Non parlo spesso di un libro specifico, qui sopra. Oggi faccio eccezione, perché ho finito di leggere Come D’Aria, di Ada d’Adamo, che è uscito da pochi giorni per Elliot. Sì, è un libro sulla maternità, ma non solo. Ada è una danzatrice e una coreografa, una di quelle donne che appunto sembrano poter galleggiare nell’aria, e che controllano ogni frammento del proprio corpo. Ma non tutto si controlla, purtroppo. Specie se non si viene aiutati.
Io sono una lettrice che diffida spesso delle storie del trauma: l’ho scritto tantissime volte, anche qui. Ma non stavolta. Perché questa storia non chiede a chi legge di specchiarsi e non è stata scritta per questo: certo avverrà lo stesso. Chi ha attraversato il terribile tempo sospeso in cui il figlio o la figlia sono nel limbo della terapia intensiva neonatale, e ancora nei sogni ascolta il suono dei monitor che sembrano campanellini di volta in volta magici o spettrali a seconda del ritmo, ecco, non potrà a sua volta non ripensare a quel che è stato. Ma c’è qualcosa di più del pelle-a-pelle fra chi scrive e chi legge. C’è la bellezza. C’è, nonostante tutto, luce e grazia. C’è quel che ci fa capire quanto  gli esseri umani rechino in sé speranza. Hope, dice Morfeo a Lucifero. Hope, anche all’inferno.