MARZIANI

Ogni tanto mi capita di sentirmi due antenne verdi sulla testa.
Per esempio (ma questo lo sapevo già) quando mi interrogo sul femminile in narrativa (a proposito, date un’occhiata alla discussione su Altai). In due dei romanzi di cui si è parlato a FahrenheitNon resterà la notte e Emmaus, il femminile è indubbiamente raccontato come  sacro: in quanto materno, in quanto, come direbbe la mia antica maestra Ida Magli, tramite con la trascendenza attraverso il sesso.  Ma mi rendo conto che, se provi a dirlo, non sono pochi (e poche) a sgranare gli occhi con un sottinteso “embè?”.
Intendiamoci, nella marzianità non mi trovo affatto a mio agio. Per esempio, non comprendo affatto il plauso a Pier Luigi Celli per la lettera al figlio. E non tanto perchè Celli sia l’autore di questo libro, fra molti altri: ma perchè il medesimo ha comunque fatto parte di un sistema manageriale dove la parola d’ordine era, ma sì, premiare il merito. Ma anche insegnare ai presunti meritevoli ad affilare i canini e a piantare coltelli nelle altrui spalle. Per carità: si è sempre fatto e sempre si farà.
Ma, personalmente, mi dà non poco da pensare l’idea di una generazione (la mia!) che oltre a gestire economia, comunicazione, politica, pretende pure di gestire la rivolta (o la fuga) giovanile. Parole, e azioni, stanno ai giovani: non ai loro padri e alle loro madri. I quali, semmai, dovrebbero mettere a disposizione la propria esperienza: non allungare la propria ombra sui figli (e sugli anziani) fino a soffocarli.
E’ martedì e sono di pessimo umore.

29 pensieri su “MARZIANI

  1. Non lo so, a me le obiezioni “biografiche” preoccupano sempre. Sono il segno di un modo di prendere la lettera(in questo caso questa parola è quantomai pregna di significati)alla lettera. Eppure la parola scritta non è mai di chi la scrive: è qualcosa che nasce per la condivisione, per l’interpretazione di chi la legge. Intendo dire: Celli ha scritto quella cosa, ok. Ma quella cosa la potevano scrivere molti altri. Sarebbe stato diverso, se invece di Celli l’avesse scritta un laureato in filosofia, distrutto dalla ricerca di un lavoro e ormai disincantato come me, a soli 35 anni già pronto, come padre, a indicare a suo figlio la strada del paese più lontano possibile da questo – per il suo futuro? Se l’avessi scritta io, la lettera sarebbe stata più condivisibile?E invece non lo è, perchè l’ha scritta Celli?
    Non so – mi ricorda la mia commissione di laurea, che si rifiutò di ascoltare la mia interpretazione del pensiero di Heidegger perchè “Heidegger era stato nazista”, e dunque il suo pensiero era da condannare per questo – qualsiasi altra cosa avesse detto.
    Piuttosto guardiamo a questa lettera per ciò che appunto v’è di condiviso, o meno: non mi pare un voler gestire la rivolta. Mi pare, invece, che di rivolta giovanile NON CE N’E’ neppure l’ombra. Ergo, ben vengano i padri – o i nonni – che aizzano i figli e agitano i nipoti.

  2. Perché ieri hai censurato la mia risposta a Bolero? Questa:
    @bolero. certo, in parte ANCHE per le parole, ma solo se non in contraddizione con i comportamenti concreti. Pensa a tutto l’amore che il Berlusca predica per la libertà, e al tipo di libertà che i suoi comportamenti concreti in realtà additano…
    Postato lunedì, 30 novembre 2009 alle 12:12 pm da Achille Ocone

  3. Celli è un furbacchione sopraffino.
    – si prende alcune colpe generiche per captatio ma non dice nulla su quelli su cui ha camminato
    – tira sciabolate feroci lasciando intendere
    – parla della famiglia che attira sempre
    insomma, il normale manager parac@lo.
    saluti.

  4. Caro Paolo,
    mi dispiace tanto, ma non posso essere d’accordo: la posizione dalla quale parla chi parla non può essere considerata neutrale a un giudizio morale o etico. La lettera di Celli è più che opinabile non tanto per gli eventuali libri che C. ha scritto, quanto per quello che per tutta la vita ha fatto: essere un uomo di potere in questo Paese – ed ora accorgersi improvvisamente che fa tanto schifo.
    “Avremmo voluto che fosse diverso [il nostro Paese] e abbiamo fallito”
    Posso parafrasare questo passo? Da trentenne (all’estero) con molti colleghi e coetanei in procinto di partire, leggo questa frase nella stessa maniera con cui interpreto le parole e i comportamenti di tanti nostri illustri maggiori:
    “Ci spiace tanto, figlio caro, ma ormai che ci vuoi fare… Tu prendi laurea (o master, o dottorato) e valigia e trapiantati dolorosamente da qualche altra parte. Noi intanto ci teniamo le redini di questo Paese – che fa schifo, ricordatene, non vorrai mica tenerle tu e sporcarti le manine?”

  5. Cambiare il paese per non cambiare paese, questo deve essere fatto con e per i giovani. A partire dai padri veri e dai loro figli, in una vera alleanza che cambi il paese, innanzitutto Per i giovani

  6. Trovo veramente scoraggiante tutta l’attenzione che ho visto sorgere e diffondere in rete, da ieri, intorno alla figura di Celli, per interpretarne e svilirne la lettera. A me sembra che Celli abbia detto delle cose ovvie ed evidenti(è di oggi il dato Istat sulla disoccupazione, ai massimi da 15 anni, per dire). E certo, Celli, come tutti i nostri genitori, è pienamente responsabile di questa situazione – ma non mi pare che questo Celli lo neghi. Il fallimento dell’Italia è innanzitutto il fallimento dei nostri padri, parlo almeno per chi è giovane oggi, come il figlio a cui Celli si rivolge.
    Ciò detto, ripeto:bisogna avere una biografia di (estrema?)sinistra per dire quelle ovvietà? Chi è che distribuisce le patenti per fare la critica all’Italia di oggi?

  7. @Paolo: se domani il nostro Presidente del Consiglio lamentasse che il linguaggio televisivo ha brutalmente abbassato il livello medio culturale di questo paese (cosa vera), dovremmo applaudirlo?

  8. Se accadesse (cosa inverosimilissima), io ovviamente mi limiterei a osservare che ha ragione. Certo, potrei aggiungere: e come mai tu finora hai prodotto questa televisione?
    Ma ti sembra, in ogni caso, che le responsabilità di Celli nei confronti dei guai dell’Italia siano paragonabili alle responsabilità di Berlusconi?

  9. Se avessi un figlio lo caricherei su un aereo con la forza, accettando in silenzio i sacrosanti vaffanculo. non mi interessa nulla di Celli nè di suo figlio, chè tanto non andrà via e appena laureato riceverà una sontuosa offerta di lavoro grazie a questa formidabile raccomandazione a mezzo stampa. Però bisogna dire le cose come stanno. viviamo in uno stato-mafia, ignorante e canaglia. e ci viviamo perchè una parte molto grande del paese lo ha incubato, blandito, generato. lo vuole. abbiamo la peggiore clesse dirigente di tutto l’occidente, famelica e incapace. e ce l’abbiamo perchè l’abbiamo allevata, prodotta e votata, a destra come a sinistra. da decenni ci vendiamo il futuro per un presente di comodo e privo di responsabilità. da decenni tolleriamo i grandi abusi pubblici per poterci permettere quelli nostri, piccoli e privati. italiani brava gente, credo sia ora di smetterla. la retorica di cambiare il paese per non cambiare paese non regge più. perchè dovremmo cambiare? quali segnali ci sono?
    guardate che questi non andranno via. e cederanno, in apparenza, il bastone solo a dei loro simili. e se li sono già allevati.
    partire non significa scappare. vuol dire andare, muoversi, cercare una prospettiva spostandosi da un punto dove essa è occlusa.
    dite ai vostri figli di mischiarsi col mondo, se avete speranze per loro.
    esonerateli dal dover votare per abolire i minareti in un paese che non ne ha.

  10. Secondo me la domanda interessante non è se la lettera avrebbe avuto un diverso valore se fosse stata scritta da un altro, ma se fosse stata spedita ad un altro.
    Celli scrive a suo figlio di andare all’estero. Sia ben chiaro che non faccio nessuna considerazione sui due individui, di cui so pochissimo a parte la carriera del padre, però questo unico elemento basta per sapere che, se Celli figlio è in gamba, non avrà problemi a fare carriera all’estero, perché il tempo necessario a farsi un curriculum adeguato per ambire a posti alti avrà comunque una copertura economica. Ma il punto è: quanti giovani laureati italiani hanno le stesse possibilità di Celli figlio?
    L’esempio migliore è quello di chi va a lavorare/studiare all’estero, e si mantiene facendo lavori o lavoretti, ma è un modello che sul lungo periodo diventa sempre meno sufficiente, perché aumentano gli aspiranti, aumenta la concorrenza (ergo diminuiscono i salari per i posti meno qualificati), c’è sempre meno posto per tutti. Ancora qualche anno fa si partiva per Londra senza un progetto, ma sapendo di poter trovare qualcosa, oggi gli italiani all’estero con un po’ di esperienza avvertono gli aspiranti migratori che le cose sono cambiate, o si parte con un progetto o c’è poco da fare.
    Non voglio fare il catastrofista, ma visto che è chiaro che Celli, quando parla di andare all’estero, si riferisce alla emigrazione qualificata, non si può non far notare che non è che il mondo sta aspettando gli italiani a braccia aperte. A questo si aggiunga che i consigli di Celli si applicano solo a una parte dei giovani, e tutti quelli che non hanno fatto l’università? Loro non contano? A livello di immigrazione, per loro il resto del mondo non offre molte opportunità (e quelle che ci sono termineranno inesorabilmente nei prossimi anni)…
    Insomma, il succo del mio discorso è che questa lettera di Celli è molto sopravvalutata. Se proprio occorre generalizzarla, a me sembra un monito generico alla classe dirigente: “abbandonate la nave finché si è in tempo”, più che una riflessione utile per il paese.

  11. Non sono d’accordo cin Anghelos: incredibilmente l’università italiana prepara molto bene, basta guardare quanti PhD student italiani ci sono nelle università europee. E con uno stipendio da PhD si vive, magari non da nababbi, ma si vive, visto che solitamente è + alto di quello italiano.
    Npon prenderei quello uello che ha scritto Celli come una lettera da padre privilegiato a figlio privilegiato, a meno che nn si vogliano considerare privilegiati tutti i laureati (forse era vero una volta, ma adesso no di sicuro).

  12. Andrea, probabilmente su quel punto non sono stato chiaro. So che ci sono molti PhD italiani all’estero (mio fratello è uno di quelli, e una volta laureatomi non mi dispiacerebbe entrare nel novero), ma quello che io dico è che la situazione attuale non può essere eterna, che arriverà il momento della saturazione. Oggi solo una parte dei laureati italiani va all’estero, ma se aumentassero di molto ci sarebbero ugualmente PhD o posti di lavoro adeguati a sufficienza? I tempi, per forza di cose, si allungherebbero, e nel frattempo occorrerebbe mantenersi con lavori meno qualificati, ma per cui c’è già molta e crescente competizione offerta di manodopera. Insomma, la tendenza di medio-lungo periodo andrebbe a favorire quelli che, oltre alla preparazione universitaria, hanno alle spalle la migliore situazione economica. Per questo dico che il monito di Celli è rivolto solo a una parte ristretta dei laureati, perché se fosse generalizzato diventerebbe automaticamente meno valido.

  13. Si figuri io, sono di un umore antracite, ormai da tempo. Stranamente, e non so neanche il perchè, mi ritrovo d’accordo con Lei, Signora Lipperini, sul Celli, il quale – lo pensavo stamattina quando qualcuno raccontava le mirabilie di questo signore in TV – ha fatto parte di quel sistema che costringe non tanto il figlio del signor celli ad andare all’estero, ben protetto e al caldo, ma noi, gente comune e figli di gente che lavora sul serio. E spero che, al contrario di quanto Lei dice, siano solo gli oligarchi allargati che ci governano molto male, ad aver affilato i canini per affondarli nelle carni dei cittadini che ormai sono indifesi. Io non desidero, anzi non voglio che i miei nipoti abbiano i canini affilati, non voglio che la vita loro – e mia – sia la morte di qualcun altro.
    E pensare che siamo milioni le persone che tirano orgogliosamente la carretta e si arrabbattano a cucire il pranzo con la cena – senza merenda – in modo silenziosamente dignitoso.
    La saluto con cuore cordiale e con tanti punti interrogativi e di sospensione……

  14. Anghelos: sta di fatto che – allo stato attuale delle cose, per chi ha le spalle scoperte l’estero meritocratico e con sete di investimento in termini di capitale intellettuale favorisce chi ha le spalle scoperte – e non pensare al solito nord america. Per fare un esempio: ho un amico che qui faceva il portiere di notte per campare (con un dottorato – faccio notare) e che ora insegna in un’università della Bosnia. Posto bellissimo efficientissimo e di cui è stra contento.
    Quando un paese decide di crescere, investe sulla qualità della sua formazione, e sulla meritocrazia: mica per ragioni morali, ma perchè la meritocrazia è più fruttuosa economicamente la casta di sangue e di ceto, è il segno del declino. Il mio amico oggi lavora in Bosnia? Un altro fra poco potrebbe trovare posto che ne so, in India o in Cina, se tanto mi da tanto. Ci sono aree del mondo che si muovono in una certa direzione, altre che si muovono in quella opposta.
    POi che il pulpito non garantisca qualità alla predica – posso anche essere d’accordo. Non conosco abbastanza Celli e le sue vicende per giudicare. Ma fondamentalmente – sono d’accordo.

  15. Ok, ma fino a che punto osservare mittente e destinatario della lettera è giusto, e fino a che punto non diventa un modo per non aprirla nemmeno?Un po’ come se ricevendo una missiva ci limitassimo a osservare solo la busta che la contiene.

  16. Fra l’altro, en passant, Celli raccontava – a un seminario per librai un anno fa, che seguii – di come fosse sua abitudine, come manager, propagare degli stimoli narrativi, saltuariamente, fra sottoposti e colleghi, e farli circolare, raccogliendo commenti, derive narrative etc., a fini, sostanzialmente, di gestione delle risorse umane. Dei microracconti, destinati a diventare una sorta di narrazione collettiva – se ho ben inteso la sua spiegazione.
    Direi che in questo caso, attraverso Repubblica, in questo intento – di provocare e suscitare una narrazione collettiva sul web, imperniata sul tema dell’eduardiano fujtevenne – è riuscito a perfezione: in rete non si fa che parlare di lui e della sua lettera, da due giorni.

  17. Condivido in toto ciò che ha scritto Graziani. Sono andato a sbirciare il suo sito e mi spiace che sia costretto a chiudere la sua libreria, doveva essere un ottimo libraio. Sono tempi durissimi, questi. Celli non sarà simpaticissimo ma ha detto delle cose sacrosante. Forse perché non ho figli, ma me ne andrei volentieri da questo paese. Ginzburg giorni fa diceva che si sente italiano quando se ne vergogna. Io non mi sono mai sentito così tanto italiano.

  18. Cioè, se Celli fosse stato sterile, quella lettera non l’avrebbe scritta, quell’amarezza non l’avrebbe sentita, quei rimorsi non li avrebbe provati.
    Come chiamarlo questo: familismo morale?

  19. A proposito della lettera di Celli e del problema di andarsene via, io la penso come Nicola in 54 dei Wu Ming: “C’è chi parte e c’è chi resta. Io sono di quelli che restano. […] Non si può partire sempre, non si può partire tutti. […] Io sono rimasto qui, […] quando i tempi si sono fatti duri, quando abbiamo dovuto rimboccarci le maniche e difendere la democrazia un centimetro alla volta […]. La nostra resistenza non è finita quando siamo scesi dalle montagne, continua anche adesso. E se non ci fossimo noi, se ce ne fossimo andati tutti […] a quest’ora questo paese chissà cosa sarebbe”.
    A proposito di femminile, letteratura ed Emmaus: penso che un uomo che afferma che la 9° sinfonia è una cagata pazzesca e che ha avuto il coraggio di scrivere roba come “City” e “I barbari”, si commenti ampiamente da solo.

  20. @Daxman. Scrivi: “A proposito di femminile, letteratura ed Emmaus: penso che un uomo che afferma che la 9° sinfonia è una cagata pazzesca e che ha avuto il coraggio di scrivere roba come “City” e “I barbari”, si commenti ampiamente da solo”.
    Ti risulta che i geni, riguardo al femminile, abbiano scritto cose intelligenti?

  21. @ valeria: mmm… ammetto la mia stupidità, perché francamente non ho capito la tua risposta! 😀
    Più che altro non so se cogliere dell’ironia sulla presunta (molto presunta, almeno IMHO) genialità di Baricco…
    D’altro canto, penso, per esempio, che un autore come Peter David sia un genio e che con la sua Supergirl di cose intelligenti sul femminile ne abbia scritte eccome!

  22. Non era mia intenzione misurare il genio di nessuno, ma semmai proporre la misura del tasso di misoginia presente nella produzione letteraria di scrittore e intellettuali, il cui q.i. vada dal minimo al massimo.
    La mia ipotesi è che non c’è correlazione tra i due valori.
    Quando si parla di femminile temo che i geni e gli imbecilli siano significativamente solidali.

  23. Oppure… semplicemente è stata loro concessa dal pubblico la patente di genii senza esserlo davvero. Peter David, Grant Morrison, Alan Moore (per rimanere nei fumetti), o i Wu Ming (per rimanere in Italia) sono dei genii, e si vede anche quando parlano di femminile.

  24. Sì, concordo con te Daxman. La variabile ‘genio’ allo stato dei fatti è ancora troppo grezza, andrebbero valutate con molta più accuratezza le sue componenti.

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