Vi deluderò, immagino. O comunque, come scrivevo ieri sera su Facebook, deluderò chi, fra voi, esige non una presa di posizione ma uno schieramento. Di qua o di là. Con Barbara Spinelli o con Marco Furfaro. Con i vecchi o con i giovani, con gli intellettuali o con i partiti, con le moraliste o le libertarie, con questo o con quello.
Non lo farò.
Perché respingo questa modalità. Così come respingo molte delle modalità con cui è stato gestito il dopo-elezioni, da ogni parte. Così come respingo molte delle narrazioni che ne sono seguite e ne seguono, da ogni parte. Così come respingo la voglia non di chiarezza ma di sangue che emerge da quanto leggo in queste ore, da ogni parte. Così come respingo quella che, secondo queste modalità, è una conferma di un concetto di politica che si riduce a vinco/perdo.
Da ogni parte.
Dunque, prenderò il mio tempo. Dedicherò l’intera settimana, post dopo post, briciola dopo briciola, a quello che secondo me è il problema di fondo: la perdita dell’alfabeto stesso della politica, disgregato nel corso degli ultimi trent’anni in favore di un vinco/perdo. Sottratto alla complessità. Consegnato a una logica da reality show. E che, soprattutto, non coincide con quanto si ha modo di verificare dal vivo, nella carne, camminando insieme alle persone. Davvero, non con una connessione Internet. Davvero, senza riversare nella politica i propri risentimenti personali. Senza riversare nella politica l’eredità di antiche vocazioni alla trama e all’intrigo. Senza riversare nella politica la vendetta o l’ambizione.
Dunque, la prenderò da lontano.
18 luglio 1969. Il senatore Ted Kennedy ha 37 anni. Partecipa a un party nell’isola di Chappaquiddick. Ne esce portando nella sua auto una ragazza, Mary Jo Kopechne, 29 anni da compiere, insegnante, attivista. L’auto manca un ponticello e finisce nel canale. Il senatore Kennedy riesce a uscirne. Mary Jo muore, da sola. E’ probabilmente mezzanotte. Nessuno dà l’allarme. Non il terrorizzato senatore. Solo alle 8.45 del mattino arrivano i soccorsi. Mary Jo, a quanto sembra, è riuscita a sopravvivere per circa mezz’ora respirando in una bolla d’aria.
Cosa ha a che vedere questa storia con la politica? Lo spiega Joyce Carol Oates:
“Qui accanto a lei c’era una persona immune da tutto: lui, uno dei potenti della terra, un uomo virile, un senatore degli Stati Uniti, un volto famoso e un passato tortuoso, un uomo la cui sorte non era solo di subire la storia ma di guidarla, controllarla, manipolarla ai suoi fini. Era un democratico progressista vecchio stile, un frutto degli anni Sessanta, un uomo della Great Society con una dedizione ostinata e zelante alle riforme sociali apparentemente non amareggiato né scoraggiato e neppure molto sorpreso di fronte all’opposizione suscitata dalle sue idee umanitarie nell’America di fine secolo poiché la sua vita era la politica, sai cos’è la politica alla fin fine: l’arte del compromesso.
Può il compromesso essere un’arte?… sì, ma un’arte minore”.
E’ un brano da Acqua nera, lo straordinario racconto lungo che Oates ha dedicato a una delle pagine più oscure della storia americana (spero sia ancora reperibile l’edizione di un paio di anni fa de Il saggiatore). La vicenda si sposta in avanti, fino alla metà degli anni Novanta. Il Senatore ha cinquantacinque anni. Mary Jo diventa Kelly Kelleher. Ma la storia è quella, identica. Ed è la messa a confronto della disillusione e dell’orrore di una giovane donna, segno zodiacale Scorpione, insicura e insieme determinata, ingenua e insieme cinica, ma comunque certa che l’uomo che sta guidando e che l’ha condotta nella melma nera e puzzolente che la sta uccidendo la salverà. Non sarà così. Eppure, fino all’ultimo respiro, Kelly è ottimista. Anche il Senatore, prima dell’incidente, è ottimista. Ha fiducia. Cita Thomas Mann.
“Il Senatore aveva riso ma insomma, sì, in qualche modo capiva, bisogna conoscere il cuore umano, le piccole cose care al cuore umano, non c’è niente che non sia politica come aveva detto Thomas Mann per quanto meschino egoista ignorante possa apparire a un osservatore neutrale questo niente, forse Kelly era troppo giovane per capire.
«Giovane? Non sono affatto giovane. Non mi sento per niente giovane.»
Parole improvvise e aggressive, e piuttosto aggressiva anche la sua risata tanto che gli altri la guardarono; lui la guardò.”
Il Senatore cita Thomas Mann ma non ci crede. Perché dopo, mentre fugge zoppicante negli stessi istanti in cui la ragazza cerca i suoi ultimi respiri nella bolla d’aria, è un’altra la citazione che gli martella nella testa:
“e se fosse crollato tra lo scherno gli insulti le beffe dei nemici? poiché la politica è in essenza l’organizzazione sistematica dell’odio, come aveva detto Adams: o eri organizzato o non lo eri”.
Allora, quale delle due definizioni è vera? La “naturalezza” della politica o il suo essere schema e macchina dell’odio?
E se si dovesse rispondere che sono vere tutte e due, come si fa a creare, ingenuamente, ma di un’ingenuità profonda e non già contaminata dal cinismo come quelle della vittima Kelly (che alla sua parte cinica aveva pur dato ascolto), una terza possibilità?
In effetti è un po’ troppo alla lontana, Loredana.
Non si tratta di vincere o perdere: si tratta di tener fede ai patti. Ho votato una lista che, semplicemente, non lo sta facendo.
Ste’: per me DEVE essere alla lontana, proprio per mantenere i patti che io ho stretto. Il primo dei quali, ripetuto in ogni incontro, era: “la politica non è un derby”. Per mantenerlo, mi rifiuto di entrare nella logica che è stata delineata in questi giorni.
la politica non è un derby, certo. Ma le elezioni servono a rappresentare la popolazione. Da questo punto di vista mi pare che la lista Tsipras abbia fallito due volte: la prima mettendo capolista un nome di richiamo che però faceva da civetta (e non tutti gli elettori lo avevano capito, ne conosco che hanno votato Spinelli in buona fede pensando di mandare lei a Strasburgo); la seconda quando Spinelli ci ha ripensato (scontentando quelli che l’avevano votata come civetta). Non si tratta di buoni o cattivi ma di una concezione della politica come rappresentanza. All’anglosassone se vogliamo: conosco il mio candidato, voto lui perché mi fido, e poi mi aspetto che non tradisca la mia fiducia (altrimenti non lo rivoto). E’ il tipo di politica che vorrei.
Concordo con Alessandra Quattrocchi.
Aggiungo che la logica di derby mi sembra quella che ha imposto una persona che aveva dichiarato che non avrebbe accettato un eventuale seggio, più che quella dei giudizi di queste ultime due settimane (che, semmai, quella logica stanno portando alla luce).
Molto interessante ed elegante il racconto, molto pertinente la domanda, ma chiara, almeno per quanto mi riguarda, la risposta: sì è l’organizzazione dell’odio, non è la guerra a essere la prosecuzione della politica con altri mezzi, piuttosto il contrario. La politica prosegue la logica di guerra sugli scranni, si vince e si perde, si organizza la sfiducia come disse ai tempi, credo, Lenin. La politica moderna si rifà o alla polis greca, con il suo carico di razzismo costitutivo classista e antifemminile, radicalmente patriarcale, o alla Rivoluzione francese che in realtà ha consegnato il potere per via terroristica alla più corrotta, meschina ed egoista delle classi sociali. Con questi presupposti, come si fa a credere ancora alla politica? Io non ci credo. Credo nella possibilità di organizzare meglio la vita in gruppi più piccoli e parziali, credo nella possibilità di cambiare le persone, ma non le COSE. Le cose non cambiano. Solo le persone possono cambiare.
Io trovo questo post di un’intelligenza illuminante, un’intelligenza che ho riscontrato ben poco nella gestione dell’affare candidature.
Anch’io sono una delusa dalla scelta di Barbara Spinelli, e ne prenderò atto arrivando a una corretta elaborazione.
E parto da qui, da questa storia, da tutto quello che racchiude.
Sono stanca di accanirmi, e di seguire gli accanimenti.
Non sono una delusa dalla vicenda di Barbara Spinelli e neanche comprendo (o desidero comprendere) l’ondata di emotività che questa ha suscitato. Nei rapporti tra Lista Tsipras e SEL mi pare ci siano state tensioni fin dall’inizio, così come sono presenti all’interno di SEL dal momento in cui il progetto Italia Bene Comune non è andato in porto. Questo comprensibilmente porta con se’ una riflessione più o meno attonita sull’identità della sinistra oggi in Italia, ammesso che ancora abbia senso utilizzare la parola “sinistra”.
Mi pare che in questo dibattito (si può chiamare tale?) si siano persi di vista due elementi importanti: i valori e gli strumenti, che sono elementi essenziali della cassetta degli attrezzi della politica.
Sono contenta che Spinelli vada a Strasburgo a portare avanti le idee e i valori che hanno animato il programma della Lista Tsipras; poteva andarci Marco Furfaro ma ci vanno lei e la candidata di Rifondazione. L’importante per me non è in questo caso la persona ma l’idea di cui è portatrice. E’ importante che quell’idea venga promossa e valorizzata in ogni modo. Se Tsipras stesso ha ritenuto che Spinelli fosse indispensabile non mi stupisco. Se mai, questo mi fa riflettere sul perdurare delle eredità fatte di cognomi paterni e molto raramente materni, che in qualche modo continuano ad essere biglietti da visita importanti a livello strumentale nel grande gioco dell’influenza non solo a livello italiano ma anche globale. Essere figli-di non è solo un’eredità di conoscenza e di familiarità verso mondi e persone, ma è tuttora un lasciapassare per raggiungere obbiettivi e soprattutto ricevere attenzione e riconoscimento. E’ questo un argomento pratico tutt’altro che marginale.
Sul fatto poi che invece, a sinistra, si combatta periodicamente una guerra tra poveri (perchè questo è, quando si consuma tanta energia per 3 seggi all’europarlamento), si sia incapaci di un’unità basata sulla fiducia in un comune sentire, sul fatto di sapere che la faticosa riflessione a volte è l’unica strada da percorrere per raggiungere una visione nel contesto di grande complessità in cui ci troviamo, su tutto questo ho raggiunto una specie di atarassia. Il problema a sinistra è un problema di relazioni, di gente che non si sa parlare e non sa utilizzare gli strumenti della mediazione. Chi ha lavorato nei contesti politici della sinistra saprà che viene tramandata una cultura di “famiglia”, che il partito è un po’ una famiglia. Se è così, io sono contenta che i miei parenti non siano di questa risma. Mi piacerebbe invece che fosse vero, che a questa idea di familiarità nella politica facesse riferimento la realtà dei fatti.
Forse il compromesso non è un’arte nobile, è un’arte minore. Quello che accade e sta accedendo da anni e anni riguarda il fatto che prima di fare i direttori d’orchestra bisognerebbe almeno imparare a suonare bene uno strumento. Invece nella sinistra radicale, più che in qualsiasi altra area politica, sono tutti segretari, sono tutti allenatori, è tutto un giudicare, etichettare, censurare. Li vedo tutti invecchiare in panchina pieni di certezze e neanche loro sanno più bene che sport si sta giocando.
la mediazione non è necessariamente compromesso . La Barbara Spinelli ha avuto delle preferenze date alla sua persona , bisogna prenderne atto.
Premesso che non ho votato Tsipras ma ho firmato per permettere la presentazione della lista, che sono stata contenta che la lista abbia raggiunto il quorum , mi dispiace tutta questa polemica che fa male a tutta la sinistra.
Mentre ci si crogiola nelle analisi autoreferenziali i processi decisionali vanno avanti e la mancanza di una sintesi magari non perfetta diventa peccato mortale.
Preferisco morire in peccato mortale, ma non farmi dettare l’agenda da chi vuole che io mi schieri qui, ora e senza aver almeno tentato un’analisi più complessa del “chi sta con chi”. L’autoreferenzialità, mi pare, è in chi ha vissuto e continua a vivere le campagne elettorali come test sulla persona. A qualunque “schiera” appartenga.
@ Ste’
Non ho partecipato ai comitati per la lista Tsipras, ma ho appoggiato quello che i liberal chiamerebbero “un galantuomo”, e che per me era semplicemente un compagno di tante battaglie sulla scuola (Carlo Salmaso, collegio nord est) Avrei fatto lo stesso, nel nord ovest, per Loredana, o Nicoletta Dosio. E quando mi è stato chiesto di mettere faccia e nome al suo passaggio elettorale nella mia città, l’ho fatto, chiarendo in publbico che avrei esposto le ragioni per cui valeva la pena votare la lista, oltre che la persona, e mi sarei tenuto per me, per “cortesia politica” verso chi mi ospitava, le perplessità. Ma non ho potuto fare a meno di notare l’assenza, a quell’incontro, di chi era già impegnato a trattare col PD, e a boicottare dall’interno il progetto dando concrete indicazioni di voto. Ragioni lecite nella politica politicante, come no: ma m’era parso di capire che questa lista volesse rompere con quelle ragioni, e invece pare mi sbagliassi. Però da questi dirigenti e funzionari e portaborse dalla sensibilità politica purissima (oggi) non ricordo di aver sentito, un mese fa, denunciare la mancanza di correttezza di chi si faceva i calcolini post-elettorali. Beh, io ho votato per una lista europea che aveva un progetto di respiro europeo: un progetto che è stato immiserito e involgarito, giorno per giorno, qui in Italia, da tanti, troppi che hanno avuto di mira il microbiettivo del proprio ombellico. E dico che ha ragione Loredana a non cascarci, in questo derby in cui faccio fatica a vedere correttezza e dignità politica da molte, se non da tutte le parti in causa. In ogni caso, io non ho votato né Spinelli né Furfaro: ho votato Alexis Tsipras, e l’ho votato per quello che lui, Syriza, gli Aganaktismeni di piazza Syntagma hanno fatto in questi anni, e per le ragioni per cui hanno lottato.
@Girolamo De Michele, grazie per il tuo messaggio (anche se non ho capito perché lo indirizzi specificamente a me: non c’è polemica in questa richiesta, sia chiaro).
@Loredana: non so se ti riferissi ai miei post. Nel dubbio, preciso: io non chiedo a nessuno di schierarsi, perché non mi interessa chi sta con chi. Ho espresso un personale scoramento: ho votato un’idea e trovo che quest’idea si traduce nelle solite baruffe che hanno portato la sinistra italiana a smembrarsi e perdere potere di rappresentanza. Ho votato qualcosa di diverso e scopro che non è diverso.
Girolamo: a me pare che Tsipras sia l’elefante della stanza che qui in Italia nessuno vuole vedere. Perché da quello che ho capito io è stato proprio lui a premere perché Spinelli accettasse il seggio. L’ha fatto perché, legittimamente (dal suo punto di vista), se n’è infischiato degli equilibri millimetrici delle forze in campo nella lista con il suo nome, forse non capendoli più di tanto, o forse appunto fregandosene e basta.
Morale, per chi oggi si straccia le vesti per Furfaro: in questo genere di politica c’è sempre qualcuno più grosso di te, che se vuole ti mangia.
@ste’, mi riferivo ad Antonella Panetta e all’idea “se non ti esprimi sei fuori”, già ribadita da altre e altri sui social (“se non sei nei processi sei fuori”). Idea, a mio parere, vetusta e perniciosa. Oltre che di intollerabile violenza nei confronti di chi vuole seguire altri percorsi.
Cara Lipperini, non c’è bisogno di processare o scomunicare nessuno. Se schierarsi fosse questo, adesso, sarebbe opportuno, salutare, sensato non schierarsi.
Si potrebbe, però, cortesemente, amorevolmente dire a Barbara Spinelli che dovrebbe rinunciare.
L.
http://www.linkiesta.it/lista-tsipras-esercito-di-generali-barbara-spinelli-luca-telese
PS
[Se poi, mettiamo, Furfaro non volesse stare più con Tsipras ecc., ma preferisse il PSE ecc., diciamolo chiaramente. Dev’essere una discussione politica. Politica non è una parolaccia].
Ho votato Tsipras, questa vicenda è autolesionismo non necessario, per ora non voglio giudicare B Spinelli. Giudicherò la politica europea che metteranno in campo.
..Fai bene a prenderla alla larga Loredana, a volte è l’unico modo(peraltro io ho votato la Spinelli, senza sapere che è la vedova di Padoa-Schioppa, ma nella vaga speranza che fosse parente del ragioniere di Berlusconi e , almeno per inferenza, potesse scapparci un mensile anche per me). Invero, se ci fosse la possibilità di uscirne fuori così i ragazzi di Sel avrebbero risolto con una petit scission,così nessuno avrebbe avuto niente da dire. E comunque venire meno a un giuramento prestato in una riserva mentale chiara a tutti(tranne che agli elettori naturalmente) è come i debiti di gioco un’obbligazione naturale, e come tale non è prevista, per chiunque pretenda l’adempimento, la possibilità di richiamarsi a un codice particolare. Comunque “Fino a qui, tutto bene”
https://www.youtube.com/watch?v=SKqzayNo4Dk
Sono stato un sostenitore della Lista Tzipras anche se con grandi “travagli” interiori. Quei travagli erano dovuti proprio alla continua apertura ai 5s da parte della Spinelli. Credo che in realtà le forze politiche e sociali che hanno sostenuto quella lista abbiano questa “bega” tra le principali cose di cu occuparsi nel prossimo futuro. Il mio dissenso verso la Spinelli è fondato su questo a prescindere da ogni polemica spicciola. Attendo
ho votato la lista Tsipras ma non i candidati che andranno a bruxelles ma non mi importa, sono contenta che anche dall’ Italia manderemo tre eletti e l’unica cosa che conta è che siano coesi nel perseguire delle politiche giuste e a favore della gente, all’interno della GUE e che non voltino gabbana una volta insediati. capisco la delusione degli elettori di sel ma bisogna andare oltre i settarismi se vogliamo cominciare a ri-costruire qualcosa
Loredana, fai benissimo a “volare alto” e a tenerti fuori dai vari “o con me o contro di me”, tuttavia, nello specifico mi sembra che le questioni sollevate siano fondamentalmente due ed entrambe di carattere politico (perché la politica deve avere una motivazione “alta” ma poi ha un aspetto pratico di scelte “sul campo” che traducano nei fatti quelle aspirazioni):
1. La scelta discutibilissima di accettare “candidature-civetta” (col risultato brillantemente esposto da Alessandra Quattrocchi qualche post sopra il mio) e il successivo ripensamento di Barbara Spinelli: un esempio da manuale di scelta sbagliata e di rimedio peggiore del male;
2. La profonda spaccatura che distruggerà definitivamente SEL sia sulle scelte interne (alleanza col PD o no?) che europee (PSE o Gruppo di sinistra?).
L’odio personale, che peraltro oscura queste motivazioni politicamente importanti e sulle quali andava riflettuto ben prima, va tenuto alla larga perché non conduce a nulla; sul potere “polarizzante” ed “amplificante” dei social riguardo l’hate speech, poi, mi pare che tu abbia scritto ampiamente e bene in “Morti di fama”, no?
A scanso di equivoci, chiarisco. Non credo che il mio sia “settarismo” ma sano antifascismo
Io invece penso che volare alto significhi anche schierarsi perché si comprendono le ragioni di una donna di elevata cultura e disponibilità che fino ad oggi non si è mai misurata con l’impegno diretto e che, consapevole della sua età e dei problemi che questo potrebbe comportare, si è detta disposta a mettere il suo nome a disposizione di un progetto e poi, quando ha visto la grande risposta numerica alla sua candidatura, (ne) ha preso forza e ha deciso di andare. Spiace per chi è arrivato secondo ma che è arrivato, per l’appunto, secondo e non primo. Avrei preferito che Spinelli avesse scelto il collegio per ragioni diverse da quelle dichiarate ma oltre questo c’è un progetto di cui avere cura e fare politica non è soltanto sedere in un seggio, un giovane oggi ha mille possibilità di farsi le ossa, invece di vittimizzarsi come sta facendo quel giovane. Volare alto, insomma, per me è avere il coraggio di dire cosa si pensa, anche nel merito, senza paura che questo ci consegni dei nemici da affrontare. Politica è un po’ tutto, non solo posizionarsi lontano perché oggi schierarsi è diventata una pratica bassa: ci si può schierare restando alti.
Allora non sono stata sufficientemente chiara: non concordo con molte modalità dell’una e l’altra parte. Dunque, è il concetto stesso di schieramento che, in questo caso e non in altri, trovo lontano dal mio pensiero. E su questo chiedo rispetto 🙂
Io parlavo per me però se c’è un’impossibilità a schierarsi perché nessuna delle posizioni soddisfa c’è anche poco merito :-).
P.S. spero di non aver mancato di rispetto.
Se stessi cercando merito non avrei scritto quello che sto scrivendo in questi giorni.