Sono curiosi segni del destino, non credete? A pochi minuti dalla diretta di questa mattina di Pagina3, arriva la notizia della morte di Goffredo Fofi, personalità enorme e difficile e dagli innumerevoli meriti.
Il curioso segno del destino è che avevo deciso di leggere in apertura il lungo articolo di Stefania Consigliere e Cristina Zavaroni “Rimozione forzata” che trovate su Giap!, insieme alla postilla dei Wu Ming, e che racconta come la frattura che si creò allora fra “rimasti pandemici” e “disvedenti” non si è mai sanata, e che in virtù anzi di quella frattura abbiamo accettato tutto:
“Primo esercizio psico-storico: se alla fine del 2019, quando un gran numero di rivolte in giro per il mondo dava filo da torcere ai governi, un qualche Nostradamus avesse previsto che, nel giro di pochi anni, avremmo finanziato una guerra contro una potenza nucleare, votato un governo dichiaratamente fascista, abbandonato i nostri figli agli schermi, rotto le catene di approvvigionamento del gas, acclamato il «nucleare pulito», tifato per uno stato coloniale nel genocidio live di un popolo colonizzato, saremmo scoppiati a ridere e la faccenda si sarebbe chiusa lì. A valle, invece, è facile constatare con quanta rassegnazione abbiamo sopportato l’insopportabile. Com’è stata costruita questa rassegnazione?”
Ecco, l’articolo analizza questo, e soprattutto rintraccia le conseguenze nell’oggi:
“Il controllo poliziesco di città e territori all’epoca del lockdown e delle zone a colori ha dato i suoi frutti nell’impiego, ormai ordinario presso molti comuni, delle zone rosse, che con la pandemia hanno infine trovato modo di estendersi dalla Genova in stato d’eccezione del G8 all’intero territorio nazionale nella sua normalità. I tornelli che, tramite QRcode, determinano l’accesso agli spazi pubblici ripartendo la popolazione in gruppi dai diritti differenziali, sono diventati parte dell’arredo urbano standard, da quelli che controllano i flussi turistici a quelli che proibiscono gli ultimi baci al binario dei treni.
Le tecniche di mobilitazione e controllo dell’opinione pubblica, la cui sorprendente efficacia è stata verificata nei mesi pandemici, sono poi rimaste in funzione a tempo pieno. La violenza cognitiva è diventata strategia corrente, fra debunkers, fake news, algoritmi, accuse di complottismo e con il monopolio dell’informazione legittima da parte degli Stati e delle cordate industriali”.
Ma è soprattutto nei rapporti fra gli esseri umani che le cose sono cambiate: la spaccatura ha preso il posto del dialogo, l’irrigidimento ha sostituito il dubbio, l’incapacità di concepire un futuro ha sostituito la progettualità, o la visione, o l’incanto o chiamatelo come volete.
Ecco, sono andata a ricercarmi un vecchio articolo di Goffredo Fofi scritto nei mesi del primo lockdown, quando molti si erano già trasformati in vigilanti e spie. E lui, questo, l’aveva visto e scritto:
“Costoro hanno imparato immediatamente le quattro regole raccomandate dalla tv e a misurare a occhio, per esempio, la distanza tra le persone, pronti a redarguirti se era di 10 centimetri minore della regola, se avevi la mascherina abbassata, se una fila non era ordinata… Più attenti loro dei poliziotti, e assumendosi il ruolo di quelli, sostituendoli. Lo so, si tratta di persone che normalmente non hanno molto potere né molta autonomia, che sono normalmente frustrati da un società massificata che lascia poco spazio a un individualismo bene inteso; e ho letto anch’io i saggi francofortesi sulla società autoritaria e statunitensi sulla “folla solitaria” e quello preveggente spagnolo sulla “ribellione delle masse”. Ciò nonostante quelle persone mi hanno fatto pensare a cosa avrebbero detto e fatto quelli come loro in una società più autoritaria della nostra, mi hanno fatto pensare ai vigilantes degli western, alla “milizia territoriale” del fascismo in guerra. Negli anni della lunga occupazione nazista della Francia esplose il fenomeno della delazione, delle lettere di denuncia, ovviamente anonime, contro persone che non erano come te, o che per qualche ragione detestavi o invidiavi, che ti stavano sulle scatole. In Italia (se ne è parlato meno del dovuto) quanti furono i bravi cittadini che si premurarono di denunciare dei vicini ebrei, al tempo delle leggi razziali? E quanti in tempo di guerra civile non hanno denunciato i sospetti di antifascismo, di resistenza? A una grande maggioranza di silenziosi, a loro modo dissidenti, a un’infima minoranza di ribelli, c’era da aggiungere una minoranza, non tanto piccola, di zelanti, rispettosi delle leggi del momento, del potere del momento, e in definitiva di qualsiasi potere. ”
E ancora una volta mi chiedo perché queste occasioni di discussione siano svanite, e perché stiamo procedendo alla cieca, accettando un orrore dopo l’altro, invece di mettere in atto la frase scritta sull’argine della ferrovia.
Informazione di servizio: la prossima settimana il blog non sarà aggiornato. Sarò infatti all’amato Elba Book Festival, dove credo ci sarà occasione di discutere di questi temi, e infine al Castello di Sorci per una due giorni di scritture fantastiche. Ci si ritrova il 21 luglio, prima della pausa estiva.
Carissima Loredana, posso tentare una risposta ai tuoi “perché”? Perché è molto meno indolore rimuovere e adeguarsi. Soprattutto la prima, anticamera della seconda e dell’oblio successivo. Con i suoi danni “collaterali” annessi e connessi.