QUATTRO

Quattro scrittori, si intende.
Leonardo Colombati su Il Giornale recensisce il nuovo romanzo di Mario Desiati:

"Sono un pariolino cresciuto tra avvocati, chirurghi e palazzinari che
da quando ha pubblicato un libro si trova a flirtare con un esercito di
radical più o meno chic: due categorie antropologiche spesso accomunate
dallo stesso estratto conto e dalla frequentazione degli stessi
ristoranti, gli stessi cinema, gli stessi luoghi di villeggiatura.In qualche squarcio, la Roma di Desiati si ricongiunge idealmente a
quella che quarant’anni fa registrava Pier Paolo Pasolini in Una vita violenta e in Ragazzi di vita;
in effetti, Martin Bux starebbe bene in compagnia del Riccetto, del
Ciriola e del Bassotto. Secondo Pasolini, l’uinca rivalsa per costoro
“è stata sempre il considerarsi depositaria di un concezione di vita…
più virile: in quanto spregiudicata, volgare, furba e magari oscena e
priva di noie morali”. E per dimostrarsi all’altezza di questa
irresponsabilità, s’utilizzava il gergo romanesco come un linguaggio
cifrato che rivendiccase la propria adesione a una vita intesa come
malavita.. La Roma descritta da Desiati, invece, è un melting pot che
nessuna lingua può tenere insieme. È una babele formata da singoli
reietti, che girano in tondo e non s’incontrano mai: ogni tanto si
scontrano, per mancanza di spazio".

Su Carmilla, Giuseppe Genna demolisce God jr di Dennis Cooper. E con lui, l’Avantpop tutto:

"Con le ultime produzioni di Palahniuk, God Jr è la lapide posta sulla bara in cui abbiamo seppellito l’avantpop. E’ un trend durato qualche anno, c’è da esserne dopotutto soddisfatti visti i ritmi di invecchiamento di ogni trend, soprattutto per l’uso liberatorio che se ne è fatto altrove, maxime in
Italia, dove è anche grazie all’avantpop se certe croste continentali
si sono rotte e attualmente stanno facendo fuoriuscire pericoloso magma
incandescente".

46 pensieri su “QUATTRO

  1. Ciao complimenti per il tuo inrteressantissimo blog.
    Perche non vieni a visitare il nostro?
    A dispetto del nome non è volgare, ma anzi ha delle sue velleità estetiche.
    A presto
    Tereza e Tomas

  2. Ciao complimenti per il tuo inrteressantissimo blog.
    Perche non vieni a visitare il nostro?
    A dispetto del nome non è volgare, ma anzi ha delle sue velleità estetiche.
    A presto
    Tereza e Tomas

  3. il guaio dell’italia è che il conflitto d’interesse ce lo hanno pure i recensori: dopo trevi che recensisce pincio, genna che recensisce domanin e colombati che recensisce desiati (e.. e… e…), di questo passo arriveremo a breve alle recensioni tra cugini e tra fratelli, tra padri e figli, insomma produrremo un’interessantissima critica consaguinea, che secondo me farà molta strada.

  4. alla fine bisognerebbe decidere: vogliamo che scrittori e intellettuali si frequentino, formino anche delle comunità (guai a dire “facciano squadra”, troppo confindustriale)o che vivano atomizzati e non comunicanti? suvvia, se vale la prima consorterie e conflitti di interesse diventano comunità di intenti, percorsi comuni, ecc. Se vale la seconda i conflitti di interesse non si creano, ma forse non è tanto meglio.

  5. a me pare tutt’altro. il recensore dovrebbe avere un’etica fondata sull’immaginario patto con il lettore che stipula nel momento in cui scrive su un qualsiasi giornale: nella maggior parte dei casi il lettore non sa che chi scrive ha rapporti di amicizia o di frequentazione con lo scrittore che sta recensendo e io questo non lo trovo onesto nei suoi confronti, perché non si può negare che il giudizio di un amico per quanto si possa egli sforzare è comunque condizionato. ma tanto in italia è tutto normale e normalissimo, a partire da repubblica (dove proliferano le recensioni marchette: sul paginone centrale di qualche giorno fa bernardo valli recensiva l’inchiesta di bonini e d’avanzo), fino ai più scalcagnati blog letterari. le comunità vanno benissimo, ma mi spieghi per quale motivo gli scrittori devono fare pure i recensori? Forse sarebbe auspicabile una separazione delle carriere.

  6. caro Ezio, gli scrittori fanno i recensori non da oggi, e non da oggi salta su qualcuno a mugugnare di combriccole.
    quanto al mantra sulla repubblica marchettara, sono francamente stufa di rispondere (se non con il prevedibile “che-la-leggi-a-fare?”)

  7. Che gli scrittori siano recensori non è da oggi (come dice LaLippa), che Flaubert Asselineau e Baudelaire si parlassero fu un bene, che Verlaine si innamorasse di Rimbaud fu una fortuna. No, spesso le amicizie fra scrittori nascono proprio dalla scrittura – non ci vedo niente di male. Il male è altrove, è nelle – vogliamo chiamarle marchette? – richieste editoriali, è nascosto altrove, ma non so se davvero si celi nelle pagine culturali dei quotidiani o piuttosto in singoli individui stimati da una certa intellighencija che non disdegnano di dare una botta al cerchio (e non certo gli scrittori fra loro, che dio mio che potere possono avere!). Secondo me.

  8. Piuttosto, come ho gia’ scritto sul blog di Colombati, mi sembra una recensione che vorrebbe essere positiva ma parla invece di un libro a metà tra i luoghi comuni e Houellebecq. Non ho letto il libro, e quindi spero di sbagliarmi.

  9. Cara Lippa, ‘gli scrittori fanno i recensori non da oggi’, dici.
    E che significa?
    Anche l’omicidio c’è sempre stato, ma mica per questo può essere accettato.

  10. Caro Fiorani, a volte mi verrebbe voglia, sia pur metaforicamente, di accettarlo.
    Battute a parte: e perchè mai uno scrittore, che è in possesso di competenze linguistiche e artistiche spesso superiori ad un critico, non dovrebbe scrivere recensioni?

  11. La Lipperini, mi fai vergognare di avere aperto questa finestrella. Ma perché neghi? Io non lo capisco. Perché fai la vaga? Perché non dici semplicemente che è così? E cioè che sì, la pietosa mafietta degli amichetti c’è, c’è sempre stata, e che in rete è addirittura immanente. Genna, quelli di NI (che hanno tutti amici poeti focomelici rumeni), e il parroco padovano. Tutta la stessa pappardella melmosa. Ma c’è da dire che io esisto anche grazie a cose così. È che sono un moralista.

  12. Genna-Mozzi, Mozzi-Colombati, Colombati-Piperno, Piperno-Desiati, Desiati-Zizzi, Zizzi-Cucchi, Cucchi-Magrelli, Magrelli-Trevi, Trevi-Santi… Santi che pagano il mio pranzo non ce n’è sulle panchine in Piazza Grande, ma quando ho fame di mercanti come me qui non ce n’è…

  13. Uffa che noia.
    Vado con la domanda di riserva: dal momento che questa graziosa sollevazione popolare nasce da una recensione di Colombati al libro di Mario Desiati, qualcuno ha la compiacenza di dirmi se ha letto il medesimo e lo trova indegno di menzione?
    Perchè, altrimenti, tutto questo ha molto poco senso.

  14. Lipperini, il libro di Desiati è questione incidentale.
    In via principale, è di malcostume che si sta discutendo.
    Nel trascorrere degli anni, ci sono stati conclamati casi di malcostume che hanno investito magistrati, politici… E gli scrittori? è così impossibile che ciò accada anche per alcuni scrittori?

  15. Nella premessa all’ultimo numero di Nandropausa, i Wu Ming scrivevano:
    “Su Nandropausa, salvo alcune eccezioni (sassolini tolti dalle scarpe o perplessità da comunicare), segnaliamo libri che ci sono piaciuti davvero. Non abbiamo debiti da pagare (in ogni caso, non è così che li pagheremmo) né dobbiamo “tener buono” alcuno. Se tra gli autori recensiti figurano nostri amici, è perché abbiamo apprezzato i loro libri. Se il libro non ti è piaciuto o non lo hai letto con la dovuta attenzione, niente commento, nemmeno se l’autore è tuo gemello siamese. Non segnalare un’opera meritevole per mere questioni di galateo e paura delle malelingue sarebbe un errore più grave. Quanto alla malalingua, sta bene ficcata nel culo di chi le fa proferir verbo.”
    E poco sotto, nel recensire Genna, Wu Ming 1 scrive:
    “Genna è dispartecipe. Non vuole essere recensito da me o da Wu Ming. Teme l’accusa di ‘congrega’. Teme che si parli di ‘pastette’ e reciproci favori. Lui ha recensito i nostri libri in modo ‘capolavoristico’. Se ti piace un libro italiano e lo dici, sei un ‘capolavorista’. Se parlo de L’anno luce può dunque sembrare cortesia ricambiata. ‘Capolavoristica’. Diranno che è cortesia ricambiata. Diranno che è capolavorismo. Genna prova fastidio preventivo, non vuole essere nominato. Non lo abbiamo mai recensito, pregasi continuare a non recensirlo. Lo chiede con sincerità. […]  Costoro sono niente, sono merda, questa è la risposta, io scrivo de L’anno luce perché non posso non scrivere. Io scrivo de L’anno luce perché mi fa schifo la censura, e più schifo mi fa la censura “ambientale”, quel reticolo di azioni inibenti che costruisce vergogne e morbida dittatura. 

  16. Basta, mi viene il vomito a sentire parole come “desiati”, “recensione”, “colombati”, “prostata”.
    Fiorani questa me la paghi, perché mi hai fatto venire qua??

  17. Rispondo io che l’ho letto, posso? Il libro di Desiati è ASSOLUTAMENTE degno di menzione, e anzi, è una delle cose più belle dell’ultimo anno.
    Quanto agli amici poeti focomelici rumeni, ne pubblicheremo quanto prima una silloge di versi su NI, mi spiace che Ennio ci abbia rovinato la sorpresa.

  18. un libro che contiene nel titolo la parola precario mi fa schifo per antonomasia e non lo leggerò, ma il punto era la questione del metodo, voi invece offrite sempre argomenti fuori tema come questa sul valore: “diteci se vi è piaciuto no” non era la questione che intendevo sollevare. se interessa, io auspico una soluzione del tutto opposta a quella dei wu ming: quella del recensore che non recensisce libri di amici per principio.

  19. E’ una cazzata, Mondadori. Auto-castrazione bella e buona. “Embargo” sulle opinioni e conseguente impoverimento del dibattito. Se le sembra di avere qualcosa di intelligente da dire su un libro, non dovrebbe imbavagliarsi solo perché conosce l’autore. Meglio essere il più possibile aperti e trasparenti, e il lettore giudicherà da sé. Non è difficile capire se un libro viene recensito *perché* scritto da un amico o *benché* scritto da un amico.

  20. a tutti quelli che si sono sollevati: quindi secondo voi colombati (o chi per lui, chè tanto voi generalizzate), anche se un libro gli piace e trova giusto, necessario, diffonderlo il più possibile, doveva stare zitto perchè amico dell’autore? era meglio, ci avremmo guadagnato?
    io credo c’avremmo perso, ma poi fate voi.

  21. Desiati è un sottoprodotto – lettarario solo perché v’è l’etichetta di romanzo sui suoi libri – costruito male dall’inizio alla fine – moretti sarà radical-chic ma si è inventato da sé – questo desiati è un parto altrui riuscito male: è il testo (il libro) fatto e impaginato e venduto (da mondadori addirittura) omologo del vuoto chiacchiericcio celebrativo intorno a pasolini, a prescindere dai meriti (intellettuali o artistici) del quale prima di nominarlo questi romani di nascita o di adozione dovrebbero sciacquarsi la bocchina fatua e vanesia

  22. Mi piacerebbe davvero sapere se un critico di ‘professione’ sia garanzia di qualcosa. Mi piacerebbe anche sapere se uno scrittore o uno qualsiasi di noi lo sia. Non parlo certo di date, riferimenti, collegamenti, ma di eventuali giudizi di valore letterario e non. Ok, sono propensa in molti campi ad ascoltare il giudizio degli ‘esperti’, ma a meno che ne sia impedita per qualsiasi motivo cerco riscontri rovistando tra fonti diverse. Mi succede anche in relazione alla ‘letteratura’. Se l’interlocutore mi sembra interessante ascolto, memorizzo, verifico e poi procedo su una mia strada che può o meno coincidere con quella del critico o scrittore di riferimento. E’ una vecchia abitudine che risale all’infanzia e alle esortazioni di mia madre: pensa con la tua testa. Sono approdata a questa banalità biografica perchè continuo a stupirmi del fatto che persone adulte e ‘istruite’ continuino a criticare il criticante piuttosto che quello che scrive, il contesto in cui scrive, la profondità degli ‘elaborati’, il linguaggio ecc. ecc.
    Non vedo perchè uno scrittore con un minimo di onestà intellettuale non possa parlare di un altro scrittore (positivamente o negativamente) e un critico o un lettore mostrare invidia, astio o entusiasmo fuori luogo. Credo che il rischio di beccarsi le opinioni di un cretino (ancorchè laureato o intellettuale) o di persone in malafede sia presente in tutte le attività umane. Corretto sarebbe dimostrare, articolando un minimo di ragioni, che l’opinione di cui si discute è da cretini o in malafede (non sempre chi la emette è, infatti, cretino o in perenne malafede).
    Davanti a considerazioni del tipo ‘quei due si conoscono e quindi è scontato che si sponsorizzino a vicenda’ continuerò a dubitare della buona fede (se non proprio dell’intelligenza) di chi semplifica in quel modo.
    Le concertazioni e le comunelle possono esistere, ma bisogna saperle vedere, scovare, motivare, dimostrare, spiegare. Troppo comodo spalare semplice merda.
    besos

  23. Spettatrice. “E’ una vecchia abitudine che risale all’infanzia e alle esortazioni di mia madre: pensa con la tua testa.”
    Quindi, paradossalmente, anziché ragionare con la tua testa, hai seguito le esortazioni di tua madre:- )

  24. Sul resto non discuto, ma Genna che seppellisce Palahniuk e Cooper mi pare tutta da ridere. Ammetto che mi sono fermato a Grande madre rossa, e mi è bastato.
    Buona serata. Trespolo.

  25. Vorrei riportare questa parte della recensione di Colombati, in cui egli non nasconde, ma informa di essere amico di Desiati e di come sia nata la sua amicizia con lui e con Piperno.
    “Parlare del libro di Desiati rappresenta per me una doppia sfida. C’è innanzi tutto il fatto che Desiati è mio amico e recensire un amico – dicono – non è di buon gusto. Se si citano a propria difesa alcuni precedenti illustri (Moravia su Pasolini, ad esempio) si fa la figura dei tromboni. Però… il fatto è che la mia amicizia con Desiati nasce dal reciproco apprezzamento dei nostri libri. Un anno fa, tre persone che non si conoscevano – Mario Desiati, Alessandro Piperno e il sottoscritto – lessero ognuno l’opera prima degli altri. Erano, quei romanzi, tre ricognizioni di Roma tra loro diversissime, ma che muovevano tutte da un intento per così dire polemico: rifuggire il ritratto della Roma fighetta e radical-chic che ammorbava – e ancora ammorba – molta narrativa e (soprattutto) molto cinema italiano; quello, tanto per fare dei nomi, dei film di Muccino. Io provavo – indegnamente – a restituire Roma al suo mito, raccontandone le sue bellezze più note, perché non sopportavo più di leggere e vedere storie ambientate solo davanti al Gazometro, con un pasolinismo laccato di progressismo. Piperno, con il suo Con le peggiori intenzioni, raccontava l’alta borghesia romana con un fare che poteva apparire iconoclasta solo a chi si compiace dei tinelli che puzzano di sugo, dei vellutini a coste e della Due Cavalli. Desiati, invece, con il suo romanzo d’esordio, Neppure quando è notte, aggrediva la città “da sinistra”, e continua a farlo con questo suo Vita precaria e amore eterno. Ma non c’è traccia, in lui, di conformismo o, peggio, di moralismo. È uno scrittore “amorale”.”
    Per pura combinazione, in questi giorni sto leggendo proprio il romanzo di esordio di Desiati: Neppure quando è notte e, poiché di autori soprattutto italiani ne leggo molti, devo dire che è un romanzo che mi piace e quanto prima ne vorrò scrivere su vibrisse.
    Bart

  26. Anche a me il libro di Mario è piaciuto molto. Contiene una storia d’amore strepitosa, carnale, romantica, patetica, impossibile; qualcosa che non so oggi quanti scrittori italiani riescano a raccontare e inventarsi così. Houellebecq: capisco che leggendo la recesione di Colombati possa venire in mente, ma il clima mi sembra molto diverso. La voce narrante di Desiati è piena di rabbia e di desiderio, e in questo conserva una vitalità che non è certo quella del nichilismo post-tutto di Houellebecq (che a volte fa troppo il furbo per i miei gusti, ma che trovo uno scrittore da leggere..e scusate questa frase breve e un po’ saccente.)
    E poi a me pare che il libro di Desiati, proprio perché cerca di evitare gli schemi protettivi del politicamente corretto, proprio perché si cala dentro alle contraddizioni e miserie morali correlate alle miserie materiali dei suoi protagonisti(che, udite, sono tutti economicamente nella merda,ma non sono tutti giovani!) sia- come insegnano Marx & co. un libro eminentemente di sinistra e molto più ampio e sentito di un libro su un tema che fa “impegno alla moda”.

  27. Quindi, paradossalmente, anziché ragionare con la tua testa, hai seguito le esortazioni di tua madre:- )
    Lucio, certo, la mamma è sempre la mamma. La testa che uso (con tutti i limiti) però è mia….o almeno credo 🙁
    besos

  28. Ma com’è che ogni volta che sono fuori Milano scoppiano tutte queste belle polemiche? Uff…
    Comunque:
    Bravo Ennio, hai del talento: “poeti focomelici rumeni” io lo trovo uno splendido endecasillabo.

  29. Mah, in genere tutti si lamentano di quando si parla troppo bene di uno scrittore. E si dice: quando avremo una critica seria? La pensavo pure io così. Però mia accorgo che le stroncature, come quella che ha fatto Genna, sono l’esercizio “stilistico” più facile che si possa fare. Mettetemi alla prova: io riuscirei a parlare male, argomentando, di qualunque libro… Stroncare un libro è facilissimo. Riuscirei a parlare male perfino degli autori che amo di più. Ripeto: una volta credevo all’onestà delle stroncature. Ma ero un bambino. Poi quando Roberto Cotroneo, un maestro del genere, ha cominciato a scrivere i suoi romanzi, ho capito tutto.

  30. Figurati, Nicolò, che una volta, in una boxe letteraria, ho “distrutto” Delitto e Castigo.
    E ho pure vinto l’incontro!!!

  31. Gianni, come funziona una boxe letteraria? Ho visto che a Vimodrone ogni tanto ne organizzano una con Montanari e Scarpa… ma non sono mai riuscito ad andare. Tu con chi ti sei confrontato? E sei mai venuto a Vimodrone?

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato.

Torna in alto