio avere come garanzia in chi va in Regione a rappresentarmi in qualità di cittadina che esprime il suo voto. In Sardegna, Michela Murgia, vuole tra le altre cose, Centri Antiviolenza adeguatamente finanziati, con personale altamente qualificato, un Piano Regionale Antiviolenza che prevede incentivi per le aziende che assumono donne vittime di violenza di genere, incentivi per le aziende che “tengono” il posto di lavoro alle donne che subiscono violenza e che per un periodo si sono dovute allontanare per affrancarsi dalla situazione di violenza, una corsia preferenziale per l’assegnazione di case di edilizia popolare, un contributo affitti, una corsia preferenziale per le chiamate di emergenza nei comuni o nei vari cantieri comunali; e poi ancora l’inserimento gratuito nei nidi comunali per i loro bambini e l’abbattimento dei costi delle mense scolastiche. E soprattutto un intervento strutturato sui saperi trasmessi a bambine e bambini, veicolando la cultura del rispetto e del riconoscimento nelle scuole, a partire dall’asilo nido. Michela da sempre si interroga su quelli che sono i bisogni delle donne che subiscono violenza e come aiutare davvero le donne che ne sono vittime ad affrancarsi, Michela è schietta e ha le idee chiare su quello che serve realmente; rifiuta categoricamente l’idea delle formazioni una tantum, dei progettini che non servono a niente, o delle campagne isolate nei giorni come il 25 novembre o l’8 marzo. Michela Murgia vuole costruire una nuova cultura di genere da diffondere, impregnare quindi i gangli strutturali della società Sarda e mettere a punto pratiche dirette a smantellare la dimensione gerarchica insita nella relazione tra i sessi come causa prima della violenza maschile contro le donne. Più volte con Michela abbiamo affrontato anche il problema degli attacchi all’autodeterminazione delle donne per mezzo di scelte politiche aziendali (ASL) che negano o limitano le leggi per l’interruzione volontaria della gravidanza. L’obiezione di coscienza di ginecologi ha lentamente ma inesorabilmente reso difficile l’applicazione della 194. Una legge civile che aveva affrontato il tema dell’aborto clandestino e permesso alle donne di interrompere la gravidanza in totale sicurezza. Michela è cattolica ed esprime il suo pensiero in più articoli affermando che “la vita è vita sin dal concepimento”, ma afferma anche che il suo è un parere personale e che ad ogni donna deve essere garantito il diritto di scegliere se portare avanti una gravidanza o meno, altrimenti si viola il diritto alla piena cittadinanza delle donne, le indebolisce e le espone a vittimizzazione e alla violenza maschile. Michela Murgia sa cosa serve per mettere a punto strategie che davvero aiutino le donne ed è per questo che la voto. Luisanna Porcu*
*Presidente associazione Rete Rosa Nuoro – socia dell’Associazione Nazionale D.i.Re (Donne in rete contro la violenza)

12 pensieri su “PER MICHELA, DA NON SARDA

  1. Sono convinta anch’io. Non è da molto che conosco Michela Murgia attraverso i suoi libri che leggo infischiandomi del sonno. E non è poco per una come me che ama dormire col grazie sulle labbra e il sorriso rivolto a qualche divinità protettrice a qualche genietto amico. Auguri e tanti complimenti. Mirka Bonomi

  2. Domande per Loredana: secondo te il caso di Michela Murgia può diventare un “modello” esportabile altrove e ad altri livelli (comunale, nazionale, europeo) o è legato esclusivamente alla persona e dunque non è replicabile altrove a meno che non venga fuori un’altra/o simile a lei? E secondo te, in caso di vittoria elettorale, che margini di azione avrà, nel sistema politico-economico in cui si troverà concretamente ad operare? Non vorrei che nel caso si gridi all’ennesima disillusione: sarebbe davvero tragico e frustrante.

  3. Risposte, per quel che posso: sì, può diventare un modello, perchè se visiti il sito di Sardegna Possibile e leggi il diario della campagna elettorale, le proposte, la giunta “possibile” presentata prima delle elezioni (e non dopo) si capisce che non si tratta solo di narrazioni ma di azioni che dalle prime discendono. Sul secondo punto, non posso che dirti: vale la pena tentare.

  4. Secondo me il modello c’è già: mi viene in mente, ad esempio, il sindaco scalzo di Messina. Persone note a livello locale per impegno, passione, capacità e intelligenza che decidono di mettersi in gioco. Ognuno lo farà con ciò che ha, con le sue competenze e i suoi limiti. Il vero pericolo in caso di vittoria, secondo me, non viene tanto dalla politica quanto dalla burocrazia. I politici passano, ma i burocrati restano e sono abituati a gestire nell’ombra un potere che spesso è superiore a quello degli eletti, con i quali sono però abituati a trovare compromessi che garantiscano a entrambe le categorie cospicue rendite di posizione. L’eventuale ingresso di un soggetto nuovo per niente propenso agli accordi sottobanco, come Michela Murgia e le persone che arriverebbero con lei, probabilmente scatenerebbe un’ordalia di sabotaggi. Basta guardare quello che sta succedendo a Roma con Marino: ha i vigili contro, i trasporti pure (la notte di capodanno gli hanno chiuso la metro alle 9 o alle 11, non ricordo), la monnezza tracima dai cassonettti ed esonda per le vie. Una catastrofe. La verità, credo, è che con la burocrazia interna contro non si riesce a governare. E’ quella, secondo me, la prima sfida che Michela Murgia dovrebbe affrontare, se vincesse.

  5. Noto un equivoco di fondo, dovuto senz’altro anche alle necessità di sintesi. Ridurre il progetto di Sardegna Possibile a un “caso Michela Murgia” e a un modello fondato su una persona non rende merito alla complessità e alla storia di questa operazione politica. Ma è una semplificazione pressoché inevitabile. Bisognerebbe avere informazioni più precise e a vario livello (da quello storico generale a quello cronachistico specifico), per farsi un’idea più compiuta, informazioni che è difficile estrarre dai canali informativi mainstream.
    Non sappiamo se e in che misura il modello Sardegna Possibile sia replicabile altrove. Nessun esperimento politico che nasca da e per un determinato contesto storico e geografico (quindi, economico, sociale e culturale) è meccanicamente applicabile altrove. Noi stessi, pur avendo rapporti diretti con realtà analoghe alla nostra (Catalogna, Paesi Baschi, Svozia), siamo coscienti di non poterci ispirare se non indirettamente e con qualche filtro indispensabile a percorsi altrui.
    La Sardegna ha una condizione storica peculiare, figlia a sua volta di una storia tutta sua (e parlo anche della lunga durata, non solo dell’ultimo secolo e mezzo). Una storia che non può essere separata dalla geografia (è sempre divertente rispondere alle obiezioni circa le nostra pretese voglie “secessioniste” o “separatiste”, come se non ci avesse già pensato la tettonica 🙂 ). Ciò non toglie che, mutatis mutandis, anche in Italia si possa tentare un esperimento del genere. Non partendo dalla leadership carismatica di un personaggio pubblico, ma avviando un progetto politico collettivo con un suo senso, suoi orizzonti, suoi principi di base e suoi obiettivi a breve, medio e lungo periodo. Altrimenti si ricade nella fattispecie berlcusconiana (o grilliana o renziana, configurazioni dello stesso paradigma). Il lavoro da fare è soprattutto culturale e ci vogliono anche forti motivazioni politiche (che in Sardegna abbiamo, per ragioni storiche ineludibili). Non so se in Italia questo sia possibile. Però varrebbe la pena provarci. Una mano ve la diamo volentieri. 😉

  6. Sono sarda di origine, anche se ora vivo in Toscana. Finora ho sempre votato, ma comincio ad essere abbastanza sfiduciata. Il progetto Sardegna Possibile mi sembra diverso. Michela Murgia mi sembra una persona onesta. Una persona che sa ascoltare. Abitassi ancora in Sardegna saprei chi votare. Spero che vinca anche senza di me, e che il suo modo di intendere la politica diventi virale.

  7. Molto interessante il tuo commento, Omar. Ci offri un serio spunto di riflessione. Osservo solo che Sardegna Possibile sta in quelle che tu definisci “peculiarità storiche della Sardegna”, quindi che una eventuale replicabilità altrove di questa esperienza necessiterebbe comunque di un retroterra comune e di una spinta ideale condivisa. È proprio qui che nascono le mie perplessità (e la mia disperazione): un esperimento del genere sarebbe un toccasana per la decomposta politica nazionale ma al momento non riesco a immaginare il superamento di quello che tu definisci “paradigma berlusconiano”. Vorrei tanto essere smentito dai fatti.

  8. Ho letto le varie recenzioni-interpretazioni,compresa quella di Tiaziano Scarpa su Michela Murgia. Il mio istinto continua a dirmi che “mi piace” che m’interessa.
    Sarà per il suo carattere spontaneo,fuori da ogni inquadramento partitico,lontano da schemi statici, meccanici,di potere, che me la rendono così viva e oltremodo interessante.
    Attendiamo le fasi specifiche di realizzazione. Quelle appunto della “concretezza”,che vede l'”uomo” come protagonista principale che insieme agli altri si aggrega con le “volontà” di costruire una sana e solida la società (sarda) e poi…modello da seguire.
    Bianca 2007

  9. È vero che la replicabilità è problematica e che la Sardegna ha sue peculiarità non riconducibili allo scenario storico italiano.
    In Sardegna del resto vige una sorta di fissazione per i modelli politici altrui: qualche anno fa l’Irlanda, poi il Paese Basco o la Catalogna e oggi la Scozia. Tuttavia, quando vai a guardare bene o vivi quei contesti dall’interno, ti rendi conto che non puoi prenderli e riprodurli sic et simpliciter al di fuori del loro contesto medesimo.
    Però bisogna considerare anche il livello macro, i processi storici di ampia diffusione e di durata medio-lunga. In questo senso, che si stiano avviando in Europa (senza contare primavere arabe vere o presunte) dei processi di riacquisizione di soggettività dal basso, a cominciare dalle nazioni senza stato, e lo si stia facendo prevalentemente in termini democratici (basta andare a vedere cosa sta combinando Euskal Herria Bildu nel Paese Basco, una delle zone più calde del continente fino a non molto tempo fa), è un segnale che va colto. Non ci sono solo il Front National, i rosso-bruni, Grillo&Casaleggio, antisignoraggisti e complottisti destrorsi vari ad animare la risposta ai precetti neoliberisti e turbocapitalisti che ci stanno uccidendo. Ci sono altri modelli che si stanno affermando e che possono essere di esempio ovunque. Certo, per comunità più piccole e storicamente più identificate è più facile.
    Vediamo come va l’esperimento della candidatura europea di Tsipras, però. Anche da lì possono emergere suggestioni e segnali di avvio di percorsi democratici sani.
    La Sardegna – come è sempre successo nella sua lunghissima storia – è ben dentro questi processi e per certi versi, benché li interpreti a modo suo, se ne fa in qualche misura pioniera.
    Intanto è già importante che ci guardino con attenzione da fuori. È anche una forma di garanzia contro velleità di restaurazione forzosa, cui ci espongono gli inevitabili attriti con i centri di potere e di interesse che dalla dipendenza dell’isola traggono consistenti vantaggi.

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