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A proposito di impegno e letteratura. Chiunque abbia letto i giornali, o l’equivalente, in questi giorni, sa perfettamente che ci troviamo in un punto tragicamente critico della nostra storia, e che si torna (ma si è mai smesso?) a parlare di nucleare. Ora, nel tempo, gli scrittori e le scrittrici ne hanno a loro volta parlato. Penso a Moravia e Cassola, proprio la “Liala” sbeffeggiata dal Gruppo 63 (insieme a Giorgio Bassani, peraltro). Dirà di lui Alfredo Giuliani: “Avrebbe voluto scrivere un romanzo puramente poetico. Ma il puramente poetico, se mai è esistito, oggi non lo puoi cercare più. Vagheggiarlo dimessamente colora la scrittura di rosa spento. Vorrei provare a rileggere Il taglio del bosco. Dopo tanti anni, quei racconti saranno svaniti o avranno ancora uno sfuggente bouquet?”.
Io sono cresciuta, peraltro, leggendo il “rosa spento” di Cassola, che è stato uno dei miei iniziatori alla lettura. Ma forse ero un’ingenua e un po’ sciocca ragazzina che non sarebbe piaciuta al gruppo 63. Pazienza.

Mi rendo conto che è sciocco e vanesio da parte mia insistere con il tentativo di riflettere, pesare le parole, cercare di non partecipare alla frenesia virilmente bellica di questi giorni. Dunque, qualcosa di piccolo e spero, se non utile, confortevole: una piccola bibliografia di scrittori e scrittrici pacifisti. Un niente, avrebbe detto Fortini. Come quando cerchi un lemma sul sito della Treccani e ti si apre un pop up con quello della pace. Questo posso, questo faccio. Oggi, Carlo Cassola.

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