RIMANERE IN PIEDI E PROVARE A CAPIRE IL PERICOLO

Non entro, e non entrerò per un bel po’ nella Questione Divisiva. Quella che in questo momento spacca tutto, divide con ferocia  amici, persone che conosco e stimo, persone che non conosco ma stimo lo stesso. Però entro, brevemente, sulla rappresentazione della Questione Divisiva, che è pericolosissima. Mi ha turbato assai Repubblica, come avviene spesso, quando ha annunciato la morte di una bambina di 11 anni bollando la sua famiglia come “no-vax”. Salvo poi rettificare, perché così non era. E’ un solo esempio, in queste ore ce ne sono decine. Tutto questo è, evidentemente, più che pericoloso, più che dannoso. Invece di provare a capire davvero cosa sta succedendo – perché se credo che molti cavalchino l’onda a freddo, non credo che persone intelligenti, come si diceva sopra, siano semplicemente impazzite di colpo – si fornisce una narrazione a una dimensione. Invece di aprire una discussione seria, si spara a pallettoni. Invece di provare a ragionare, ci si arrocca sull’essere dalla parte “giusta”, quella dei buoni illuminati, dando degli ignoranti a tutti gli altri. Già sentito? Certamente sì (porca miseria, ci ho scritto un romanzo pre-pandemia su questo atteggiamento). Grave? Molto. Moltissimo. Come scrive Wu Ming in questo articolo:
“se le piazze che contestano la narrazione virocentrica e la gestione diversiva dell’emergenza pandemica sono egemonizzate – o almeno molto influenzate – da fascisteria e cospirazionisti in stile QAnon, la colpa non è di fasci e QAnon, che in un certo senso «fanno il loro lavoro». La colpa è di chi il proprio lavoro non lo ha fatto, di chi ha lasciato vuoto lo spazio della critica, di chi questa gestione ha rinunciato a contestarla, anzi, si è unito subito al coro mainstream, cercando pure di mettersi in mostra, di spiccare tra i cantori più zelanti e appassionati”.
Come detto, NON entro nella discussione. Non così, non nei termini che vengono posti dai discorsi correnti. Lo farò quando io stessa avrò le idee leggermente più chiare. Quel che posso dire, di nuovo, è che tutti noi, e non solo i media ufficiali, dovremmo sforzarci a cercare la complessità. Ricito il David Foster Wallace di circa vent’anni fa:
“È tutto diventato come Zinn o Chomsky, ma senza quell’immenso corpo di dati concreti a sostegno dei loro sermoni. Non ci sono più dibattiti (o “dialoghi”) complessi, caotici, estesi a un’intera comunità; si tratta adesso di discorsi politici fatti in maniera stereotipata in cui si predica al proprio coretto e si demonizza l’opposizione. Tutto è inesorabilmente bianco o nero. Siccome la verità è molto, molto, più “grigia” e complicata di quanto un’ideologia possa comprendere, tutta la situazione mi sembra non soltanto stupida, ma stupefacente”.
Oltretutto, andrebbe detto che è molto vero che in alcuni casi con il pretesto della pandemia si mettano in atto situazioni che soddisfano antichi desideri securitari pre-pandemici: e, sì, mi riferisco ancora una volta al Montelago Celtic Festival. Che potrebbe diventare un caso di storia, e non sarebbe bello, come prima o poi andrà detto.
Quel che intendo dire ora, ed è banale, è che dovremmo semplicemente chiederci se tutte le persone che stimiamo e a cui vogliamo bene hanno perso di colpo il lume della ragione. Io non ho risposte sulla Questione: non credo che ci siano risposte facili, né immediate. Ho risposte su questo, però: non sono impazzite. Quindi chiediamoci quali pieghe della narrazione, dall’una e altra parte, vadano guardate e valutate e comprese. Dall’una e altra parte, ripeto. Insultare, denigrare, ridicolizzare è un esercizio orribile, anche se appaga il nostro cervello rettile e, soprattutto, spinge ancora una volta sulla vocazione decennale all’individualismo.  Ma è  inutile. E, ancora una volta, pericolosissimo. In questo momento non dovrebbero esserci “parti”, non ci si dovrebbe sedere da quella giusta o sbagliata: bisognerebbe rimanere in piedi, guardare il più lontano possibile. Provare a capire.

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