UNA PROPOSTA PER LA RETE. E PER LA CARTA.

Questa la recensione uscita oggi sul quotidiano a proposito di Eretici digitali. Il sito vale la visita. Anche il libro.

Un appello per l’unità, per una lingua comune, per un destino che non può che essere condiviso, a dispetto delle contrapposizioni che fin qui sembrano dividere il mondo di Internet da quello della carta stampata e dei media tradizionali.

Con Eretici digitali, che è un manifesto in dieci punti, un blog e ora un libro (Apogeo, pagg.240, euro 15), due giornalisti da anni attivi sul web – Massimo Russo e Vittorio Zambardino – fanno il punto della situazione e cercano di superare quella che sembra, e in molta parte è, una contrapposizione drammatica. Da una parte i giornalisti mainstream, dall’altra il web. Pericoloso per entrambi e per tutti: perché il digitale è comunque nel presente e nel futuro di ognuno. Dunque, occorre ragionare sui due fronti.

Cominciando dai giornali e dalla loro crisi. Ma, dicono Russo e Zambardino, “la metafora perfetta della crisi è la rete, che è l’immagine stessa del problema: una società che cresce e comunica per conto suo e in luoghi suoi e che non si trova rappresentata nel racconto del mondo che va in edicola ogni mattina”. In sostanza, la crisi non è soltanto questione economica o pubblicitaria: c’è un rapporto di fiducia che si è rotto e un modello professionale che sta tramontando.

Chi lavora nei media tradizionali fatica a comprendere che il giornalismo deve cambiare. Tanto meno è interessato a comprenderlo il potere politico, che alla rete si accosta per regolamentare in modo autoritario, perché ne coglie solo le negatività. Che, pure, sostengono gli autori, sono ben presenti. Da una parte perché il web tende a far proprio e ad amplificare il vecchio pregiudizio mediatico che porta alla creazione e alla caccia di un “cattivo”: ama, insomma, urla e tribuni. Dall’altra perché troppo spesso i navigatori celebrano la propria epica e ignorano il potere che controlla il web. Il tubo attraverso cui fluiscono le informazioni è tutt’altro che neutro: “Motori di ricerca, Signori dei Database, Società di Telecomunicazioni, Padroni dei Dispositivi” vanno identificati e raccontati. Non solo: molta parte della rete sottovaluta la grande questione dei dati personali utilizzati da social network, pubblicitari, aziende, “il nuovo habeas corpus violato quotidianamente dalle grandi piattaforme. Anzi, come sostiene il giurista Stefano Rodotà, bisognerebbe arrivare alla definizione di un vero e proprio diritto personale e inviolabile all’habeas data”.

Carta e web sono però uniti, scrivono Russo e Zambardino, da un’aspirazione comune: che è proprio quella al giornalismo, strumento indispensabile per esercitare i diritti di cittadinanza. Dunque è il giornalismo, ovunque sia praticato, che deve creare una nuova sintassi del mestiere: deve rigenerarsi, rimettersi in gioco, “affrancarsi dai vizi della corporazione”. I privilegi di categoria sono finiti, si sostiene in Eretici digitali , e non esiste più l’esclusiva della rappresentazione del mondo. Bisogna dunque incontrarsi all’insegna del rigore e delle regole del mestiere.

La sfida, dicono infine Russo e Zambardino, è quella di difendere la pluralità dei racconti contro il Racconto unico. Quello del potere, che può non soltanto soffocare la rete con divieti e prescrizioni, ma utilizzarne la deriva populista a proprio vantaggio. Solo il giornalismo (che è altra cosa dai giornalisti) può opporvisi, ma per farlo deve partecipare a quegli stessi racconti con rigore, ma in termini diversi da come lo ha fatto fin qui. Non è solo una bella sfida: è, probabilmente, l’unica possibile.

8 pensieri su “UNA PROPOSTA PER LA RETE. E PER LA CARTA.

  1. Lo trovo un articolo salutare. E mi sembra utile per noi utenti della rete che si sottolinei la necessità di narrare i modi con cui il potere si accosta alla rete e la sfrutta per il suo esercizio. Così come è importante riflettere sulla tendenza tribunizia della rete. che però molto può essere contenuta da chi scrive e propone. Io lo noto nella mia esperienza personale: a post tribunizi corrisponde un commentario tribunizio, a post più riflessivi corrisponde un commentarium più attento. Certo salvo i recidivi: ma la tribunizitudo è diciamo una tentazione più forte, sdoganata dall’anonimato, dalla mediazione dell’oggetto.
    Poi però io ho un altro problema. Il mio problema ha a che fare con i formati. Del cartaceo apprezzo l’estenzione degli articoli – del formato di rete detesto l’estrema concisione, il formato easy veloce e pratico adatto allo schermo del PC. Credo che in parecchi autori della rete questo condizioni la qualità del prodotto. E io alla fine certo che lego l’online, ma il mio cartaceo giornaliero non me lo leva nessuno.
    (Alla fine Loredana, dimmi questa mia impressione: quando tu posti articoli belli e lunghi e ben strutturati su questo tuo blog, anche tuoi: alla fine non sono quelli scritti per i quotidiani – e poi copiati? Forse è un’impressione – magari sbagliata, non so.)

  2. sì. ma tu piantala di censurare, ché ormai stai diventando patetica. perché cazzo hai censurato pure la mia replica a bolero dell’altro ieri? Questa:
    “@bolero. certo, [l’educazione passa ] in parte ANCHE per le parole, ma solo se non in contraddizione con i comportamenti concreti. Pensa a tutto l’amore che il Berlusca predica per la libertà, e al tipo di libertà che i suoi comportamenti concreti in realtà additano… ”

  3. loredana non intendevo mica insinuare che lo fai di nascosto!!! mi riferivo all’ipotesi che i due medium portino a ispirazioni diverse. Se si scrive per la rete si tende a una maggiore brevità. Magari non è il tuo caso – e comunque non è un delitto.

  4. Non so veramente chi possa credere ancora che sulla rete l’anonimato sia un baluardo della privacy. Ogni utente del web lascia traccia come Pollicino e per avere un suo profilo significativo (altro che quelli che si rilasciano al monto di un’iscrizione su qualsiasi sito, social network o altro) basta incrociare tra loro alcuni dati ‘innocenti’.
    Per quanto io sia totalmente incapace di sintesi – epperò io sono un’utente di siti altrui – credo che la brevità non vada sempre a scapito del rigore, spesso è anzi vero il contrario. E, peraltro, anche la lettura sullo schermo è molto diversa da quella su carta, e credo che di questo bisognerebbe tenerne conto quando si scrive sul web, a meno che di costringere gli utenti a stampare su carta le videate.
    Riguardo alla tendenza tribunizia, sì, è da criticare però bisogna tenere presente pure quanto si siano ristretti gli spazi pubblici di confronto, e dunque spesso il web viene usato in modo vicario e spesso, secondo me, illusorio rispetto alla convinzione di ‘partecipare’.
    Sulla difesa della pluralità di racconti, sottoscrivo in pieno. E anche qui, comunque, è questione che va a toccare quella cosa che si chiama ‘potere’, di cui non voglio nemmeno accennare perché sennò andrei a finire nel tribunizio.
    Dico solo che come la rete non difende la privacy, così non difende – di per sé – la democrazia o, comunque, la parità di accesso ai discorsi.

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