SUPEREROI SUPERDOTATI SALVAPEDONI: CAPITAN TRENTA

Luglio, anno corrente. I giornali danno la notizia di una campagna di bikeitalia. Campagna civile per i limiti di velocità. Questo il testo:
“Un nuovo supereroe si aggira per le città allo scopo di salvare vite umane: il suo nome è Capitan Trenta ed è il paladino di pedoni e ciclisti. Con ironia. E’ il protagonista di un fumetto di bikeitalia.it allo scopo di diffondere consapevolezza riguardo all’importanza di ridurre la velocità nelle nostre città. Disegnato da Vito Manolo Roma. Città come Saronno, Reggio Emilia, Ferrara, Catanzaro e Caserta hanno già introdotto il limite 30 km/h nell’area comunale, proprio come a Parigi dove la riduzione della velocità entrerà in vigore in ben 560 km di strade”.
Che bello. Che bravi. Confesso che ignoravo l’esistenza di Capitan Trenta, colpevolmente. Poi, sabato sera, alla fine di un incontro a LogosFest su femminicidio, orrido decreto legge, linguaggi, cultura e quant’altro, Stefano Ciccone (MaschilePlurale) mi chiede se avessi visto il fumetto. Ho risposto di no, ma ho provveduto.
E ora ve lo racconto.
Capitan Trenta somiglia molto, anzi moltissimo, a Capitan America: solo che ha un bel “30” stampigliato sulla fronte. Bene: in una tranquilla giornata primaverile due bimbi giocano a pallone in un ridente giardino. Il pallone sfugge di mano, finisce in mezzo alla strada e giunge minacciosa una macchina pronta al macello. Ma Capitan Trenta è in agguato e dice: “Per tutte le MILF, devo fare qualcosa”. MILF. Se non conoscete l’acronimo, è semplice scioglierlo: sta per  Mother I’d Like to Fuck (“Madre che mi vorrei scopare”), ovvero appetibile signora matura.
Detto, fatto, il valoroso Capitano blocca l’automobile rallentandola fino a trenta chilometri orari. Il sudato guidatore ringrazia e ringrazia anche la mamma cui viene riportato il figliolo: lo fa uscendo di casa in accappatoio semiaperto e gridando “Non so proprio come ringraziarti”. “Io un’idea ce l’avrei”, sogghigna Capitan Trenta. Dissolvenza. Penombra. Capitan Trenta di spalle, ignudo eccezion fatta per gli stivaletti. Volto estatico della casalinga sdraiata sul letto, che esclama: “Ma…io….pensavo che il trenta si riferisse alla velocità massima”. Invito: “Diventa anche tu un eroe come Capitan Trenta”. E ce l’avrai lungo, si suppone e perdonate la brutalità.
Garantisco: è tutto vero e si può leggere qui.
E’ ironico, diranno sicuramente gli autori del fumetto. Anzi, l’hanno detto: non solo definendolo “trash”, ma spiegando:
“Abbiamo deciso di utilizzare l’ironia per promuovere un messaggio che troppo spesso si scontra con pregiudizi di diversa natura: nel nostro paese l’uso indiscriminato e privo di regole dell’automobile è un diritto sancito da una regola non scritta ma comunemente accettata da tutti. Ci auguriamo che una sana risata possa aprire gli occhi di molte persone su come si possa contribuire a rendere le nostre città dei luoghi più vivibili” fa sapere Paolo Pinzuti, sceneggiatore del fumetto e in forze nella neonata testata giornalistica, Bikeitalia.it”.
Intento lodevole: ma l’uso dell’ironia si basa su un livello di lettura che presuppone che vengano colti i riferimenti al fumetto originale, intanto. E poi, senza rifare i vecchissimi discorsi sull’ironia usata come ombrello sotto cui accogliere ogni possibile sbuffo misogino (e non solo), in cosa, di grazia, sarebbe ironico un fumetto che deve promuovere un comportamento civile come il rispetto di una bassa velocità quando si guida in un centro urbano proponendo l’accostamento: “Vai piano e diventerai un superdotato”? Siamo ancora a questo punto?
Forse, in effetti, sì.
Ps. C’è una seconda parola che andrebbe risemantizzata, oltre a ironia: creativo.

14 pensieri su “SUPEREROI SUPERDOTATI SALVAPEDONI: CAPITAN TRENTA

  1. Ma che geni, questi qua! Se ho ben capito, la lodevole intenzione è quella di promuovere la scissione del binomio macchina potente-arnese performante: non è vero niente, trombi di più e ce l’hai più lungo se vai piano. Magari eviti pure problemi di eiaculatio precox, ecco. Ma hanno preso un master in psicologia, per fare un fumetto così?

  2. The Minnesota Daily, 27 Febbraio 1997: Intervista di David Wiley
    Wiley: Nel tuo saggio E Unibus Pluram parli dell’ironia in televisione e qualche volta nella narrativa come qualcosa di tossico.
    David Foster Wallace: Vedi, questo è il lato difficile nel parlare di argomenti di questo tipo – ci vogliono 60 pagine di saggio solo per sviluppare la questione, e andrà a finire che mi sentirò davvero a disagio a parlare di qualcosa che dovrò improvvisare sul momento. Ora, il punto del saggio è che la funzione ironica nella narrativa postmoderna sia nata con uno scopo riabilitativo. Generalmente, ci si aspettava che demolisse l’ipocrisia – una certa maniera ipocritamente compiaciuta in cui il paese percepiva sé stesso che non poteva semplicemente più essere preso per vero. Il problema è che quando l’ironia diventa di per sé stessa solo uno stile di comunicazione sociale non andrà più a cambiare granché, è solo una moda, un modo fico di fare qualcosa – di parlare e agire, prendersi gioco all’incirca di qualsiasi cosa, te stesso compreso, restando terrorizzato all’idea di essere proprio tu l’oggetto della presa in giro. Buona parte di quest’idea proviene dal lavoro di un saggista chiamato Lewis Hyde, il quale credo abbia vissuto per un po’ a Minneapolis. Il suo era un saggio su John Berryman – credo di averlo citato in Una cosa divertente che non farò mai più. In ogni caso, Hyde parla dell’ironia come qualcosa che diviene gradualmente la voce di un prigioniero che finisce per amare la sua reclusione. Il verso di un uccello a cui piace stare in gabbia. Per esempio, se mi sento a disagio di fronte a come la cultura sia commerciale e a come tutti quanti sembrino fare capolino solo se c’è un dollaro da spremere, io decido che va bene, lo farò anch’io, ma lo farò pieno d’autoironia dicendo “Sono una troia, proprio come tu sei una troia”, e tutti ci facciamo una bella risata a denti stretti. Ma in qualche modo siamo partiti da una situazione che da principio non mi piaceva, a cui magari rinunciare costa molto, ma invece io prendo la strada più facile, sempre comunque sventolando questa patente d’ironia che mi esime da qualsiasi critica. Questo potrebbe essere il modo più veloce di affrontare l’argomento. Credo che la gente della mia età e anche i più giovani siano legati da quest’ironia, che rimane perlopiù a livello inconscio e perlopiù usata come meccanismo per evitare qualsiasi tema spinoso – è questo che penso sia tossico. L’ironia, di per sé stessa, è fantastica. Uno dei principali modelli retorici. Esiste da sempre. È di una potenza assoluta. Non c’è niente di sbagliato, di per sé stessa.
    W: Credi che la stessa cosa valga per la satira?
    DFW: Penso che chiunque faccia satira, e probabilmente ne ho fatta un po’ anch’io – c’è questa implicita, sotterranea idea che facendo satira creeremmo le giuste motivazioni per dare forza al cambiamento. Cosa che nei fatti non avviene realmente. Ma almeno stiamo usando la satira come segnalazione: metto in ridicolo questo spettacolo, così grottesco e inaccettabile, e di conseguenza motivo la gente a darci un taglio. Ma quando la satira e l’ironia divorziano da quel progetto, diventano un modo di comunicare fine a se stesso. E qua credo che le cose comincino a diventare oscure.
    – See more at: http://www.medeaonline.net/?p=13912#sthash.7Unf1ltn.dpuf

  3. Per sensibilizzare alla manutenzione degli impianti termici e quindi al controllo dell’inquinamento, propongo la vecchia canzone popolare dello spazzacamino:
    E dopo aver mangiato
    mangiato e ben bevuto
    gli fa vedere il buco…
    il buco del camin.
    Mi spiace giovanotto
    che il mio camin l’è stretto
    povero giovinetto
    come farai a salir.
    Non dubiti signora
    son vecchio del mestiere
    so fare il mio dovere
    su e giù per il camin.
    E dopo quattro mesi
    la luna va in crescenza
    la gente va dicendo
    quello è lo spazzacamin.

  4. 😀 Notavo, in effetti, la finezza con cui “Capitan Trenta” o il suo ideatore risponde nel post che ho linkato a una commentatrice che esprime il suo dissenso:
    “Che palleee! Sempre le stesse squallide boiate menose da femministe sessiste del cazzo, che devono sempre sputare merda su uomini che fanno ironia, in questo caso anche un bel gioellino di fumetto. Ma poi che poema malefico che hai scritto..bigotta!!! Imparate ad essere ironiche e non rompete i coglioni! E finitela di trattarci sempre come delle merde!”

  5. “devono sempre sputare merda su uomini che fanno ironia, in questo caso anche un bel gioellino di fumetto”… ma proprio senza pudore! Quella merda di vignette sarebbero un gioiellino di fumetto? Ma per favore! Io i fumetti li leggo da quando avevo sei anni, adesso ne ho 48 e ne leggo più che mai, dato che uno dei pochi vantaggi dell’età è un portafoglio all’altezza della qualità ricercata. E senza tema di smentite sentenzio che quella roba è merdaccia, come chiunque può constatare anche senza aver mai letto un fumetto in vita sua. Del resto, per fare una provocazione intelligente ci vuole talento. Che mica lo vendono al chilo, come ben sa il povero Salieri (che però nelle sue composizioni rispettava almeno criteri di buon gusto, al contrario di questi qua).

  6. Oddio che ironia trasgressivissima provocatoria e dissacrante, mi ribalto dalla dissacranza… Perfettamente a fagiuolo le considerazioni di David Foster Wallace sull’ironia, ma figurati se Capitan Trenta conosce DFW, al massimo Lando tre palle.

  7. Concordo con te Loredana, ma che palle veramente! Ma è cattivo gusto direbbe mia madre, e pure io.
    Per quanto riguarda la parola creativo, ho tra le mani il pieghevole di una ‘università popolare’ della zona, che organizza corsi: di fotografia, di lingue, di comunicazione, di musica, e di…creatività. Su 6 attività creative, 3 sono per bambini tipo pittura e riciclo, gli altri 3 sono: maquillage donna-teoria e pratica, trucco artistico, tecniche e pratica del cucito di base. Questa è creatività? Sono messa male.

  8. Per vostra delizia, vi riporto alcuni tweet a me diretti da Paolo Pinzuti, che dimostrano la pregnanza delle argomentazioni:
    @LaLipperini grazie al cazzone di Capitan30 si è parlato del limite a 30 km/h. Bene così.
    LaLipperini e io t rispondo che sei stupida perché non capisci che la caciare che sollevi fa parte del gioco
    @LaLipperini la sfumatura sessista permette anche a una bigotta come te di pensare alla sicurezza stradale

  9. Direi che la capacità dialettica e la cogente logica argomentativa di Pinzuti hanno stroncato ogni ulteriore dibattito. Perfino i miei studenti di terza superiore si sforzerebbero di trovare un’argomentazione più solida, dato che sono persone serie.

  10. Perché se dico che “i neri dovrebbero lavarsi di più, così magari si sbiancano” o che “gli albini dovrebbero prendere un po’ di sole” sono considerata (giustamente) volgare e razzista ma se si fanno battute squallide sulle donne “è solo umorismo”?

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato.

Torna in alto