QUESTO A UN GATTO NON SI FA: UNA RIFLESSIONE

La premessa è che ieri è accaduta questa cosa qui: chi segue i social sa di cosa si tratta e comprende quanto pazzesca e magica sia la vicenda di tre persone, che oltretutto avrei scoperto essere in vari modi risonanti con la mia vita attraverso pochi gradi di separazione, che per puro caso passano davanti casa mia nell’ora in cui il gatto Lagna fa la prima grossa imprudenza dei suoi sei anni di vita, e lo salvano.
Ora, da questa storia, che non è ancora finita e che ancora mi stringe il cuore, mi viene da riflettere su due cose: la prima è quanto ci siamo atrocemente abituati alla bruttezza, all’indifferenza, al pensiero grossolano e violento. Così tanto, che quando veniamo clamorosamente smentiti dalla bontà, dell’empatia, dalla generosità, dalla bellezza quasi non ci crediamo. Che queste cose avvengano è salvifico: ma dovremmo imparare a vederle più spesso, perché ci sono, anche la loro voce è sommessa e in genere si nascondono proprio come fanno i gatti tra le foglie, quando vogliono giocare.
La seconda considerazione riguarda il nostro rapporto con gli animali che ci sono compagni: compagni, sottolineo. Io non mi sono mai sentita “la padrona” di Lagna e Altair. E prima di loro altre creature sono state con me: i due cani Diavolo e Beniamino che hanno attraversato la mia adolescenza, dormendo sul mio letto, leccandomi il viso quando piangevo, terrorizzando i miei fidanzati salvo fare le feste a quello che poi ho sposato; il gatto Ariele, che è stato con me solo quattro anni, i primi del mio matrimonio, ma che il giorno in cui morì improvvisamente mio padre balzò dal divano fra le mia braccia, stordendomi di fusa, e che presidiava le stampate dei miei primi libri dormendoci sopra; tutte le creature dell’infanzia dei miei figli, pesci rossi, pappagallini trillanti; le due pogone Axel e Rose e la loro lunga e placida vita nella teca riscaldata.
Altair e Lagna arrivano tardi, sette e sei anni fa. Altair in un pomeriggio di luglio, mentre andavo a trovare mia madre in quella che ora è casa mia: aveva quindici giorni, si è precipitato dallo zerbino del portone fra i miei piedi, mettendosi a pancia all’aria e miagolando. Sono stata sua, subito. Lagna è arrivato un anno dopo: era già grande e sterilizzato. Sui suoi primi otto mesi di vita regna il mistero, ma ostinatamente è entrato più e più volte in giardino, nonostante le proteste (e le botte) di Altair, incontrastato signore del territorio, e alla fine ci siamo arresi tutti. Siamo stati suoi, lo siamo.
Scrivo questo perché a fronte dell’amore immenso che mi e ci è stato dimostrato, un paio di persone hanno deciso che occorreva fare la morale, e che insomma è tutta colpa nostra che abbiamo lasciato i gatti liberi di entrare e uscire dal giardino per tutti questi anni, invece di chiuderli in casa, o di innalzare reti da uccelliera. Ora, io credo che in questa storia le uniche colpe siano dei due automobilisti che hanno investito Lagna senza fermarsi, semmai:  non me la sono mai sentita di applicare il pensiero umano alla vita di gatti che sono nati liberi e che liberi vivono. Credo a questo, forse sbagliando: credo che quando le vite di due creature, le une bipedi, le altre quadrupedi, si incrociano, debbano farlo nel reciproco rispetto. Non mi sento più “pensante” dei miei gatti: conosco il loro umore, so quando sono tristi o euforici, e loro conoscono il mio. Ci amiamo, tutto qui, e ci stringiamo gli uni agli altri quando soffriamo. Non so se sia giusto: so che per me, e forse, chissà, per loro, funziona così.
Grazie a Gio Macedonio, grazie a Chiara Orfini, grazie a Elisa Lobello: le tre persone che hanno salvato Lagna e che mi hanno dimostrato che la bellezza, davvero, esiste. E grazie a tutti quelli che stanno facendo il tifo per Lagna in queste ore.

4 pensieri su “QUESTO A UN GATTO NON SI FA: UNA RIFLESSIONE

  1. Riguardo a coloro che si sentono in dovere di fare la morale in momenti come questo, ho una teoria. La teoria è siamo tutti mortali ed ad ognuno di noi, nel corso della vita, capiteranno cose dolorose, non importa quanto siamo cauti e non importa quante reti costruiamo attorno al nostro giardino. Alcune persone questo fatto della vita così banale non riescono ad accettarlo e, dunque, puntare il dito verso le mancanze (vere o presunte) di chi ha subito un danno li rassicura, fa in modo che possano dirsi “sono immune, a me non accadrà mai”.
    In bocca al lupo di cuore a Lagna e un grande abbraccio a te.

  2. Buonasera Loredana, ho apprezzato molto ció che hai scritto a proposito del nostro rapporto con gli animali. Ho provato nei giorni scorsi la tua stessa apprensione per il mio micio ricoverato in una clinica veterinaria di Roma a causa di una grave emorragia. I medici sono stati molto bravi, gli hanno salvato la vita, ma il costo delle cure e di un ricovero di soli tre giorni (superiore a mille euro) è fuori dalla portata di tutti. Pertanto, la gratitudine dovuta a chi si è fermato non solo a soccorrere il tuo Lagna, ma anche ad anticipare le spese mediche, senza alcun tornaconto, è sorprendente. Il gesto di generosità di queste persone è molto bello, renderlo noto come hai fatto tu, infonde fiducia nel genere umano. Grazie. Elisabetta.
    Elisabetta

  3. Puoi mettere ai tuoi gatti un collarino fatto con un elastico bianco di un centimetro con scritto nome indirizzo e numero telefono, io faccio cosi’

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