TRILOGIE E ALTRE LETTURE

Ha ragione Ekerot: quello che mi tiene sulle spine non dovrebbe chiamarsi “Ospedale Fatebenefratelli” ma “Clinica Godot”. Settimo giorno di attesa, dunque: nel frattempo, approfitto per leggere.
Ho appena iniziato Demonio di Graziano Diana, vagamente e positivamente stupita dell’apertura all’horror di Einaudi.  Le cose stanno per caso iniziando a cambiare?
Ho  letto con molto interesse l’intervento di Daniele Marotta su Carmilla.
Leggerò fra poco L’uso sapiente delle buone maniere.
Ho letto  anche una curiosa intervista che Alessandro Perissinotto ha rilasciato ad Affari italiani, dove dichiara:
Ci saranno altre “avventure” della psicologa-investigatrice?
“Non credo che ci saranno altre avventure di Anna Pavesi, né credo che ci saranno altri miei romanzi…”

Che vuol dire?
“Le trilogie portano sfortuna: Jean-Claude Izzo e Steg Larsson sono morti non appena terminata la loro trilogia, senza potersi godere il successo”.

No, dico. E Tolkien? Asimov? Dumas? Terry Brooks? Alan Altieri?

19 pensieri su “TRILOGIE E ALTRE LETTURE

  1. Tempi duri per le donne. E non mi riferisco solo alla loro presenza istituzionale (vedi ministre giovani, piacenti, incompetenti) né alla loro presenza in tv (dove sono ridotte per lo più a belle presenze strizzate e scosciate) ma all’immagine della donna che emerge da due romanzi di scrittori “di sinistra” come il celebratissimo Caos calmo di Sandro Veronesi e il più recente La separazione del maschio di Francesco Piccolo. Due scrittori che mettono al centro dei lori libri personaggi maschili tra i quaranta e i cinquant’anni che hanno in comune una visione terribilmente maschilista della donna: più esplicito Piccolo, più sottile Veronesi, ma il concetto è sempre lo stesso: donne soppesate, viste come culi, tette e per il resto ignorate (cosa fa la Teresa moglie del maschio di Piccolo; chi era la moglie non amata del protagonista di Veronesi? A chi interessa?). Ho usato volutamente un termine desueto, maschilismo. Chi lo usa più? E’ come il suo opposto, femminismo, una parola di gusto retrò, che si cerca di evitare per non sembrare appunto datati, fuori moda. Un’ultima annotazione: sia Veronesi che Piccolo danno grande spazio nei loro romanzi all’esaltazione dell’amore paterno. Ma quando le vostre adorate figliolette diventeranno donne, vi piacerebbe che incontrassero uomini fasulli come quelli che voi mettete in scena? Loredana pensaci tu…

  2. Tocco, nell’ordine: i miei maroni, all’italiana; ferro; legno (all’inglese). Sono stato speronato da un pensionato armato di Festa (senza essere Pininfarina) e ho forato inspiegabilmente le 2 gomme sinistre a mezzanotte: il tutto nel giro di 3 mesi dalla conclusione di una trilogia.
    (PS: Altieri va per la quadrilogia, lo dico per i fan di <i>Magdeburg</i>)

  3. @ Girolamo: suggerisco un cornetto apotropaico da tenere in tasca.
    Sulle 2 gomme sinistre a mezzanotte avanzo un’ipotesi dietrologica: è stato un “oppositore del NIE” di sicuro… ;-)))

  4. Au contraire, mon ami, au contraire…
    Come faceva notare Gilles Deleuze ne L’immagine-movimento, per guidare lo sguardo DEVE essere obliquo, vibrante e multidirezionale. Il posto del guidatore è a sinistra, mentre la corsia che si percorre è a destra della carreggiata, e si deve guardare più o meno simultaneamente 1) di fronte a sé; 2) nello specchietto retrovisore alla propria destra (al centro dell’abitacolo); e 3) nello specchietto retrovisore alla propria sinistra (all’esterno della vettura). E l’occhio è in continuo movimento per “contrastare” lo scorrere del paesaggio che ti viene addosso. Esso ti corre incontro ma tu non puoi assecondarlo, devi continuare a lanciare lo sguardo in avanti. Virilio l’ha chiamata “dromovisione”, esperienza percettiva che i nostri antenati non potevano fare.
    Senza questo gettare occhiate, garantito che fai un frontale con un tir oppure ti ficchi nel fosso o ti sfracelli contro un platano.
    Non è esattamente quel che accade in letteratura? Una poetica dello sguardo “fisso” e poco vibratile non può che subire il movimento del paesaggio che ti viene incontro, senza contrastarlo. Si schiaccia la prospettiva su di sé (il sé-autore), fino a produrre opere monocordi e all-about-me.
    La stessa cosa accade coi blog: c’è una forma di sclerosi dello sguardo del blogger – ergo, di fissazione monomaniacale su un tema (di solito una polemica ad personam) – che porta a subire i discorsi della rete, a essere sempre re-attivi ma attivi mai, a dipendere tipo tossici dai discorsi altrui, ai quali si ribatte compulsivamente, sempre meno capaci di iniziativa autonoma, e l’anima patisce terribili crampi. Ouch!
    Viva l’occhiata selvaggia, allora, perché ogni volta rinnova e “ricarica” il mondo, oltre le miserie del presente. (segue applauso)

  5. Applausi, senz’altro 🙂
    Ma le gomme erano proprio tagliate, chissà se riesco a vendere la sceneggiatura della serata a Roberto Giacobbo…

  6. @ WM1. Sì, ma l’école du regard e il nouveau roman appartengono agli anni 50-’60, e sicuramente il monomaniacale cui alludi non ha mai preso l’iniziativa di spezzare un’amicizia per motivi cretini quali quelli indicati nel suo post del 9 maggio scorso (a proposito di re-attività). Va là, va là, sbruffoncello, che “a me non mi incanti” (come dicono a Fano).

  7. Certo, certo, molto pop il nouveau roman, molto epico e di ampio respiro, molto inerente alla caduta del Muro di Berlino, ma va’, va’, ‘gnorante, meglio che ti occupi d’altro :-))) E trovati una vita già che ce stai, smettila di crederti “amico” di persone che non hai MAI visto in vita tua……

  8. cos’è, anch’io ho rotto un’amicizia con te del tutto immaginaria? Dai che fai un favore a tutti se contatti un centro di igiene mentale…

  9. dal sito GuidaGenitori.it:
    Meglio soli o con l’amico immaginario?
    Se nostro figlio ha un amico immaginario con cui parla, gioca o litiga dobbiamo preoccuparci? Significa forse che ha dei problemi o che ci sono dei problemi in famiglia?
    Secondo la psicologa americana M. Taylor che ha recentemente pubblicato il libro “I compagni immaginari e i bambini che li creano” (Oxford University) circa il 60% dei bambini tra i tre e gli otto anni ha avuto per un certo periodo un amico immaginario. Crearsi un amico immaginario ha la funzione di aiutare il bambino ad affrontare ed adattarsi ad un ambiente complesso, qual è quello degli adulti. L’amico invisibile può essere un vero e proprio compagno di giochi per i più piccini, laddove per i più grandicelli diventa quel confidente a cui si possono dire quei segreti di cui si preferisce non parlare con gli altri.
    All’amico immaginario i bambini possono attribuire desideri, intenzioni, capricci, bugie, paure, sensi di colpa e responsabilità. Se vista secondo quest’ottica di proiezione su un agente esterno di vissuti interiori, questa creazione fantasiosa può così rappresentare per i genitori una finestra sul mondo interiore dei propri figli.
    Come reagire davanti all’amico immaginario?
    Quando bisogna preoccuparsi di quest’amicizia un po’ speciale? Nel caso vi accorgiate che il bambino è talmente coinvolto nel suo gioco con l’amico immaginario da non volersi più divertire con i bambini veri, dovrete porvi rimedio consultando uno psicologo.
    Sono comunque sconsigliati tutti i tentativi di rendere meno invisibile l’amico immaginario, magari riservandogli uno spazio reale, quale può essere un posto a tavola. L’amico invisibile deve restare tale, altrimenti il bambino potrebbe entrare in confusione rispetto alla dimensione del reale e del fantastico. Inoltre bisogna evitare di ridicolizzare questa fantasia con frasi del tipo “è una cosa stupida” oppure “non si può parlare con qualcuno che non esiste”, correreste il rischio di ferire vostro figlio portandolo a pensarci due volte prima di confidarvi un’altra cosa che riguarda il suo mondo interiore.

    Ecco, solo che tu ci hai sessant’anni, i tuoi genitori dovevano contattare lo psicologo cinquantadue-cinquantatre anni fa.

  10. In realtà la mia era una boutade: mi auguro davvero di non subire il destino dei colleghi giallisti che citavo e di sicuro non ho cancellato in un sol colpo dalla mia mente il ricordo di tutti gli scrittori che sono sopravvissuti alle loro trilogie. Era solo un modo per ricordare che, nella tradizione del noir (dal feuilletton ottocentesco a “Misery non deve morire”), è più facile far morire l’autore che non il personaggio. In ogni caso, se continuate a fraintendermi comincerò a farmi chiamare Silvio (anche questa è una boutade: oramai conviene specificarlo). Alessandro

  11. @ cosa tocca leggere. I miei genitori dovevano contattare lo psicologo 52 anni fa, ma i tuoi avrebbero fatto meglio ad andare al cinema quella sera, anziché concepire un coglione come te.

  12. Diciamo che i genitori di entrambi, tra le varie opzioni, hanno scelto proprio di offrirvi a noialtri, e con questo dobbiamo fare i conti.
    Comunque ha ragione “cosa tocca leggere”, sulla questione delle amicizie immaginarie. E’ che quando hai un minimo di fama (meritata o meno che sia, su questo ai posteri l’ardua sentenza), un sacco di conoscenti, anche vaghi, si autopromuovono parassitariamente a “grandi amici”.

  13. Madonna, che merda umana è quel Roberto Bui. Se mi autorizza, pubblico tutte le mail private che ci siamo scambiati negli ultimi anni. Per carità, solo amici di rete, niente di più, + citazioni e ospitate nel loro sito, ma di qui a tacciarmi di “parassitario”…. come se i libri per ragazzi me li
    avesse pubblicati lui! Ma chi cazzo si crede di essere? Progressista e
    disponibile a parole, ma infingardo e reazionario nell’intimo. Diffidate, gente, diffidate di questi tromboni con il berrettino alla Che Guevara.

  14. Conoscendo lo stile di questo personaggio, non fatico a credere che un’unghia data per cortesia e umanita’ dal suo interlocutore sia diventata, nella sua mente, un braccio da prendere e strattonare come e quando voleva. E’ chiaro che qualunque interlocutore a un certo punto romperebbe la relazione. Scambiarsi qualche mail non e’ una amicizia, anche questa e’ un po’ la tara della rete, anche su facebook e myspace ci sono tutti questi “amici” che alla fine fanno solo frastuono.

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