Sono anni che su questo blog provo a riflettere di quanto poco senso abbia la definizione netta di genere, e di quanto fra gli atteggiamenti spesso ostili di mainstream e genere “esplicito” possa esistere una terza via. Ecco, l’intervento di Alessandro Vietti agli Stati Generali del Genere è esemplare da questo punto di vista. Tutto vostro.
“Sono certo che vedremo sempre più fantascienza dentro la narrativa generalista. Forse i distributori o i librai vorranno trovare una nuova etichetta per identificare il ripiano dello scaffale, visto che – almeno mi auguro – non potrà essere distopia. E in effetti una c’è già ed è speculative fiction. Ma forse semplicemente una delle facce della fantascienza conquisterà (o colonizzerà) il mainstream, o almeno una parte di esso, e non ci sarà bisogno di inventare alcunché, ma lasciare che l’espressività, la sensibilità, la creatività, l’immaginazione degli autori, ma anche il mercato (perché ci piaccia o no anche quello c’è e conta), facciano il loro corso senza opporsi a quella che credo sia un’evoluzione naturale già in atto, evitando dunque inutili battaglie di retroguardia tipo “fantascienza o morte”, che in fin dei conti tradiscono la natura progressista e il mandato immaginativo di quel modo di fare letteratura che a noi piace comunque chiamare “fantascienza” al di là delle etichette sugli scaffali, di quello che c’è scritto, o non c’è scritto, sui risvolti di copertina, e di quale faccia della moneta fantascientifica si decida di esplorare, una faccia che gli autori sono e saranno chiamati sempre più a scegliere con consapevolezza”