STORIE DI DEE, PER ASPETTARE IL MATTINO-1

Sto tornando a raccogliere materiale da qualche mese, e da ultimo con più regolarità. Dunque, oggi e per qualche giorno vi parlerò di dee: intanto, comincio a postare qui, a puntate, l’intervento fatto a luglio al Mattatoio di Roma per Gaia. Magari serve, magari no. Passo passo, come sempre.
C’è qualcosa di meraviglioso e irripetibile nel grido del marinaio che annuncia la morte di Pan. La nave è nei pressi di Paxos, vi è anzi trascinata dalla corrente perché il vento cade improvvisamente. I passeggeri stanno cenando, bevono vino. Da Paxos si ode una voce, come di uno che chiami, e chiama Thamus, il pilota egiziano. Lo chiama due volte, e Thamus tace. Alla terza risponde. E la voce dice: “Quando sarai a Palodes, annuncia che il grande Pan è morto”. C’è, com’è giusto, sbalordimento. Chiamato a decidere, perché in ogni storia fantastica bisogna fare una scelta, Thamus lascia la scelta al caso, o al caos: se ci fosse stato vento, avrebbero costeggiato la riva in silenzio, se invece avessero trovato bonaccia, avrebbero riferito la notizia. A Palodes non c’era un soffio di vento, non un’onda. Allora Thamos, a gran voce, dalla poppa della nave, annunciò, rivolto verso la terra: “Il grande Pan è morto”. E dall’isola si levò un pianto collettivo.
Di chiunque fosse figlio il dio Pan, se di Ermes o di Zeus, è l’unico dio che muore. Ed è l’unico dio in grado di suscitare timore con il suo grido, di sollecitare la carne e l’istinto, certo, ma anche di evocare la morte, essendo morto egli stesso. Chi guarda Pan, cambia irreversibilmente. Eppure, è anche una garanzia, perché impedisce che si liberino gli orrori di cui gli esseri umani sono capaci: è come se, vedendo un hobbit precipitare nel fuoco con un anello magico o un drago che scioglie in un fuoco altrettanto potente un trono di ferro, ci sentissimo rassicurati sull’ordine delle nostre vite, che quiete rimarranno se decidiamo di non superare i confini, e limitarci ad ascoltarne il racconto. Pan è il caos, il non conoscibile, il disordine che temiamo. Caos nasce per primo, e subito dopo nasce la protagonista di questa storia. Gaia.
E nacque dunque il Càos primissimo; e dopo, Gaia
dall’ampio seno, sede perenne, sicura di tutti
gli Dei ch’ànno in possesso le cime nevose d’Olimpo,
e, della terra dall’ampie contrade nei bàratri, il buio
Tàrtaro; e Amore ch’è fra tutti Celesti il piú bello,
che dissipa ogni cura degli uomini tutti e dei Numi,
doma ogni volontà nel seno, ogni accorto consiglio.
Intorno al settecento avanti cristo, Esiodo compila la Teogonia. E’ qui che conosciamo Gaia, Gea, la Terra. Nella mitologia di Esiodo, Gaia è ovviamente indispensabile: ma la centralità viene data a coloro con cui si unisce, a coloro che partorisce. In principio, da sola e senza congiungersi a nessuno, ci dice Esiodo, Gaia genera Urano, i monti, le Ninfe, il mare. Unendosi a Urano genera i dodici Titani, i tre Ciclopi e i tre Centimani. Ma lo sposo impedisce che i figli escano dal grembo materno. Gaia, allora, costruisce una falce e invita i figli a ribellarsi contro il padre. Solo Crono risponde all’appello della madre ed appena Urano si stende nuovamente su Gaia, lo evira. Il sangue versato dal membro di Urano gocciola su Gaia: da quel sangue nascono le Erinni, le dee della vendetta.
Il mito greco di Gaia è solo uno fra i molti che dai secoli si allungano fino a noi e che narrano di un potere femminile che è destinato a svanire presto se non nella sua capacità di generare. Quando Simone De Beauvoir scrive Il secondo sesso, sa che la biologia non basta a fornire risposte sul perché la donna sia stata al di fuori del mondo maschile: e sa che è necessario capire, dunque, come la natura sia stata rielaborata -da altri- in lei nel corso dei secoli. Il più potente degli strumenti utilizzati in questa rielaborazione è stata la creazione – maschile – di un regno femminile dove trionfano la vita e l’immanenza, e dove le donne restano rinchiuse. Così scrive infatti:
“Essa è la regina del cielo, rappresentata da una colomba; è anche l’imperatrice degli inferi. Ne esce strisciando, e il serpente la simbolizza. Si manifesta nelle montagne, nei boschi, sul mare, nelle sorgenti. Dovunque essa crea la vita: se uccide, risuscita. Capricciosa, lussuriosa, crudele come la Natura, propizia e temibile a un tempo…Ha nome Ishtar a Babilonia, Astarte presso i popoli semitici, e presso i Greci Gaia, Rea o Cibele…Idolo supremo nelle lontane regioni del cielo e degli inferi, la donna è circondata in terra di tabù come tutti gli esseri sacri, è ella stessa tabù; i poteri che detiene la fanno considerare una maga, un’incantatrice”.
Nel suo contenere mistero, nel suo essere Madre e Dea, la donna non è mai una simile dell’uomo, perchè il suo potere si afferma “al di là del regno umano”. E dal momento che sono stati comunque gli uomini a creare la Dea, gli uomini possono annientarla: “C’è sempre un tempo in cui vicino alla dea madre sorge un dio, figlio o amante, che la sostituirà nel culto”, scrive Simone De Beauvoir.
Alle dee verranno lasciati piccoli regni, molto spesso isole da dove esercitano con malizia arti magiche che intrappolano i viaggiatori. Sette anni Ulisse è fermo a Ogigia, sotto l’incantamento amoroso della ninfa Calipso, che si rifiuta di farlo partire e cederà solo all’ordine di Hermes, e dunque di Zeus. Prima di arrivare da Calipso, c’era stata Ea, dove dimorava Circe “dai riccioli belli, dea tremenda con voce umana”, figlia del Sole e di Perseide. Già allora, si sapeva che le dee sono pericolose, e così le maghe, che dimorino nell’isola di Venere o nei giardini di Klingsor. Come Alcina che, insieme alle sorelle Morgana e Logistilla, nell’Orlando furioso, vive in un’isola al di là delle colonne d’Ercole. Anche Alcina trasforma in animali o piante gli innamorati che non le vanno più a genio, come succede ad Astolfo, che viene mutato in pianta di mirto. Ma poi lo salva Ruggiero e a sua volta cade prigioniero dell’incanto di Alcina, la quale, ormai vecchia, grazie ai suoi poteri magici gli appare come una giovane donna fascinosa. E quando infine il cavaliere dovrà spezzare l’incantesimo, spezzerà anche il proprio cuore, come canta in Verdi prati, selve amene nell’Alcina che Haendel trasse da Ariosto.

Un pensiero su “STORIE DI DEE, PER ASPETTARE IL MATTINO-1

  1. La conferenza stampa di presentazione del movimento I-Dea si è tenuta oggi a Roma, in un hotel a ridosso del Pantheon. La portavoce del movimento, Cerere, ha illustrato ai giornalisti la composizione e le finalità di questa nuova formazione.
    “Il nostro scopo – ha spiegato Cerere – è riportare all’attenzione della collettività l’opera ignorata dal potere maschilista tecnologico di noi dee della fertilità. Con la rivoluzione industriale il capitalismo occidentale ha soppresso, tramite la complicità della Chiesa di Roma, il contributo unico di noi femmine superiori nel progresso dell’umanità. Ma la sensibilità odierna ai temi ecologici della rivoluzione verde ci dà la possibilità di riaffermare il nostro ruolo centrale come divinità ambientali. Ci riproponiamo come dee 2.0, integrate nei social media, pronte a guidare gli umani nelle nuove sfide a cui ci chiama il climate change. Speriamo che la nuova sensibilità delle gerarchie cattoliche possa aiutarci in questa nostra impresa”
    Cerere ha poi passato il microfono a Cibele, che ha illustrato le iniziative in programma. “Chiederemo che in tutti gli edifici pubblici, accanto ai simboli cristiani o al posto di essi, siano presenti anche nostre effigi propiziatorie. Abbiamo il diritto alla parità di culto: perché, ad esempio, sugli altari non dovrebbero anche essere presenti delle statue mie, di Nantosuelta, Chimalman o Inanna? Il rifiutarsi di includerle sarebbe un eurocentrismo razzista, sessista e irrispettoso delle tradizioni dei popoli alla luce del multiculturalismo, una chiusura degna dei secoli bui medioevali. Una violenza che speriamo possa essere presto repressa con la forza della legge.”
    “Nei prossimi mesi – ha continuato la divinità dell’amore – abbiamo in programma una serie di iniziative ed avvenimenti culturali, che culmineranno in un evento musicale in cui si esibiranno la dea Inari e il suo supergruppo di Idol giapponesi. Lanceremo una campagna sui social tramite influencer, con il tag #saremoadorabili. Avremo poi una serie di incontri con esponenti politici e religiosi di tutto il mondo per esporre le nostre richieste. Abbiamo grandi speranze: sappiamo essere molto convincenti, quando possiamo entrare in rapporto con le persone. Lo sosteniamo da sempre, #loveislove”. E chi più di noi può darlo?
    Rispondendo alle domande dei giornalisti, Cerere ha anche descritto alcune difficoltà. Alla domanda se spera che le richieste verso la Chiesa cattolica avranno successo, ha ammesso: “Abbiamo una solida base di consenso tra certi ordini di suore e tra alcuni alti esponenti della gerarchia. L’idea di sacerdotesse a noi dedicate, già presenti in alcune confessioni protestanti, sta conquistando terreno. Devo dire che il compito è però difficile, in quanto in questo momento in Vaticano non c’è sensibilità sull’argomento della fertilità. Ci sono molte resistenze. Sapete dell’ostilità preconcetta da cui è stata accolta la nostra amica e collega amazzonica in certi ambienti. La nostra delegazione non è stata ancora ricevuta ai massimi livelli, mentre invece esponenti della nostra controparte maschile – Priapo, Bes e i loro sodali – hanno potuto esporre privatamente le loro richieste.
    C’è chi ha espresso il dubbio che questo possa essere dovuto all’atteggiamento molto disinvolto di questi dei verso la morale sessuale, ma la dea Kokopelli lo ha negato, in quanto neanche Venere e le altre dee con diverse sensibilità sul tema hanno ancora ricevuto risposta alle loro domande.
    Alla questione se il loro atteggiamento non sia in qualche maniera retrogrado, alla luce delle conquiste femminili recenti, Iside ha affermato “Niente affatto! Noi siamo sempre state molto aperte per quanto riguarda gli argomenti come il divorzio, l’aborto, l’eutanasia e la liberalizzazione delle droghe. Noi facevamo tutte queste cose ben prima della fondazione di questa città. Nel passato è il nostro futuro, e anche il vostro. Siamo esperte: molte di noi sono anche divinità della morte. Abbiamo in programma di chiedere una legge per permettere il sacrificio dei bambini fino ai cinque anni d’età. Perché fare soffrire degli innocenti, quando il loro rientrare nel cerchio della vita potrebbe apportare conforto al resto dell’umanità? Per questo e altro ci proponiamo per diventare, come un tempo, la guida degli esseri umani. Non prevaricheremo nessuno, ma pretendiamo i nostri diritti. Chiediamo solo di essere adorate.”
    Sul’accusa, rivolta da ambienti tradizionalisti, di essere demoni, la dea ha replicato: “Non ci poniamo come opposizione a Dio, piuttosto come un’alternativa”.
    La conferenza stampa è stato un successo, nonostante un momento di imbarazzo quando uno dei presenti ha chiesto se le dee sapessero nuotare.

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