SCRITTORI CHE DIVENTANO LIBRAI

Così, chiude anche la Libreria Croce, uno dei luoghi storici di Roma. Un luogo che, è vero, apparteneva già al passato:  se guardate  l’elenco dei libri più venduti nella settimana dalla Croce, è difficile reprimere un moto di tenerezza. Magari non aggiornano il sito da parecchio, ma fa comunque un certo effetto trovare ai primi due posti Mia lingua italiana di Cesare Beccaria e Odio gli indifferenti di Antonio Gramsci, invece di Fabio Volo e Christopher Paolini (e non perchè la saggistica classica sia più meritevole della narrativa popolare: semplicemente, Volo e Paolini sono pessima narrativa, e punto).
Non è un sospiro sul cartaceo che muore, sia chiaro. Non credo affatto che il cartaceo, nonostante tutto, morirà. Rischiano di morire, e muoiono, le librerie indipendenti, non solo in Italia. Molti fanno spallucce, qualcuno si intristisce, alcuni si mobilitano, come possono.
A margine, notavo che nell’ultimo Follow Friday (la consuetudine di chi è su Twitter di indicare, il venerdì, una lista di utenti da seguire), il geniale gestore dell’account @Einaudieditore (Stefano Jugo) ha invitato a segnalare solo librerie indipendenti: qui trovate la lista. Altrove, avviene che siano gli stessi scrittori a farsi librai: lo racconta Mobylives!.
Potrebbe essere una soluzione? Non lo so: so che se non sono gli scrittori a muoversi, insieme ai lettori, post di questo tenore si moltiplicheranno. E aumenteranno coloro che commenteranno: “ecchisenefrega, su Amazon lo pago meno e arriva prima”. Contenti? Io no.

57 pensieri su “SCRITTORI CHE DIVENTANO LIBRAI

  1. @ Sara
    sul punto 3: premesso che suono, che scarico la musica e che acquisto anche i cd originali. Il sistema discografico è bene che sia crollato, anzi ancora non del tutto, visto che si aggrappa alla televisione. se pensiamo che su 20 euro di cd l’artista prende 1 euro qualcosa non va, allora è meglio oggi che ognuno si produce il proprio cd e se lo vende ai concerti. io col mio gruppo ho stampato 500 copie ( registrate alla siae, una mattinata folle a discutere con le funzionarie, e sugli spartiti fra una nota e l’altra mi scappavano degli scarabocchi ). in pratica ogni copia fra registrazione e stampa ci è venuta a costare 7 euro e qualcosa, quindi vendendoli a 10 euro ci esce poco, ma tanto fare i concerti è un impresa, i locali nella zona sono pochi e non pagano, e i locali dell’Italia giustamente neanche ci conoscono quindi è dura trovare le serate. ci sono però le agenzie. farcela significa suonare in giro per il paese e magari anche all’estero, guadagnando per vivere. dei milioni di album venduti fino ad oggi quanta musica spazzatura è stata pubblicata? quanti album si reggevano su due canzoni decenti? quanta gente si è arricchita senza avere la minima competenza musicale, grazie ad un sistema retto sul potere, cioè di decidere chi ha pubblicità e chi no, chi viene trasmesso in radio, in tv. il sottobosco musicale è stupendo, se proprio ho qualcosa da chiedere alla gente è di spendere meno per ubriacarsi e andare di più ai concerti nei locali. un locale dove aiuto se avesse maggior affluenza potrebbe pagare bene il gruppo e offrire una scelta musicale più diversificata invece che far suonare i generi preferiti per andare sul sicuro.

  2. @paperinoramone
    Ho lavorato nel settore musicale e credimi capisco perfettamente quello che dici.
    L’argomento è altrettanto complesso e ci sarebbero veramente un monte di cose da dibattere… un commento non basta nemmeno la metà.

    Nel mio intervento, quando parlo di guadagni dai concerti/live sottintendo artisti che hanno un contratto discografico con una major o con un’etichetta indipendente ben posizionata sul mercato.
    So bene che gli indipendenti e le autoproduzioni hanno vita magra in Italia.
    Ne ho visti e conosciuti tanti.
    Nel nostro Paese la musica viene spesso percepita come un passatempo, un rito di passaggio dall’adolescenza all’età adulta e non come un vero e proprio lavoro/passione/forma d’espressione artistica e… culturale.

    Ti faccio davvero il più grosso in bocca al lupo possibile

  3. @ Sara
    beh, grazie! poi insomma non è che debba andar bene per forza, la musica che scrivo mi piace ma non posso pretendere uno spazio a tutti i costi. rispetto a prima penso che stiamo meglio, nel senso che i problemi odierni riguardano il contorno, però una band ha la possibilità di ascoltare un sacco di musica, di comprarsi strumenti di qualità, di registrare e di pubblicare autonomamente e di farsi ascoltare. Poi parli con il gestore di un locale e ti dice di mandargli una mail con le informazioni sulla band e neanche ti risponde…

  4. Forse il mio intervento è regressivo, cioè non aggiunge nulla ma anzi parte da troppo indietro ma, premettendo che sono solo un lettore (consumatore di libri)… Chi lo ha detto che un libro deve costare “poco”? Su quali basi? In un altro post chiedevo se il prezzo di un ebook a 10 euro fosse molto o poco. La risposta non è scontata, dipende da una serie di fattori, ma in generale mi chiedo: perché gli ebook dovrebbero costare poco se poi sono duplicabili – o meglio se il loro contenuto è copiabile – gratuitamente all’infinito?
    E poi cos’è tutta questa mania per gli sconti su prodotti che non sono di prima necessità? Da quando lo sconto è un diritto? E perché la negazione dello sconto sarebbe la negazione di un diritto? Perché non si dovrebbero mettere tetti agli sconti deprimendo l’occupazione nel settore (altrove i tetti ci sono da anni ed il settore è molto più florido che da noi) solo per favorire i pochi grandi distributori, i (pochi) accumulatori compulsivi di libri, e tutti coloro che si lamentano che 20 euro per un libro sono tanti? Ma sulla base di cosa si dà questo giudizio (20 euro per un libro sono tanti) in un mondo in cui esistono le biblioteche, i canali per acquistare i libri usati, il passa-libro, la scannerizzazione illegale e casalinga dei testi, la proliferazione di librerie digitali consultabili gratuitamente, etc
    Non so, non capisco questi discorsi, non capisco inc he senso il prezzo del libro è troppo alto e necessità di uno sconto sistematico.

  5. @ Bernardo
    il prezzo dei libri non è troppo alto, è quello che è, e i libri se li possono permettere quasi tutti. si può discutere su quanto di questo prezzo arrivi agli autori e quanto si perda in rivoli ma non è questo il punto. si possono fare paragoni con l’estero per chi conosce la varie realtà.
    gli sconti rientravano in un discorso sulla concorrenza, gli e-store e le librerie di catene possono fare ottimi sconti per i lettori e le librerie indipendenti no, poi ognuno in cuor suo e in base alle proprie tasche agisce come meglio crede. per gli e-book io non me ne intendo, non ho mai letto libri in digitale, però per lo stesso titolo, il formato digitale dovrebbe costare in buona misura di meno che il cartaceo grazie agli abbattimenti dei costi di produzione, poi ovvio l’editore fa come vuole, a me e a te immagino che degli editori non ce ne possa fregare di meno.
    di libri ne compriamo anche troppi, poi stanno sugli scaffali a prender polvere, a sbirciarsi fra di loro. boh, ciao

  6. @ paperinoramone
    “il prezzo dei libri non è troppo alto, è quello che è, e i libri se li possono permettere quasi tutti”
    “di libri ne compriamo anche troppi, poi stanno sugli scaffali a prender polvere, a sbirciarsi fra di loro”
    Esatto, Mi basta questo, mi sembra che queste due tue frasi possano smorzare molti commenti accaniti su quello che sembra un nuovo diritto umano (ce ne sono così tanti ormai) del consumatore: il “diritto allo sconto”.

  7. In effetti questa cosa che i libri siano troppo costosi l’ho sempre considerata una mezza bufala. E’ vero che a volte certi libri costano troppo. A volte ci sono motivi – per esempio saggi un po’ specializzati rivolti a un pubblico ristretto – a volte no. A volte il rapporto prezzo/pagine è troppo alto (sì che un capolavoro può essere anche molto breve però…) ma anche i libri più costosi costano quanto o meno di un pranzo a un ristorante medio…

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