QUESTIONI DI FAMIGLIA

“So riconoscere un’ossessione: non porterà a niente di buono”, dice Nikola Tesla all’illusionista Angier in “The prestige”. Ecco, da ultimo mi sembra di riconoscere nel nostro immaginario narrativo, si tratti di letteratura o si tratti di film o serie, un’ossessione.
Come verranno ricordati questi anni? Quale timore esprimono, quale desiderio? Al di là delle polemiche sull’editoria, sul romanzo, sul sistema che premierebbe i semplificatori e i commerciali, polemiche che sono sempre esistite e sempre esisteranno, al di là della discussione su linguaggio e trama, al di là di tutto, cosa c’è nei libri, nei film, nelle serie?
La famiglia.
Sai che novità, direte. E, certo, di cosa altro parlano le storie degli esseri umani se non di amore, morte, paura e, sì, famiglia? Vero, ma non così. Non con questa concentrazione sul tema: i padri e i figli, le madri e le figlie, il nucleo d’origine e quello che si va a costituire. Non come costruzione di sfondo ma come perno. Non è stato sempre così. Non si è narrato solo di questo: si è guardato altrove, più avanti o più indietro, a piacimento. Oggi, se solo scorrete i titoli che sono stati pubblicati in questo 2019, vi renderete conto che la famiglia è la vera protagonista. Monca, completa, terribile, felice, ma sempre famiglia: da Il colibrì di Sandro Veronesi a La vita bugiarda degli adulti di Elena Ferrante a Fedeltà di Marco Missiroli e via, davvero, per la maggior parte dei libri.
E questo, attenzione, non è affatto un giudizio sulla qualità, cosa che lascio, come sempre, ad altri: è un fatto, un filone, uno specchio di cosa siamo.
Per non disturbare i letterati, chiamo in causa qualcosa di diverso dai libri. Le serie televisive, o almeno alcune. Pensate a Lucifer, che proviene da Sandman di Neil Gaiman e mostra Satana in persona nelle vesti di proprietario di night club. Nella storia, che è piacevole e divertente, è  la famiglia (i suoi conflitti con “paparino” occupano lunghe sedute con la psicanalistica), vecchio tema delle sit-com, a mangiarsi il fantastico, ad annientare la paura. La paura non viene da fuori, è dentro di noi, dunque diventa rassicurante, e il pianeta da cui guardare la realtà di cui parlava Ursula Le Guin torna a essere la finestra dell’appartamento borghese con le sue crisi familiari. Avviene, è avvenuto, anzi, nella lunga saga parabiblica di Supernatural di Eric Kripke con i fratelli Sam e Dean Winchester e la sequela di demoni e angeli che però sono, soprattutto, parenti. Non a caso Kripke dice: “È sempre stata una serie sulla famiglia, più che su qualsiasi altra cosa. La mitologia è solo un motore per sollevare problemi sulla famiglia: un fratello maggiore che bada a quello più piccolo e che si chiede se mai sarà costretto a uccidere la persona a cui vuole più bene al mondo. Lealtà familiare contro il bene più grande, dovere nei confronti della famiglia contro felicità personale”.
C’è, insomma, una mutazione interessante in corso: è come se quanto  desideravamo o, se pensiamo all’horror, temevamo,  venisse addomesticato. Non riusciremmo, forse, a concepire oggi un Leviathan, e tanto meno Chtulhu, ma Creature che somigliano moltissimo agli esseri umani, e le cui relazioni sono identiche a quelle degli umani.  Persino tornare dalla morte provoca non terrore ma scompiglio. Come in Les Revénants, serie televisiva francese creata da Fabrice Gobert nel 2012, dove alcune persone morte da qualche tempo ritornano in vita, mandando in crisi i familiari che avevano imparato a fare a meno di loro. O nell’australiana Glitch, dove una moglie che esce dalla tomba provoca angoscia profonda nel marito che si è risposato con la sua migliore amica.
Dunque? Dunque qualcosa è cambiato: non in tutti, non sempre, certo. Ma andrebbe dedicato un pensiero su quello che potrebbe essere un restringimento di orizzonti. Potrebbe e non potrebbe, conosco le obiezioni: Anna Karenina e Madame Bovary sono, per citarne due soli, romanzi sulla famiglia. Ma quando si moltiplicano, quei romanzi (e quelle serie, e quei film) cosa dobbiamo pensare di noi?

3 pensieri su “QUESTIONI DI FAMIGLIA

  1. Azzardo una risposta: che non riusciamo più a concepire un orizzonte sociale più ampio e meno autoreferenziale. A meno che una qualche catastrofe umana o naturale non ci costringa a ri-allargare la visione a un complessivo che pare “magicamente” scomparso.

  2. Roma Basilica Massenzio anni fa ,presente al festival Amos OZ
    “In famiglia si impara tanto,la famiglia e’ una buona scuola per qualsiasi materia.Per la speranza,ma anche per la disperazione,e’ il microcosmo della vita umana.Vede se mi chiedesserodi sintetizzarein una sola parola l’argomentodei miei libri risponderei “la famiglia”.Se me ne concedessero due invece direi “famiglia infelice”.
    Amos OZ
    Dai suoi bellissimi libri ho compreso che la famiglia e’ tanto importante quanto perturbante”
    Annunziata – cari saluti Loredana

  3. Azzardo una risposta: che non riusciamo più a concepire un orizzonte sociale più ampio e meno autoreferenziale. A meno che una qualche catastrofe umana o naturale non ci costringa a ri-allargare la visione a un complessivo che pare “magicamente” scomparso… effetti collaterali dell’individualismo?

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato.

Torna in alto