Anche oggi archivio. Una cosa preziosa scritta per L’Espresso di aprile.
Chissà quanti, nel 25 aprile appena trascorso, avranno ricapitolato quel che ci sta avvenendo: silenziamento a colpi di querele degli intellettuali, censura televisiva ai medesimi, stretta sui giornalisti, manganellate agli studenti, diritti delle donne sempre più a rischio. Chissà quanti avranno ripensato a Norberto Bobbio e in particolare a queste parole: “Chi si rifugia, come in un asilo di purità, nel proprio lavoro, pretende di essere riuscito a liberarsi dalla politica, e invece tutto quello che fa in questo senso altro non è che un tirocinio alla politica che gli altri gli imporranno, e quindi alla fine fa della cattiva politica”. Sono del 1945.
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Sono un po’ (tantissimo) stufa, perché in queste settimane non è che abbia visto tutte queste prese di posizione nel mondo della letteratura: sì, lo so, letteratura e attivismo non si mischiano, si dice. Oppure no?
Non è stato così per molti. Penso ad Antonio Tabucchi e a quello che fa dire al suo Pereira:
“Se loro avessero ragione la mia vita non avrebbe senso, non avrebbe senso avere studiato lettere a Coimbra e avere sempre creduto che la letteratura fosse la cosa più importante del mondo, non avrebbe senso che io diriga la pagina culturale di questo giornale del pomeriggio dove non posso esprimere la mia opinione.”
Penso a Norberto Bobbio:
“Chi si rifugia, come in un asilo di purità, nel proprio lavoro, pretende di essere riuscito a liberarsi dalla politica, e invece alla fine fa della cattiva politica.”
Penso, insomma, a tutte e a tutti coloro che all’asilo di purità non credono, e stanno provando a dire e fare qualcosa, nei modi possibili, e spesso in un silenzio che cresce.