STORIE DI DEE PER ASPETTARE IL MATTINO- 5

Smartworking (e per fortuna, e grazie, e so che è un privilegio). Lavorare o provare a farlo nel solito condominio più pazzo del mondo con vicini ossessivi che fanno fracasso. Respirare. Tornare ancora alle mie dee. Ultima puntata dell’intervento per Gaia, al Mattatoio. Quando era luglio e ogni cosa sembrava più luminosa. Ma l’estate arriverà, infine.
Gaia, Dea, Sibilla. Come si trasforma la Sibilla in Santa, come si crea il doppio, come si trasforma una Signora in serva, consegnandola all’oblio insieme al suo corteo di fanciulle che danzano con piede di capra, contrastando il sentiero dei santi e degli apostoli? Intanto, facendone la maestra della vergine. Avviene in una delle leggende che riguardano il lago di Pilato, che insieme alla grotta costituiva il grande richiamo per i negromanti. Lo chiamano anche Averno, ed è sotto la cima del Monte Vettore, a 1940 metri di altezza, e un tempo un muro di cinta teneva lontano gli aspiranti stregoni, e per scoraggiarli ancor di più si pose una fila di forche lungo il cammino, e si arsero streghe nelle piazze delle città, e per compiacere i demoni del lago si gettarono prigionieri nelle acque, ed eretici vennero fatti a pezzi e i brandelli tuffati nel fondo. Il lago è a forma di occhiale ed è rosso, perché un piccolo crostaceo, il Chirocefalo del Marchesoni, vive solo qui, e di rosso lo tinge. Qui si gettavano i libri del comando e prima ancora si evocava il demone, e si tracciavano dunque cerchi in terra posizionandosi nel terzo.
Joyce Lussu ha raccontato la leggenda che trasforma Gaia, e la Dea, in Madonna.
Sul monte Vettore c’è infatti la sorgente della Madonna del Telaio e la leggenda vuole che questa madonnella fosse furente per la morte del figlio e volesse, proprio lei, vendicarlo. Così si fa assumere da Pilato come sguattera, ed essendo una brava erborista, gli prepara tisane e impacchi per guarirlo dalla gotta ed entrare nelle sue grazie. Ci riesce e diventa la sua cuoca, con l’idea di avvelenarlo. Proposito che si rivela difficile, perché Pilato ha un assaggiatore, e la madonnella non vuole uccidere un innocente. L’occasione giusta si presenta quando Pilato decide di tornare a Roma, portando con sé alcuni schiavi di fiducia, fra cui Maria, e durante il tragitto visita una sua vigna che si trovava sulla via Salaria, e sale sul carro trainato da due buoi invitando la madonnella ad accompagnarlo per curarlo con le sue erbe se il cibo grasso dei contadini dovesse infastidirlo. Durante il viaggio Maria tira fuori la corona di spine con cui hanno crocifisso il figlio: ha intriso le punte con un veleno che conduce alla follia e al momento giusto la spezza a metà e conficca le due parti sotto le code dei buoi che, folli di dolore, fuggono come il vento sulla via. “Morirai di mala morte”, sibila la madonnella inferocita a Pilato. E intanto i buoi impazziti lasciano la strada, salgono in cima al monte dove c’è il lago degli occhiali e se ne vanno giù uno di qua e uno di là, cosicchè il carro si spezza e Ponzio Pilato affoga e in superficie appaiono animaletti rossicci che si nutrono del suo sangue, e renderanno rosse per sempre le acque. Maria ritorna a galla, si arrampica su una pietra e piange, perché è sola e infreddolita e triste e la vendetta non la appaga. Dio le manda allora due angeli che vogliono portarla in Paradiso ma lei no, da quello non ci vado, dice, non voglio vederlo, quello che mi ha messa incinta e sapeva come sarebbe andata a finire e nessuno mi ha mai chiesto niente, del resto, e andatevene via, voi due, o vi strappo le penne. La madonnella, rimasta sola, vaga, scende dal Vettore, sale sul monte Ascensione, beve alla sorgente, raccoglie erbe per mangiare e piange. Ed è a quel punto che arriva la Sibilla e la consola, e le dice di dimenticare, e di diventare una donna come le altre. Per questo, per la sua nuova esistenza, le dona un telaio, con cui possa filare storie di vita e non di morte.
La Madonna che tesse è allieva della Sibilla, e sette chiese dedicate a Maria si trovano in sette punti dei monti Sibillini che rispecchiano, dall’alto, la costellazione della Vergine. Vola nelle Marche la Madonna di Loreto e vola la signora del Corso, la padrona del Sabba, che era detta Sapiente Sibilla, e volano le donne della compagnia di Diana nel gioco notturno raccontato da Carlo Ginzburg. Vola, ma assistita da Giovanni Battista, Nicola da Tolentino e sant’Agostino, Santa Rita da Cascia, che come la Sibilla possedeva il potere di guarire e divinare, e la potenza della Sibilla e quella della Santa degli Impossibili si incrociano, così come si mescolano l’acqua sacra di Rita e quella della ninfa Porrina, che prevede l’arrivo della santa come “la margarita che brillerà”, e proprio a Roccaporena e Cascia si riuniranno i benandanti che si opporranno infine alle streghe, e davvero infine si mischia tutto, il disco solare sulla chiesina delle Scalelle a Montegallo, e Iside e Demetra, e il telaio d’oro e le erbe magiche di Santa Polisia, e Astarte e Ildegarda di Bingen che fu detta Sibilla del Reno, e alla fine di questo ci interroghiamo su cosa resta del mito, su cosa ne sappiamo, sul significato che diamo alla prima delle dee, a Gaia, tante volte evocata in questi ultimi anni in cui ne temiamo la sparizione, e la fine del mondo che conosciamo. Sono le parole di una scrittrice ad aiutarci.
A maggio 2019, Sandra Newman, autrice del bellissimo I cieli (che è un romanzo fantastico), dice che siamo pieni di distopie, ma che abbiamo smarrito l’utopia. E’ stata la catastrofe del ventesimo secolo a favorire la distopia, e oggi l’utopia cristiana diventa la Gilead del Racconto dell’ancella di Margaret Atwood, e le innovazioni tecnologiche diventano la possibilità di nuove atrocità come in Non lasciarmi di Kazuo Ishiguro. O nel terribile Omelas di Ursula K. Le Guin, dove la felicità dei cittadini si deve all’eterna tortura di un bambino. Eppure, la nostra vita, vista dagli occhi di un abitante del diciassettesimo secolo, è utopia. I bambini raggiungono l’età adulta, le donne camminano insieme agli uomini, si va a scuola. Offriamo da sedere agli invalidi, cuciniamo per parenti in crisi, aiutiamo gli stranieri. Quasi tutti soffrono nel rifiutare un aiuto a chi lo chiede. Certo, le regole del cinismo e del nichilismo ci hanno portato in luoghi pericolosi, le democrazie vengono erose da brutali demagoghi, siamo nel mezzo di un’estinzione di massa, i nostri sogni di una vita migliore vengono avvelenati. Bisogna reagire, dice Sandra Newman: “non c’è nulla di vergognoso, infantile e irrealistico nel volere un mondo migliore. Dobbiamo lasciarci alle spalle la superstizione che ogni tentativo di risolvere i nostri problemi finisca nella distopia di Orwell. La storia ci insegna che le buone intenzioni non sono un segno di fallimento: dobbiamo permetterci di ragionare in termini utopistici, e di agire pragmaticamente per farli diventare realtà”. Così come Gaia, se crediamo al mito, creò la realtà che tocchiamo.

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