Stamattina mi sono imbattuta in un commento che deprecava “l’idealismo magico”. Cito il commento, di per sé ininfluente come potreste giustamente rimproverarmi, perché è la spia di un modo di vedere molto più vasto: so di ripetere fino allo sfinimento che senza mito e immaginario siamo nulla, ma dal momento che sembra non esserci argine, insisto.
Anzi, cito Benjamin Labatut, l’autore di Quando abbiamo smesso di capire il mondo e Maniac. Che, attenzione, parlano, labatutianamente, di scienza e scienziati. Labatut, in un’intervista del 2021, dice:
“La realtà non basta. La realtà non ci è mai bastata. Da quando l’essere umano ha iniziato a pensare, ha ricoperto il mondo intero con uno strato di finzione. Se lo si toglie, di solito il risultato è terrificante. Perché senza la finzione il mondo non ha senso. Più che scrivere sulla scienza, mi interessa scrivere su ciò che la scienza scopre ma non riesce a comprendere, almeno non del tutto. E l’unico modo di avvicinarsi al cuore oscuro delle cose, o alle loro arterie più luminose e accecanti, è attraverso i meccanismi della visione interiore, che sono proprio quelli dell’arte e della finzione. Ci sono molte cose che si nascondono dietro i fatti, perché ai mostri non piace far vedere il proprio viso. Illuminare quello spazio, penetrare nei meandri della mente umana, richiede un atto creativo, qualcosa che sia pieno della stessa incertezza, e della stessa potenza e stranezza, che c’è nell’anima del mondo”.