Circola, da ultimo, questa idea cannibale su speranze, desideri, gusti, delle giovani persone: piace ai giovani dunque è vincente dunque ce ne appropriamo, scendiamo su TikTok e li conquistiamo. Quel che in genere avviene è che è talmente difficile questa auspicata appropriazione culturale che una volta divenuta mainstream una piattaforma i presunti conquistandi scivolano via altrove. Capire è diverso da appropriarsi, ma questo è difficile da far passare.
C’è una strana e invincibile contraddizione in questo atteggiamento: da una parte si vuole il o la giovane da esibire, salvo poi sbarazzarsene quando i trenta diventano quasi quaranta, e pazienza per tutta l’esperienza fatta e le competenze affinate, largo al o alla prossima (ma quando si parlerà di questa storia? Perché è il frutto più avvelenato del giovanilismo di facciata, quello che espelle le persone che da giovani diventano adulte, e nessuno ne discute, mi pare). Dall’altra non si perde occasione per sostenere che alcune delle cose che amano sono tossiche.
Certo che è complicato, e certo che è difficile: ma la sacrosanta, benedetta istanza di dare opportunità alle giovani persone, possibilmente supportandole davvero e non facendosi belli con la loro freschezza per continuare a esercitare un potere su di loro, fin qui rischia di rimanere una facciata. Ed è ingiusto.