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Mi chiedo come si possa citare Capitini a proposito di armi, a meno di non aver letto l’articolo 12 del suo Ragioni della nonviolenza, di cui oggi pubblico la seconda e ultima parte. O a meno di aver compreso e infine accettato e deciso di sostenere un pensiero militaresco in cui siamo scivolati mese dopo mese, e che sembra non turbarci più, o turbarci molto poco. In “Mai devi domandarmi” Natalia Ginzburg scriveva: “La vecchiaia vorrà dire in noi, essenzialmente, la fine dello stupore. Perderemo la facoltà sia di stupirci, sia di stupire gli altri. Noi non ci meraviglieremo più di niente, avendo passato la nostra vita a meravigliarci di tutto; e gli altri non si meraviglieranno di noi, sia perché ci hanno già visto fare e dire stranezze, sia perché non guarderanno più dalla nostra parte. […] L’incapacità di stupirsi e la consapevolezza di non destare stupore farà sì che noi penetreremo a poco a poco nel regno della noia. La vecchiaia s’annoia ed è noiosa: la noia genera noia, propaga noia intorno come la seppia propaga l’inchiostro. Noi così ci prepareremo ad essere assieme e la seppia e l’inchiostro: il mare intorno a noi si tingerà di nero e quel nero saremo noi: proprio noi che il colore nero della noia l’abbiamo odiato e rifuggito tutta la vita. Fra le cose che ancora ci stupiscono c’è questo: la nostra sostanziale indifferenza nel sottostare a un simile nuovo stato. Tale indifferenza è provocata dal fatto che a poco a poco veniamo cadendo nell’immobilità della pietra”. Credo che ci stia succedendo questo, indipendentemente dall’anagrafe. Ma speriamo, comunque.

“La nonviolenza è la porta da aprire per non sentirsi soli. La nonviolenza cerca sempre di essere con gli altri. E questo è molto importante oggi, perché sta dilagando il bisogno di una democrazia diretta, dal basso, con il controllo di tutti su tutto. Contro i poteri imperiali dei capi degli eserciti e delle industrie che li servono (private o statali), la democrazia diretta costituirà i suoi strumenti con la continua guida della nonviolenza, per smontare la varia violenza dei potenti (violenza burocratica, giudiziaria, nella scuola, nel lavoro, negli enti di assistenza, nella stampa e nella radio), non con assalti sanguinari che non trasformerebbero, ma con la preparazione al controllo serio e aperto.”
Così la decima (di venti) ragione della nonviolenza di Aldo Capitini. Le pubblico in due parti, per ricordare a chi lo cita a sostegno delle armi che non sarebbe stato molto d’accordo.

Ho conosciuto Pietro Pinna, primo obiettore alla leva, attraverso un manifesto. Un volantino, per meglio dire: niente immagini, tutto testo: “4 novembre, non festa ma lutto”.  E sotto, in caratteri più piccoli: “per le autorità militari, civili e religiose (?!) questo è un giorno di festa. Per le masse popolari è un giorno di lutto”. In fondo, una frase che avrei sentito nominare spesso in quella metà degli anni Settanta: “Né un uomo né un soldo per la guerra! No a tutti gli eserciti”.

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