Come imparare a discutere, volume cinquantesimo.
Il blog che state leggendo è nato quasi vent’anni fa. Era il novembre 2004, si respirava l’euforia da blog (io, anzi, sono arrivata con almeno due anni di ritardo rispetto ai pionieri), e il fatto che si potessero trovare tante idee esposte quotidianamente, e quotidianamente commentate, sembrava segnare l’inizio di un grande cambiamento. Poi ci siamo spostati sui social, che spingono per propria natura a un raggiungimento di visibilità maggiore, alla battutina fulminante, al flame arguto. 
Questo, almeno, fino a quattro anni fa.
Dopo la pandemia le cose sono cambiate parecchio. Ancora scontiamo, senza averne davvero parlato, la spaccatura in due fronti opposti che ha avuto effetti sanguinosi su tutte e tutti noi. Oggi i flame non sono arguti e sono, quasi sempre, shitstorm, o pubblica gogna. 
Dunque non bisogna usare i social? Certo che sì. Ma in questa fase non siamo molto capaci di farlo, non per questioni importanti almeno, o, come si suol dire, divisive. Forse torneremo a esserlo, quando riusciremo ad analizzare per bene quello che ci è successo dal gennaio 2020 a oggi.
Perché sono una possibilità meravigliosa: e ci permettono di danzare insieme.
«Dance, dance, otherwise we are lost», come diceva Pina Bausch.
 Balla, balla, altrimenti siamo perduti.