UNA STANZA CHE NON C'E'

Un anno e mezzo fa, Alessio Romano e Pasquale Di Biasio mi scrissero per partecipare a un libro che avevano in mente: raccontare, attraverso le parole e una fotografia, come e dove scrivono le donne. Il libro ora c’è, si chiama Una stanza tutta per loro e lo pubblica Avagliano.  Le due domande chiave a cui ho risposto mi hanno costretta a pensare come e dove scrivo. In modo terribilmente precario, direi. Ve le riporto qui sotto. Il libro verrà presentato a Più Libri Più Liberi l’8 dicembre alle 18.30.
Ci racconta qualcosa sulla stanza dove è solita scrivere?
Non ho più una stanza e insieme ne ho molte. Quando, ventidue anni fa, traslocai con la mia famiglia in una casa più grande di quella dove ho vissuto nei primi anni di matrimonio, avevo conquistato addirittura uno studio. Una stanza tutta per me, finalmente, piena di libri, con un pianoforte, quadri e fotografie alle pareti. Ho scritto, in quella stanza, molti articoli e un solo libro, contro i cinque che ero riuscita a completare nel bilocale di Centocelle. Perché nel frattempo i figli erano cresciuti, e avevano bisogno di spazio. Dunque mio marito costruì per me un angolo in salone. Un angolo bellissimo, un mezzo esagono di legno dove infilavo i piedi, la finestra alle spalle, e dove sono riuscita a scrivere una decina di libri, anche se era una stanza frequentatissima da ragazze e ragazzi e amici di famiglia. Infine, due anni e mezzo fa, ho traslocato nella casa che era stata di mia madre. Grande, bella, con un giardino. Ma ho perso anche l’angoletto. Dunque scrivo sul tavolo da pranzo in salone o, se il tempo è bello, in giardino. Eppure penso che proprio qui, saltando da uno spazio all’altro, ho dato forma al libro a cui tenevo di più. Morale: ho capito che non mi serve una stanza.
Ha dei particolari riti che compie prima di mettersi a scrivere?
Uno solo. Inizio e concludo tutti i libri a Serravalle di Chienti, il paese natale di mio padre, nelle Marche, dove ho una casa. In effetti la gran parte dei miei libri viene scritta là, o comunque è solo al mio tavolo nel cortile di casa, con le montagne davanti, che riesco ad approfondire i pensieri, e a dar loro forma narrativa.
Ps. Per la cronaca, manco da agosto da Serravalle, e si sente, io lo sento, parecchio.

2 pensieri su “UNA STANZA CHE NON C'E'

  1. bellissimo, concludi che una stanza, per scrivere, in realtà non ti serve, senza che questo significhi ovviamente rinunciare ad un laboratorio, quel luogo che non ha uno spazio (o quello spazio che non ha luogo) in cui le idee sono in movimento e che induce al raccoglimento.

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