UNA STRADA NEL BOSCO

Ci sono molte storie grandi di cui occuparsi, nel bene e nel male: nel bene, il Campiello a Rosella Postorino, dopo lo Strega a Helena Janeczek (nel bene non perché sono donne e il politicamente corretto viene appagato, come si legge in giro: ma perché sono romanzi belli e romanzi dallo sguardo lungo, non fissato sulle proprie esistenze come fin troppo spesso avviene). Nel male, l’elenco è lunghissimo: il ddl Pillon (qui, intanto, l’ottimo intervento di Costanza Jesurum, ma occorrerà tornarci e, temo, non solo con gli appelli e gli status), e ogni deriva quotidiana nelle oscurità che ci toccano in sorte.
Però voglio cominciare da una storia piccola. Piccolissima, anzi. Siamo a Carpineti, che è un paese di montagna, Appennino reggiano, uno di quei luoghi che alla montanara che sono aprono il cuore. Sono stata sabato, a Carpineti, su invito di Patrick Fogli e della 25a Ora, associazione culturale benemerita che ha molte storie da raccontare.
Per esempio, quella della strada nel bosco che porta alla Pieve di San Vitale. Che è, come si può leggere, un sito archeologico, un rifugio, un luogo di bellezza cui si arriva con una (breve) passeggiata dentro il bosco. In primavera l’amministrazione comunale decide di asfaltare il sentiero. Come asfaltare?, direte voi. Non si asfaltano i sentieri nel bosco, non ci si mettono i guardrail perché bisogna arrivare alla Pieve in automobile. Lo direte voi, lo dico io, lo scrive la 25a ora. La Pieve deve essere aperta anche a feste e matrimoni, risponde l’amministrazione, dunque bisogna poterci arrivare in automobile. Elitari che non siete altro, è il sottotesto, peraltro esplicitato qua e là sui social. E comunque, prosegue l’amministrazione, a marzo, non asfaltiamo mica. A fine agosto, nell’avviso comunale di manifestazione d’interesse, il Comune parla esplicitamente di “conglomerato bituminoso”. Insomma, di asfalto.
Che storia piccola, direte sempre voi, o almeno alcuni di voi: che vuoi che sia una strada nel bosco asfaltata (o ricoperta di conglomerato bituminoso) al confronto di tutto quel che accade? Invece no. Dalle storie piccole vengono le storie grandi, dalle piccole battaglie prendono forza le battaglie grandi, da quell’accusa di elitarismo (non vuoi che tutti si arrivi in automobile alla Pieve, egoista?) discende il disprezzo verso ogni forma di rispetto e amore per quello che ci circonda, per quello che ci è stato dato, per quello che abbiamo imparato. Che sia una strada asfaltata verso una Pieve bizantina, che sia un “villaggio alimentare” a Castelluccio, che sia l’oscurità quotidiana che ci asfissia.

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