RUMORI FUORI STREGA

Tempo di pronostici e tempo di pianificazione per lo Strega. Sto ricevendo da molti giorni mail che sussurranno su chi sceglie chi. Pare che numerosi saranno gli esordi: Vito Bruschini con “The father, il padrino dei padrini” per Newton Compton, Giacomo Lopez con “Non resterà la notte” per Marsilio e poi il segreto di Pulcinella, ovvero “Acciaio” di Silvia Avallone per Rizzoli.
Conferme, dunque, di quanto si diceva qualche post fa sulla corsa all’esordio: tanto a rischiare è il solo esordiente, pronto a finire nel cestino caso mai non funzionasse e se la veda lui, o lei.
“Acciaio”, peraltro, viene ostinatamente dato come il favorito e promosso con uno spiegamento di forze visto, fin qui, di rado. Argomentazione: è un romanzo che si occupa di adolescenza (femminile) calandola nel sociale. Se non fosse, purtroppo, che quel sociale funziona per stereotipi: mettiamoci la madre abusata e quella politicamente impegnata, il padre picchiatore e quello buono a nulla, il fratello fascio e poi le baby-mamme e le cubiste e tutto quel che il trendometro richiede. Più o meno, quel che aveva raccontato Luca Ricci nel suo perfido ma salutare libretto.
Consiglio di lettura alternativo: La verità a proposito di Celia di Kevin Brockmeier. Qualcuno alzerà la mano e dirà: ma la storia non ricorda Bambini nel tempo di McEwan? La risposta è sì: ma il romanzo di Brockmeier dimostra come si possano seguire strade molto simili con passo e voce personalissimi. Provate.

16 pensieri su “RUMORI FUORI STREGA

  1. Ma è davvero così brutto “Acciaio”? Ho letto un po’ di commenti in giro e non ce n’è uno che sia positivo. Invece a Cuneo ho sentito parlarne Michele Rossi, l’editor, e ne sembrava molto orgoglioso.
    A prescindere dal valore di questo romanzo, secondo me nell’editoria italiana (forse anche all’estero, ma non potrei affermarlo con cognizione di causa) c’è un problema: non c’è pazienza, non si investono energie su progetti a lungo termine.
    Le case editrici cercano il giovane pronto per il mercato (se non ha uno straccio di idea o se il suo romanzo è una riscrittura di mille altri romanzi mediocri non è un problema, basta che la storia funzioni) e i giovani cercano la casa editrice disposta a pubblicarli subito anche se sono solo all’inizio del loro processo di maturazione.
    C’è quindi, credo, un concorso di colpa: forse non è un caso se gli esordi più interessanti che ho letto negli ultimi anni sono di autori sopra i trentacinque (G.Martini, L.R.Carrino, G.Tedoldi, E.Varvello) e forse non è un caso che la maggior parte di questi autori dopo due, tre, quattro anni non abbiano ancora pubblicato il secondo libro (nel senso che si stanno prendendo il tempo necessario).
    Ora che ci penso nessuno degli autori che ho citato ha pubblicato per una grossa casa editrice: ma sarà proprio vero che Mondadori, Rizzoli, Feltrinelli non possono rinunciare al megaseller dell’esordiente: dato che che comunque non riescono ad avere ogni anno un’opera prima che diventi un caso editoriale, non sarebbe meglio investire sulla formazione di una generazione di scrittori che possa dare oltre che dei buoni risultati di mercato (magari dei successi piccoli – da 20mila, 30mila, 50mila o anche 100mila copie -, ma più frequenti, come succedeva fino a, non so, gli anni 60, 70) e contemporaneamente dei buoni risultati letterari?
    A pensarci bene non è un problema che riguarda solo l’editoria, e sicuramente non è circoscritto all’Italia…

  2. Arturo, ma certo che sarebbe meglio: anche perchè i megaseller non spuntano come funghi, anche con tutti gli sforzi del caso. Quanto ad “Acciaio”, sarebbe un esordio al limite del passabile a cui il battage rischia di non fare bene. O meglio, è anche possibile che vinca, come si sussurra, lo Strega, che stravenda e tutto il resto. E poi?

  3. Non voglio parlare di scrittori esordienti (argomento di cui s’è già parlato qualche post fa), ma volevo dire solo due parole su questi benedetti premi letterari di cui è ingolfata l’Italia. A questo proposito non posso non essere d’accordo su quanto dice uno dei nostri migliori umoristi italiani: ‘La più grande difficoltà per uno scrittore esordiente al giorno d’oggi è quella di riuscire ad evitare di vincere un premio letterario’ (cito a memoria). Non è forse vero? Quanti libri vengono pluripremiati e poi finiscono inesorabilmente nel dimenticatoio? Servono realmente a qualcosa tutti questi premi letterari? Chiudo riportando il lecito sfogo di qualche anno fa, più che mai attuale, di Federico Zeri. Alla fatidica domanda: ‘Quali sono secondo Lei i rappresentanti supremi della tradizione del letterato italiano?’ Zeri rispose: ‘Quelli che oggi dànno vita a circa 1500 premi letterari, per cui noi abbiamo in Italia oggi tre capolavori al giorno da leggere, Lei li conosce? Però è il paese che ha fatto morire Morselli suicida per non aver pubblicato nessun libro, e che si era dimenticato nel cassetto il manoscritto del Gattopardo, vero? Poi premiamo tre capolavori al giorno, tanto per dire come stanno le cose. Libri orrendi vengono premiati, libri da vomito’.

  4. Fa riflettere il fatto che a vincere lo Strega, bene o male uno dei premi letterari più reclamizzati, sia un libro di cui si fatica a trovare un commento positivo da parte dei lettori (sempre che i “rumori fuori strega” siano esatti). Questo perché di solito i lettori sono la componente meno considerata del mondo letterario. L’unico riferimento ai lettori viene in genere dal numero di copie vendute da un libro, che è un riferimento del tutto acritico, dato che posso benissimo comprarmi un libro, contribuendo al numero delle vendite, per poi tirarlo contro un muro a pagina dieci. Cosa che, personalmente, avviene soprattutto con i libri che vincono un premio. Sul muro di casa mia, per esemio, c’è ancora la sagoma di qualche Strega. Tanto per fare qualche esempio, basta guardare su Ibs i commenti lasciati dai lettori sugli ultimi vincitori dello Strega. E allora: c’è uno scollamento tra le varie giurie e il mondo dei lettori, oppure questi premi vengono assegnati seguendo logiche di altro tipo?

  5. Tutti quelli che operano nel settore (magari anche un pochino dietro le quinte) sanno quali sono le logiche che “governano” i premi e, almeno in alcuni casi, c’è davvero da avvilirsi e anche parecchio. Però tutto ciò è funzionale al mercato, a quel luogo dove quei prodotti si vendono: non scopriamo oggi quali sono le sue leggi, vero?! L’ho già detto un’altra volta: chi frequenta qualche redazione e/o qualche ufficio marketing non può permettersi di rimanere scandalizzato: è così, punto.
    Poi possiamo discutere di quali autori amiamo e leggiamo e di come vorremmo fosse fatto il nostro panorama editoriale: il nostro Paese non esprime grande coraggio nelle scelte e nella cura degli autori, in generale. Qualche casa editrice più piccola si perita di fare grandi sforzi per curare i propri autori migliori salvo poi vederseli scippare (chi firma i contratti? anche gli autori, no?) dai grandi.
    I premi non sempre (quasi mai?) sono una bussola autentica per trovare storie interessanti e libri da non sbattere contro il muro a pagina 10. Personalmente preferisco ancora il metodo antidiluviano: la buona recensione della persona di cui ho fiducia (domattina comprerò Brockmeier) o il passaparola, che poi sono la stessa cosa.
    I lettori sono consumatori, così vengono considerati: nel senso che si offre loro quel che chiedono. Chiedono Kinsella, c’è Kinsella. Chiedono Meyer, c’è Meyer. E via dicendo. Senza naturalmente parlare di paraletteratura ma il livello è questo. Meditiamo, senz’altro, insieme e continuiamo a farlo sempre. (Detto questo mi tocca confessare che le mie letture sono quasi sempre sghembe, marginali, poco allineate, molto giallo e noir, pochi best…)

  6. Non sapevo che Brockmeier fosse stato tradotto, mi fa molto piacere.
    Ho letto l’altro suo romanzo (The Brief History of the Dead, bellissimo) in inglese e adesso comprerò questo in italiano, anche per premiare la scelta di Terre di Mezzo.

  7. Mmm, rimango molto dubbioso su Brockmeier. Ho trovato il suo “Brief history of the dead” davvero scarso. Ottime idee di partenze, ottime potenzialita’, ma esecuzione brutta. Lingua semplice, al limite dell’infantile, e trama purtroppo noiosa in piu’ punti.
    Per questa volta, mi riservo il diritto di non seguire il suo consiglio (e magari sbaglio, eh, pero’ c’e’ troppa poca vita e troppi libri per dare una seconda chance a uno che mi e’ parso scarsetto).
    Su Acciaio, no comment. Sembra scritto con un software generatore di luoghi comuni.

  8. Loredana, grazie infinite per la segnalazione e per le parole che hai speso per la mia traduzione. È un romanzo che ho amato moltissimo, e lo consiglio anch’io – da lettrice e da amante dei buoni libri.

  9. La verità a proposito di Celia di Kevin Brockmeier è un romanzo che sembra fatto a scatole cinesi. E’ spiazzante, a tratti, ma la scrittura (ergo, la traduzione) lo rende a mio avviso avvincente in un crescendo emotivo di rara efficacia.

  10. Arturo: Michele Rossi me lo vedo proprio, guarda, a non dico parlar male pubblicamente, bensì a esprimere un microscopico dubbio su un libro appena edito dalla casa editrice di cui è dipendente e su cui la medesima, dato battage e tiratura, punta alla grande. Me lo vedo proprio, oh come me lo vedo.

  11. Ha fatto scuola Del Giudice l’anno scorso. Meglio di Marlon Brando quando mandò Sacheen Littlefeather a declinare l’Oscar per il Padrino. Magari la Avallone può andarci a vestita da Apache.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato.

Torna in alto