BIBLIOGRAFIA DISARMATA: ALDO CAPITINI (PRIMA PARTE)

Aldo Capitini (1899-1968). E cosa posso dire io, più di quanto hanno detto gli altri, su Aldo Capitini? Altri dicono e scrivono meglio di me dell’immenso filosofo e pensatore e attivista della nonviolenza. Vi invito, per esempio, a leggere quanto propone tutti i giorni Pasquale Pugliese (soprattutto in questi giorni), e a consultare cosa scrive e fa il Movimento nonviolento su  Azione Nonviolenta, sia negli archivi sia nella campagna di obiezione alla guerra nel nome, appunto, di Pietro Pinna .
Quello che posso fare, e lo faccio grazie al libro di Pasquale Pugliese, Introduzione alla filosofia della nonviolenza, è pubblicare, oggi e domani, le 20 ragioni della nonviolenza di Capitini. Lo faccio perché da ultimo, con sorpresa non solo mia, molti illustri pensatori favorevoli alle armi citano Capitini. Al punto che, come scrivevo ieri su Facebook, mi vien voglia di vedere il suo fantasma che spunta come Marshall McLuhan in Io ed Annie, a confutare i citanti che lo coinvolgono dove non vorrebbe essere coinvolto. Vediamo se le sue parole sono sufficienti. Domani, le altre dieci.

Aldo Capitini: 20 ragioni della nonviolenza (da 1 a 10)

1. La nonviolenza prende in considerazione il nostro rapporto con gli altri esseri viventi, con la fiducia di renderlo sempre più reciprocamente amichevole, comprensivo, soccorrente, lieto, malgrado le difficoltà che gli altri stessi possono metterci. Questa fiducia non cessa di colpo al confine degli esseri umani e spera anche per gli esseri viventi non umani; ma si rende conto che la storia con la sua spinta vitale ha separato da noi finora questi esseri (animali e piante) in forme di più difficile educazione, trasformazione, liberazione.
2 La nonviolenza è aperta all’esistenza, alla libertà, allo sviluppo di ogni essere. Quando nel Settecento sono stati banditi i principi di libertà, eguaglianza, fratellanza, non è stato fatto tutto. La libertà era più la libertà propria come diritto che la libertà degli altri come dovere;l’eguaglianza era un bel principio, ma si fermava a metà perché restavano i miseri e gli sfruttati; la fratellanza era più quella generica con i lontani che quella difficile, nonviolenta e perdonante verso i vicini.
3 La bellezza della nonviolenza è che essa preferisce non di distruggere gli avversari, ma di lottare con loro in modo nobile e dignitoso, con il metodo nonviolento, che fa bene, prima o poi, a chi lo applica e a chi lo riceve. In fondo è più coraggioso volere vivi e ragionanti gli avversari, che farli a pezzi.
4 Ma sarebbe errore credere che la nonviolenza consista nel non fare nulla, nell’incassare i colpi, le cattiverie e le stupidaggini degli altri. La nonviolenza è sveglia e attiva, e protesta apertamente, anzi cerca i modi non solo per convincere gli autori delle ingiustizie, ma per informare l’opinione pubblica, di cui ha la massima considerazione: la nonviolenza per nessuna ragione crede che si possa sospendere la libertà e la possibilità abbondante di informazione e di critica per tutti, fino all’ultimo essere umano. Anche qui la nonviolenza attua al massimo un principio del Settecento, che la borghesia ha poi alterato a proprio vantaggio: la formazione libera dell’opinione pubblica, comprendente tutti.
5 La nonviolenza può rinnovare veramente la vita interna di un paese, perché nell’insieme di un’opinione pubblica, tutta sveglia e obbiettivamente informata, porta eventuali piani di non collaborazione e perfino, in casi estremi, di disobbedienza civile, che servono a bloccare iniziative autoritarie dall’alto. In Italia un popolo privo di esatta informazione e critica responsabilità fu portato ad uccidere e a morire, e poi al popolo privo del metodo di opposizione nonviolenta fu imposta una dittatura. L’uso del metodo nonviolento avrebbe salvato e trasformato l’Europa, a cominciare dall’Italia e dalla Germania.
6 Trasformare la situazione interna dei paesi vuol dire anche avere un continuo promovimento di campagne giuste e rinnovatrici, in cose piccole e in cose grandi, e senza portare il terrorismo della guerra civile nelle strade e nelle case. È un metodo nuovo, il tenere attiva una società con il metodo nonviolento, controllando e smascherando, protestando e agitando, sacrificandosi e così educando i giovanissimi a cercare coraggiosamente di migliorare le società dal di dentro. Anche qui la nonviolenza salva i giovani, occupandoli bene (rivoluzione permanente).
7 La nonviolenza è strettamente congiunta col punto a cui è giunta la guerra, con la sua attrezzatura tecnica e le armi nucleari. L’esasperazione della ferocia e della vastità distruttiva della guerra, specialmente dopo Hiroshima, ha posto il problema di arrivare a un altro modo di condurre le lotte e la stessa difesa. Come ci si difende alle frontiere da missili che varcano i continenti e in pochi minuti distruggono città, specialmente le industrie, i civili? Si può arrischiare una tale strage e un tale avvelenamento dell’educazione delle generazioni? Dietro e dopo le soluzioni provvisorie dell’equilibrio del terrore, mentre è enorme nel mondo la fabbricazione di armi di tutte le specie e la loro distribuzione anche ai popoli sottosviluppati, la nonviolenza prepara la svolta storica del possesso in tutto il mondo di un metodo di lotta che esclude la distruzione dei nemici, attraverso la non collaborazione con il male, la solidarietà aperta dei giusti. Questo metodo non ha bisogno di armi e perciò di appoggiarsi ad una nazione con industrie capaci di darle, come sono costretti a fare i guerriglieri violenti, che usano anche i vecchi modi del terrorismo tra gli avversari e della tortura dei prigionieri
8 Il metodo nonviolento esige prima di tutto qualità di coraggio, tenacia, sacrificio, e di non perdere mai l’amore; poi esige un addestramento fisico e psicologico, ma possibile anche per persone di forze modeste. Un metodo in cui un cieco può essere più utile di un gigante. Così il metodo nonviolento si rivela come la possibilità di partecipazione attiva, appassionata ed eroica, di persone che non hanno altro che il loro animo e le loro giuste esigenze: la nonviolenza le valorizza, illumina, e rende presenti anche moltitudini di donne, di giovinetti, folle del Terzo Mondo, che entrano nel meglio della civiltà, che è l’apertura amorevole alla liberazione di tutti. E allora perché essere così esclusivi (razzisti) verso altre genti? Oramai non è meglio insegnare, sì, l’affetto per la terra dove si nasce, ma anche tenere pronte strutture e mezzi per accogliere fraternamente altri, se si presenta questo fatto? La nonviolenza è un’altra atmosfera per tutte le cose e un’altra attenzione per le persone, e per ciò che possono diventare.
9 Davanti a questa svolta storica in anni e decenni, il prevalere di gruppi violenti per un certo periodo rimane un episodio. L’unica forza che scava loro il terreno è la nonviolenza, ma ci può volere pazienza, tempo, costanza. È vero che un atto di violenza può fronteggiare un altro atto di violenza, ma poi? Nel quadro generale è meglio attuare un altro metodo. Si possono conservare ancora forze coercitive per piccoli fatti, di ordine quotidiano, ma nel più e nell’insieme è il metodo del rapporto nonviolento che va risolto e articolato sempre più. In esso, nel fatto che esso è amorevolezza,approfondimento dell’unità, festa della vicinanza, inizio di una storia nuova con nuovi modi di realizzarsi, sta il compenso per i sacrifici della lotta nonviolenta e per il ritardo delle vittorie.
10. La nonviolenza è la porta da aprire per non sentirsi soli. La nonviolenza cerca sempre di essere con gli altri. E questo è molto importante oggi, perché sta dilagando il bisogno di una democrazia diretta, dal basso, con il controllo di tutti su tutto. Contro i poteri imperiali dei capi degli eserciti e delle industrie che li servono (private o statali), la democrazia diretta costituirà i suoi strumenti con la continua guida della nonviolenza, per smontare la varia violenza dei potenti (violenza burocratica, giudiziaria, nella scuola, nel lavoro, negli enti di assistenza, nella stampa e nella radio), non con assalti sanguinari che non trasformerebbero, ma con la preparazione al controllo serio e aperto.

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