QUALCHE NUMERO

Indagine Censis, fresca fresca:
Il controllo delle pulsioni e il rispetto delle regole in Italia sono in pericolo. E’ un momento storico in cui ingiurie e le percosse sono in aumento. Così come il consumo di antidepressivi. Dall’indagine del Censis presentata oggi emerge emerge il senso della relatività delle regole tra gli italiani e il tentativo di legittimare le pulsioni. Oggi il fine che giustifica il mezzo, l’occhio per occhio e il compromesso sono le nuove linee guida sociali. La crisi è evidente. L’indagine antropologica serve a comprendere “il disagio che sta vivendo la società italiana”.
A cominciare dall’autoreferenzialità: l’85,5% degli italiani ritiene di essere arbitro unico dei propri comportamenti. E più in generale che le regole possano essere aggirate in molte situazioni. Nel divertimento è ammessa la trasgressione soprattutto dai più giovani (il 44,8%). E, quando è necessario, bisogna difendersi da sè anche con le cattive maniere (il 48,6%, quota che sale al 61,3% tra i residenti nelle grandi città).
Per raggiungere i propri fini bisogna accettare i compromessi secondo il 46,4%. Si può essere buoni cattolici anche senza tener conto della morale della chiesa in materia di sessualità per il 63,5% (dato che sfiora l’80% tra i più giovani). Aumentano le forme di violenza in cui è forte la componente pulsionale della perdita di controllo e dell’aggressività. Tra il 2004 e il 2009 le minacce e le ingiurie sono aumentate del 35,3%,le lesioni e le percosse del 26,5%, i reati sessuali sono passati da 4.454 a 5.625 (+26,3%).

31 pensieri su “QUALCHE NUMERO

  1. Non lo so, io l’indagine la prenderei con le molle.
    Il fatto che certi reati aumentino è sicuramente preoccupante. Forse dipende dall’insicurezza totale di questi anni (parlo di precariato a livello lavorativo e, a cascata, di molti aspetti del vivere), forse viene accentuata dal continuo richiamo all'”emergenza” che crea un certo sentimento di “assedio” (e questo articolo ne è secondo me una prova ulteriore), forse dall’indulgere di certa stampa sui fatti di cronaca più negativi, scavandoli e poi riempiendoli di chiacchiere e analisi dell’ultim’ora.
    Si può dire che c’è un rifiuto dell’autorità, ma non lo vedo come un fatto di per sè negativo. Essere arbitro unico delle proprie azioni mi può stare bene se all’arbitrio si affianca la responsabilità. Credo, in soldoni, che sempre meno persone facciano quello che dice il prete o quello che dice il partito o quello che dice la famiglia. (Forse invece fanno quel che dice la televisione?)
    Invece l’articolo e lo studio mettono come prova del mancato controllo delle pulsioni la depressione (anzi, l’uso di antidepressivi, come se si potessero comprare in farmacia come le aspirine), l’uso di social network (Facebook sta diventando la prima causa di tutti i mali, pare), e la chirurgia estetica e i problemi alimentari.
    E poi sul finale dal pezzo da te citato: l’accettazione del compromesso mi sembra non abbia connotazione positiva o negativa, poi sul rispetto e sulla condivisione della morale della chiesa, beh, mi astengo dal commentare quella che è una verità secolare.
    Insomma, non riesco a capire se è lo studio poco serio, se si tratta di una sintesi mal fatta o se ancora una volta sia un caso di cattivo giornalismo, a voler cercare lo scoop quando servirebbe una seria analisi e interpretazione.
    Comunque una sintesi seria dell’indagine potrebbe rappresentare veramente un buon punto di partenza per una discussione. questo articolo, nettamente, no.
    P.S. mi scuso, l’ho scritto malissimo ma adesso proprio non ho tempo.

  2. Non so.
    A che scopo mettere insieme facebook, violenza, chirurgia plastica?
    E poi, se la lettura dei dati fosse un’altra?
    E se chi usa facebook socializzasse di più di quanto faceva prima della rete?
    E se fossero aumentate le denunce di violenza e di aggressione facendo alzare il dato?
    E se i depressi fossero rimasti uguali ma più persone usassero i farmaci antidepressivi anziché bere o prendere sonniferi o non curarsi affatto?
    Io mi ricordo di risse in discoteca da sempre, di droga a scuola, di teppisti alle scuole medie che minacciavano i professori, di alcool venduto nei bar ai ragazzini da sempre.
    Pulsioni distruttive a vagonate dai dodici anni in su…
    E si che sto in provincia toscana, non nella metropoli.
    Per non parlare di ammettere trasgressione, cattive maniere e autoreferenzialità.
    Forse il fatto che si misuri l’ammissibilità delle cattive maniere è indice che qualcosa sta cambiando, prima questa roba era scontata come l’aria.
    D.

  3. Difendersi da sé, arbitri unici dei propri comportamenti, compromessi (evidentemente non nel senso dei compromessi istituzionalizzati che esistono in ogni gruppo sociale, ma di compromessi più o meno informali scelti autonomamente dagli individui).
    Lasciamo perdere i soliti discorsi su social network e media, e facciamo un po’ di marxismo volgare? Questi comportamenti, se lo studio è corretto, indicano che la fiducia nelle istituzioni è in calo continuo. Sia chiaro, quando parlo di istituzioni non intendo parlamento, governo, presidenza della repubblica eccetera, ma uso il termine nel senso più esteso, per indicare tutte le posizioni di potere e autorità stabilizzate per legge in un corpo sociale. In questo senso, le istituzioni dovrebbero essere i canali attraverso cui gli individui dovrebbero poter soddisfare parte dei propri bisogni, o almeno quelli minimi (sicurezza fisica, sussistenza, ecc). Il punto è che le istituzioni sono sempre meno in grado di garantire i diritti di loro competenza, e questo può spiegare, almeno in parte, la perdita di fiducia e la tendenza a “fare da sé”, sia fuori dalle istituzioni sia al loro interno ma con procedimenti informali e non sempre legittimi. Che poi, se parliamo dell’Italia, questa tendenza non è che il rafforzamento di pratiche che esistono da sempre molto più che nei paesi dell’Europa settentrionale, visto che da noi i diritti sociali sono sempre stati affidati più alla famiglia che non alle istituzioni, e con le dinamiche demografiche che abbiamo anche la famiglia non può più svolgere certe funzioni come un tempo.
    Perché le istituzioni perdono potere? Hanno risposto già in tanti e in altri contesti: le istituzioni fanno parte della sfera politica, che dagli anni 70 è diventata sempre più subordinata a quella economica. Marx riteneva che la politica non fosse che una sovrastruttura dell’economia, e in questo si sbagliava, ma gli sviluppi di questi decenni vanno proprio in questo senso: gli Stati perdono sempre più la propria capacità di garantire servizi, e questa capacità viene recuperata solo in parte da enti locali o da organismi sovranazionali: quello che è perso si traduce in meno benessere, meno opportunità, meno garanzie. E quindi meno fiducia, più individualismo, aumento dei comportamenti antisociali, come quelli individuati dall’indagine Censis.

  4. Si sa che il nostro è un Paese rabbioso e depresso.
    Viviamo in un perdurante complesso di inferiorità dal quale solo il rovesciamento del senso civico, o, più estesamente, dell’etica, riesce a riscattarci. Chissà per quale motivo, abbiamo questo bisogno di distinguerci, ai nostri stessi occhi, e a quelli altrui, esaltando le potenzialità negative di una cultura che, al suo meglio, è stata capace di costruire grandi valori. Oggi che questa cultura potrebbe essere maggiormente condivisa, grazie al superamento di vecchi confini politici, ideologici, ma anche geografici, ecco che noi ci ritraiamo in un ghetto dominato dalla nequizia. Nel momento in cui siamo chiamati a confrontarci davvero, insomma, non troviamo di meglio da fare che offrire il peggio di noi. Un complesso di insicurezza, appunto, di inferiorità.

  5. Mi sento di condividere questi rultati. Non so, io lo sento “a pelle”: la maleducazione in strada, automobilisti che si insultano, disprezzo per le regole, auto parcheggiate sulle striscie e in 2-3 fila, moto nei parchi, aggressività che si taglia a fette (e questo mi sembra confermato dall’aumento dei reati di violenza diffusa), scarsa attenzione verso l’ambiente (discariche di macerie e frigoriferi lungo i fiumi, montagne di carta e plastica nella spazzatura indifferenziara ecc); insomma, non abbiamo solo un mezzo terrorista al governo e una Tv di stato stalinista, il mondo diventa brutto ovunque, nei palazzi del potere e in strada.

  6. Basta prendere qualche volta l’autostrada per rendersi conto… Di fronte a certi superaggressivi ormai adotto la strategia di guardarli come fossero pazzi e chiedere “Sta bene? Guardi che se non sta bene chiamo un medico, sa?” Se sono in compagnia ci sono buone chances che la moglie o chi per lei li guardi come per dire “Hai visto? Te lo fai dire pure dagli estranei” 😉

  7. Credo che questi dati vadano di pari passo con l’esperienza tristissima che ci hanno oggi gli insegnanti, che non possono dire a un alunno: “asinuccio! forse nella tua celeste beltade potresti anche porgere le terga su una seggiola e studiare che so’ na tabellina – anzichè porti innanzi alla mia umile persona (che te lo dico a fa’) con un coltello a serramanico” che ti arriva il genitore indemoniato e ti fa: “bastardo! lei mi vessa il cucciolo! POvera stella de casa!”E il cucciolo cioè è soggetto al tafazzismo dell’educazione, che giustifica tutte le cazzate, che si allea con la debolezza contro l’autorità – e così per la paura di perdere l’amore, si inventano i coglioni di domani.

  8. questo “oggi” degli insegnanti è iniziato da quasi vent’anni – e non è un’iperbole: un insegnante è intanto uno “spazio” fisico sul quale si accumula una dose di aggressività insopportabile – anche qui, letterale – per chiunque: c’è il corpo delle donne molto caro a questo blog, e c’è il corpo degli insegnanti (spesso coincidono: questo non è un altro discorso)

  9. Il familismo, più o meno amorale, è un tratto dominante della nostra cultura, da secoli. Il fondersi di questa caratteristica di lungo periodo con l’individualismo proprietario che ha segnato l’ultimo trentennio, ha cucinato il mix letale che sta alla base di buona parte del letamaio in cui sguazziamo, da cui cerchiamo di ripigliarci a botta di lattepiù e serenase con scarsi risultati.
    Ci vorranno molti anni per svoltare, ammesso che ci si riesca. Anche se le nuove generazioni, pur con enormi problemi, mi sembrano cominciare a mostrare una certa salutare insofferenza.
    Anche per questo ritengo fondamentali i discorsi e le pratiche sui beni comuni.
    L.

  10. Qual’è il fine di queste statistiche ?
    Il male e il bene nella società ci sono sempre, se i media battono sempre sulla deriva sociale è chiaro che la deriva si accentua, che si catalizza e sembra più grave.
    Chi le fa fare le statistiche con dentro facebook, la chirurgia estetica, la violenza e la dipendenza dalla droga?
    Che spaccato di mondo si vuol sempre fare emergere?
    Non è come urlare all’invasione extracomunitaria? Quando si genera il terrore dello straniero senza considerare tutti quelli che lavorano civilmente in Italia da anni, nei ristoranti, cooperative, negozi, e che abitano accanto a noi in tranquillità?
    Voglio dire che i comportamenti vengono condizionati facilmente dal clima sociale e il clima sociale è un trend collettivo catalizzato dai media.
    Un gatto che si morde la coda. I media sono una finestra sul mondo e se il giornale mi dice allarme! io durante il giorno trovo più facile vedere gli aspetti che assecondano il giornale, piuttosto che andare controcorrente e rilevare quelli che smentiscono il senso di allarme.
    I trend negativi si accorpano e diventano intollerabili e quelli positivi scompaiono alla vista.
    Se, anziché i violenti, incivili, riottosi, asociali, cominciassimo a catalizzare, con discorsi, dossier, statistiche, articoli e reportage, le persone civili, altruiste, educate, gentili col prossimo, che accettano il proprio sé, che hanno una socialità sana non è che alla fine richiamo di invertire il trend e mostrare un’Italia diversa che già esiste?
    D.

  11. Luca dice delle cose giustissime!
    Il riferimento al familismo amorale è importante, perchè è una legge che ha funzionato per secoli, con caratteristiche e conseguenze ben precise. E’ anche questo quel che andrebbe studiato, esaminato, discusso, perchè i dati mostrano che non ci si rende conto di quanto stia accadendo, e di quanto sia possibile fare una analisi del comportamento sociale in base al saggio di Edward C.Banfield (del 1958). Per fare chiarezza e non invocare paletti a caso, occorre sapere da dove viene un certo comportamento, perchè non è stato superato, quali sono le conseguenze e il suo ‘allargamento’ oggi, perchè viene reiterato… Tanto per essere consapevoli :-//

  12. Io condivido le perplessità di evat. sull’articolo – penso anche che per imbastire un’indagine statisticamente corretta su questi temi occorra un lavorone – e non conosco il censis per sapere come lavora. Si può fare comunque, è tosta ma si può fare.
    Tuttavia, a me pare che nei campi della psicologia clinica – parlando con le persone che lavorano nel servizio pubblico o leggendo la letteratura in merito, questa cosa che dice il censis viene come confermata: perchè è la vulgata dell’evoluzionismo spicciolo e della psicoanalisi dei fumetti ad incoraggiare l’idea che il contatto con la parte istintuale sia fonte di benessere tout court, ma era così forse un tempo, in realtà oggi si esperisce il contrario – l’assenza di un contenimento psichico, di una scatola emotiva per le cose che si provano. Non ci sono limiti da destrutturare per inventare nuovo mondi e diventare essi stessi forti emotivamente e cognitivamente e tutte le patologie della dipendenza (internet, droga, disturbi dell’alimentazione, gioco d’azzardo) sono in aumento.
    Naturalmente poi il sospetto è legittimo perchè viene sempre il dubbio che qualcuno dica che prima si stava peggio – che dove andremo a finire, quando prima si stava assai da cani, ma in un altro modo.

  13. “Nel divertimento è ammessa la trasgressione”
    trasgressione quale? cosa? se non viene specificato è solo una frase fatta con un vago significato, quindi non può avere valore.

  14. “Nel divertimento è ammessa la trasgressione”
    trasgressione quale? cosa? se non viene specificato è solo una frase fatta con un vago significato, quindi non può avere valore.

  15. Avete mai allevato animali?
    Il modo più sicuro per aumentarne il tasso di aggressività è aumentare gli occupanti di una gabbia, cioè costringerne di più nel medesimo spazio.
    Direte, ma non è che l’Italia abbia aumentato gli abitanti e diminuiti i vani come la russia di Stalin. Vero.
    Ma ci stiamo molto addosso. Coi messaggi. Col vederci e sentirci ovunque comunque. Con la proiezione in immagine che scatena confronti e invidia sociale. Col venir meno di gerarchie e quindi sentirci tutti concorrenziali e antagonisti (Girard insegna).

  16. Un altro dato sulla realtà – Istat, Report sui libri letti nel 2010, per la regione in cui vivo ora, l’Umbria:
    ‘In termini assoluti, se la platea di potenziali lettori è pari a 846 mila persone, 468 mila non hanno letto neanche un libro’. Niente. Metà degli abitanti di una regione italiana. Neanche un libro.
    Come fonte di informazione, riflessione, scambio, approfondimento, probabilmente c’è l’onnipresente tv.
    E’ una gabbia anche questa, dell’immaginario magari, i cui occupanti sono costretti nel medesimo spazio che ripropone modelli divenuti immutabili. Base, a parer mio, su cui si sono anche sviluppati quei tratti delineati dal Censis. Scusate se è un po’ OT.

  17. @ zauberei: ti posso dire che ho avuto esperienza di ragazzi nella scuola italiana, spagnola e tedesca. E i problemi di disciplina ci sono pressoché ovunque. A riguardo ultimamente ho letto un libro (e mi sa che lo rileggerò), che leggeva il “problema” dal punto di vista dell’evoluzione dei rapporti sociali e che sosteneva la necessità di coniugare autorità e comunicazione.
    @valter binaghi: empiricamente ti devo dar ragione. Ho lavorato in una chocolateria (in Spagna) nel periodo natalizio: vista la quantità di gente e la tendenza alla nevrosi non vedevo l’ora di tornare a casa per non vedere NESSUNO.
    In generale credo che la perdita di autorevolezza di istituzioni tradizionali non sia negativa, anzi. Ma probabilmente veniamo penalizzati da una schizofrenica concezione dello Stato (da una parte “mamma” assistenzialista, dall’altra qualcosa che con le sue regole rappresenta una minaccia per il cittadino). In ogni caso, mi ripeto, credo ci siano situazioni contingenti e generalizzate che comunque aumentano il grado di aggressività. E penso anch’io che i mezzi di comunicazione non facciano altro che aggravare la situazione.
    Non so, sotto sotto sento che c’è qualcosa che mi sfugge… Forse è un problema troppo complesso. O forse troppi problemi insieme.
    P.s. estemporaneo. Non è il dato sull’aumento di”antidepressivi” possa essere inquinato dal diffondersi (e dal maggiore riconoscimento e cura) di malattie quali l’Alzheimer?

  18. @eva t.
    Non sono un appassionato delle gerarchie in quanto tali, ma è evidente che la rimozione di gradini e steccati in ogni campo (autorità socio-culturali, stabilità dei legami matrimoniali ecc) pone tutti su un medesimo livello di competizione nell’affermazione della propria individualità, nella disperata volontà di differenziarsi, nell’estrema irritabilità procurata dal contatto altrui. Non sembrano esserci alternative antropologiche alla civiltà di vergogna (fondata sul tabù) o alla civiltà di colpa (fondata sull’auto-inibizione), se non quello che Girard chiama l’inferno mimetico.

  19. a chi può interessare: la relazione completa è scaricabile da:
    http://www.censis.it/5?resource_23=111662&relational_resource_24=111662&relational_resource_396=111662&relational_resource_26=111662&relational_resource_78=111662&relational_resource_296=111662&relational_resource_342=111662&relational_resource_343=111662&relational_resource_405=111662
    previa registrazione.
    @ valter binaghi: e se non fosse rimozione ma “spostamento”? insomma un bisogno di definire altri punti di riferimento quando quelli vecchi diventano inadeguati?
    Non voglio essere per forza pessimista…

  20. @eva t.
    Bisognerebbe augurarsi altre forme di autorevolezza e di differenza. Il mondo attuale non sembra in grado di concepirne.
    E’ l’epoca che Nietzsche definiva dell”ultimo uomo”, quello che ha fatto della propria minima misura il criterio dello scibile e dell’auspicabile.
    Altrimenti detta “nichilismo”.

  21. il censis fa molta confusione e alla fine se ne esce sempre con la riscoperta dei valori. il suo capo de rita è un pericoloso cattolico progressista..

  22. E’ come dicevo, Loredana. Il valore spaventa il progressista da manuale. E’ propositivo ma anche limitante. Meglio non esser nulla che dover essere qualcosa. Finchè non ci si libera di questa coazione a negare dal nichilismo non si esce.

  23. Il problema non sono i valori in assoluto, ma il parlarne a vuoto.
    a parlare di valore di solito sono i comitati etici del moige oppure giovanardi, quando dice che bisogna riscoprire i valori per combattere l’aids e le droghe.
    Io credo che l’uomo fondamentalmente sia buono e che se non ci fosse il senso del peccato, sarebbe molto meglio.
    tutto nasce dal senso di colpa, dalla distinzione artificiosa fra bene e male.
    più che nichilismo,si tratta di filosofia orientale.
    l’importante è essere consapevoli.

  24. oh mio dio valter.. dal bene e il male inteso come peccati veniali.. ai campi di concentramento bel salto logico..
    ovviamente mi preoccupano e molto l’aumento delle violenze sessuali, ma non penso si possa legare alla carenza di valori e ai rapporto virtuali come conclude l’oracolo sociologico di de rita..
    questo è sociologismo d’accatto.

  25. Il dato sulla diffusione degli psicofarmaci può essere fuorviante, perchè gli psicofarmaci sono in un trend di costante aumento di diffusione, anche perchè si scopre che agiscono non solo sulla patologia per cui sono stati programmati. Gli antidepressivi per esempio hanno davvero uno spettro ampissimo – per dire anche nella cura della schizofrenia sono ampiamente usati. Inoltre, il novecento è stato il secolo della istituzionalizzazione del disagio psichico nel linguaggio collettivo, il secolo che ha inventato la dignità di qualcosa che si sapeva esserci ma che ci si teneva, come tante altre cose che oggi tolleriamo malvolentieri. E manco la cultura ha assorbito del tutto la questione per cui sono sicura che il riconoscimento del bisogno non ha ancora toccato – sicuramente non in Italia – il momento di flessione. Questo implica un costante aumento della richiesta di farmaci e di psicoterapie, che non è funzionale a un aumento del malessere, ma una aumentata consapevolezza del diritto alla cura.

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