SGRETOLARE LA SCUOLA IN SILENZIO

Succede così. Nella casella di posta arriva una mail dall’ufficio stampa di ProVita (nel link l’inchiesta sui suoi legami con Casa Pound) e Generazione famiglia (ovvero Manif pour tous: nel link anche la condanna per omofobia da parte della Corte di Cassazione francese). Nella mail c’è questa notizia:
“Diceva Ghandi (sic): Prima ti ignorano, poi ti deridono, poi ti combattono. Poi vinci. Con la circolare del Ministero dell’Istruzione in cui viene riconosciuto il diritto di priorità educativa dei genitori è stato premiato lo sforzo e l’impegno con i quali l’associazionismo del Family Day, superando offese e insulti ha portato avanti la battaglia per il diritto dei genitori al consenso informato nelle scuole”: è quanto hanno dichiarato Pro Vita e Generazione Famiglia, tra le associazioni promotrici del Family Day, dopo aver preso visione della circolare del Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della ricerca sul piano triennale dell’offerta formativa alle famiglie.
Per Toni Brandi, presidente di Pro Vita, “un grazie speciale va rivolto al Ministro dell’Istruzione Bussetti, perché ha sottolineato con questa circolare, quindi nero su bianco, la necessità che l’informazione alle famiglie sia d’ora in poi, esaustiva e tempestiva rispetto all’offerta formativa, rispettando quindi l’articolo 26/3 della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani che enuncia che i genitori hanno diritto di priorità nella scelta del genere di istruzione da impartire ai loro figli”.
“Combattere per l'”ovvio” è una battaglia che può sembrare paradossale ai giorni d’oggi – ha aggiunto Toni Brandi – ma questa storia dimostra come genitori, semplici cittadini disposti a scendere in campo e a lottare contro il potere politico ingiusto possano cambiare il futuro. Le famiglie non devono e non possono cedere nemmeno di un millimetro rispetto al gender e ai suoi ‘errori della mente’ come li ha definiti Papa Francesco”.
Per Jacopo Coghe, presidente di Generazione Famiglia “si va avanti, non faremo un passo indietro, pretenderemo l’attuazione di questa circolare, continueremo a presidiare le scuole dei nostri figli contro la colonizzazione ideologica di progetti ispirati alla dittatura gender”.
“Si tratta – ha continuato Coghe – di una grande vittoria dei genitori che sono stati in trincea nelle scuole e di noi associazioni che li abbiamo supportati, accompagnati e rappresentati davanti a tre ministri diversi, dal 2013, passando per i family day, fino ad oggi”.
Anche Coghe ha ringraziato il ministro Bussetti “che finalmente riconosce chiaramente il diritto di priorità educativa dei genitori, il diritto di conoscere e in caso esonerare i proprio figli da attività sensibili che non si accordano con la propria morale”. Grazie Ministro Bussetti, concludono i due presidenti”.
Questa non è una storia nuova. Già un anno e mezzo fa ProVita aveva sollecitato l’allora ministra per l’Istruzione Valeria Fedeli, così:
“Abbiamo due richieste da fare al Miur e al ministro Fedeli, la prima è la formalizzazione a livello normativo del consenso informato e preventivo richiesto ai genitori da parte delle scuole, ha spiegato Brandi, precisando che la seconda richiesta è che vengano istituite attività alternative ai progetti scolastici per cui i genitori avranno espresso dissenso e l’impegno di estendere la collaborazione della scuola con tutte le associazioni di genitori.
ProVita e le altre associazioni parlano di una battaglia fondamentale, sottolineando che nelle scuole italiane si vedono aumentare il numero di progetti ‘gender’, ultimi i casi di Bologna e Modena.
Questi progetti, introdotti con il pretesto di combattere discriminazioni, bullismo e violenza, promuovono in realtà la prevalenza dell’identità di genere sul sesso biologico e la sessualizzazione precoce dei bambini, portando avanti un processo di decostruzione di ogni comportamento o ruolo tipicamente maschile o femminile”.

Qual è la novità? Che ci sono riusciti, e che il ministro attuale ha accolto le loro richieste. Con una circolare firmata dai direttori generali del Miur Maria Assunta Palermo e Giovanna Boda, che stabilisce che “le famiglie devono esprimere il consenso, ove occorra, al fine della partecipazione degli alunni e studenti alle attività extra-curricolari” inserite nel Piano triennale dell’offerta formativa (Ptof). A tal fine si dispone che il Ptof venga “predisposto antecedentemente alle iscrizioni, per consentire alle famiglie di conoscere l’offerta formativa delle scuole così da assumere scelte consapevoli in merito all’iscrizione dei figli”. Ulteriori attività didattiche eventualmente aggiunte in corso d’anno “devono essere portate tempestivamente a conoscenza delle famiglie, o degli studenti se maggiorenni”.
Cosa cambia, visto che il consenso informato per le famiglie o gli studenti maggiorenni esisteva già?
Cambia il rapporto di fiducia con la scuola, o meglio viene minato più di quanto non sia già. Come sottolineano i sindacati scuola,
“ai fini della predisposizione del Ptof la scuola deve certamente promuovere i necessari rapporti con le famiglie, ma la scuola è un insieme di professionalità e costruisce un progetto formativo che le famiglie scelgono in fase di iscrizione” e che deve essere accettato (o respinto) nel suo insieme. “Il rapporto con la collettività scolastica – conclude la nota –non può essere inteso come adesione ad un servizio a domanda individualizzata, l’esatto opposto della funzione che la Costituzione affida all’istruzione”.
Cambia, in altri termini, che i progetti di educazione sentimentale, sessuale, contro la violenza sulle donne e, aggiungo, sui migranti (ma anche altri, ovviamente) sono a forte rischio e verranno, come avvenuto in precedenza, probabilmente cancellati.
Chiara Iannarelli, vicepresidente di Articolo 26 (“sentinelle contro l’ideologia gender”). è limpida in proposito:
“Da oggi, in particolare per quei temi più delicati e sensibili, legati alle scelte educative delle famiglie – come affettività, sessualità, educazione “di genere” e molti altri – che in questi ultimi anni hanno messo a rischio il già delicato rapporto scuola- famiglia, i genitori non potranno più veder loro imposti progetti non condivisi, spesso senza alcuna informazione, e che per i loro contenuti sono invece da sottoporre alle scelte educative delle singole famiglie, anche se svolti nel normale orario scolastico”.
Ancora non è chiaro? Quella che con questa circolare, approvata in silenzio, viene messa a rischio, è l’autonomia scolastica e dei docenti. Prevista dalla Costituzione italiana. Significa che in un paese che già vede la prevalenza di una famiglia chiusa, cieca e sorda a qualunque stimolo che non venga dal suo interno, ostile alla comunità, viene conferita un’arma formidabile per annientare qualunque progetto confligga con la propria idea di mondo.
E’ già avvenuto: basti pensare a quei comitati che hanno bloccato nel 2015 il gioco del rispetto, a Militia Christi contro Scosse, a tutte le iniziative contro libri ritenuti “gender” come Piccolo blu e piccolo giallo, le  mail e le  lettere degli avvocati agli insegnanti, la convocazione di assemblee da parte di alcuni parroci che avvertono che a scuola c’è “l’ora di masturbazione”, e via così.
Ma avverrà di più, e avverrà peggio, dopo quello che appare ed è il benevolo e implicito consenso del ministero.
Avviene nel silenzio, certo. Dimenticando che l’Italia è in ostaggio, letteralmente, di chi impedisce che nelle scuole si parli di educazione sessuale e affettiva: obbligatoria in quasi tutti i paesi dell’Unione, come si legge nel report pubblicato nel 2013 dalla direzione generale per le politiche interne del parlamento europeo, è insegnata nei paesi scandinavi, Francia e Germania. E’ assente in Bulgaria, Cipro, Lituania, Polonia, Romania, Regno Unito. E Italia.
Una proposta di legge sull’educazione sessuale è ferma in Parlamento dal 1975. Un’altra, sull’educazione sentimentale, a presentata da  Celeste Costantino, è sparita.
Mi chiedo, ogni volta, perché. Mi chiedo se chi si oppone a quella che viene chiamata ideologia in nome della libertà di educazione sia consapevole che l’educazione, per quanto riguarda genere e appartenenza, non è affatto libera, e che quelle gabbie si chiudono già ora sulle bambine e sui bambini.
Almeno, che se ne parli. E che il ministero chiarisca i motivi della sua decisione.

2 pensieri su “SGRETOLARE LA SCUOLA IN SILENZIO

  1. Non so a cosa si riferiscano i sindacati. A scuola ormai tutti i progetti a pagamento sono di fatto approvati dalle famiglie (e intendo tutte le famiglie, perché ne basta una affinché il progetto venga abbandonato). E quelli non a pagamento? Possono essere tranquillamente snobbati, se la famiglia non li ritiene opportuni.
    Da anni l’ingerenza delle famiglie negli affari scolastici è stimolata e spesso agevolata dal MIUR, che ha lasciato la scuola come unico e fragilissimo bastione “statale” dove i cittadini possano entrare, sfogarsi e fare tanto i loro comodi.
    Capisco la paura di Loredana, ma io insegno da 6 anni nella scuola pubblica e già 6 anni fa la situazione era quella che descrivo. Questa di Provita aldilà della naturale antipatia e incazzatura a livello “cannoni di Navarone” che ispirano è un passo avanti, tristissimo, ma in un sentiero già abbondantemente percorso.

  2. È difficile riuscire a conciliare le affermazioni della Lipperini con l’art. 26 della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo (dove evidenzierei la parola “priorità”):
    «I genitori hanno diritto di priorità nella scelta del genere di istruzione da impartire ai loro figli.»
    Dire, come fa la Lipperini che il pacchetto formativo va accettato per intero all’inizio e al momento dell’iscrizione, è la classica violenza del più forte. Anche se la Costituzione afferma che «È dovere e diritto dei genitori mantenere, istruire ed educare i figli» (magari la Lipperini avrebbe potuto citare anche questo sconosciuto documento), la stessa Costituzione aggiunge giustamente che «Nei casi di incapacità dei genitori, la legge provvede a che siano assolti i loro compiti». Per cui, nei fatti, l’alternativa è quella di poter impartire un’educazione parentale integrale o quella di non poter entrare nel merito di alcuni punti sensibili dell’offerta formativa che la scuola propone. In altre parole: o sei colto, ricco e con un sacco di tempo, oppure ti becchi tutto il pacchetto, polpette avvelenate comprese. Che ci siano polpette avvelenate è un giudizio che non può che venire da genitori retrogradi, integralisti, omofobi, ecc. ecc. i quali, nonostante queste brutte qualità, pensano di avere quella famosa “priorità” nell’istruzione da impartire ai loro figli, almeno secondo quel trascurabile documento dal pomposo titolo di “Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo”.

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