119. STORIE DAI BORGHI. COORDINARE CON LENTEZZA. E UNA NOTA SU RISORGIMARCHE

Due giorni fa mio marito e mio figlio sono andati a mangiare al Vecchio Molino di Pieve Torina, quello delle sorelle Fronzi, indomite e instancabili. E’ ancora tutto in briciole, è il racconto. Le macerie sono ancora dov’erano e com’erano. Il “che sta succedendo?” va avanti da 119 post. Qui trovate un’analisi piuttosto lucida:
“Alla confusione generale, come il rimpallo delle competenze sulle macerie, e a quelle determinate dalle stesse ordinanze, si sono aggiunti nelle Marche problemi particolari. Di coordinamento, perché i comuni coinvolti sono tanti. Di attuazione, perché ciascuno di loro ha esigenze molto diverse. E anche di informazione e di comunicazione, del tutto assenti.  Adesso le cose vanno un po’ meglio, l’Ufficio per la Ricostruzione è stato strutturato e sul terreno qualcosa si muove. Ma sembra di avanzare al buio, con una lentezza disarmante. Si sente la mancanza di una spinta, di una regia forte. Il passaggio di consegne dal centro alla Regione è un’opportunità anche politica, ma pure un grosso rischio se il governo centrale non sgombrerà definitivamente il campo dagli enormi equivoci che circondano la ricostruzione.  Non sarà per niente facile, e questo è il secondo motivo di preoccupazione”.
Nel frattempo, alè alè, c’è RisorgiMarche. E mi permetto di postare qui quanto scritto dalle solite, benedette, Cronache mesopotamiche:
NOSTALGIA CANAGLIA
[- Ci metto anche il pile, nello zaino? Anche il K-Way?-
– Minimo. A millecinquecento metri, appena cala il sole, fa freddo. Poi lassù c’è sempre vento…-
– Sì, ma il sole spiomba, in montagna. Ti ricordi che razza di ustione, due anni fa? Ed era febbraio. Certo, un po’ cojoni lo siamo stati, a fare fondo per tutta la giornata senza protezione…-
– Dove lasciamo la macchina?-
– Boh, ce lo diranno loro…di sicuro 4-5 chilometri non ce li leva nessuno. Mettici anche un paio di pèsche, dài.-
– E la crema solare, stavolta. Il plaid. Acqua, barrette. C’è tutto. I panini li prendiamo su… Pronti. Si va?-]
Quanti dialoghi del genere, fra il 25 giugno e il 3 agosto? Migliaia, decine di migliaia.
Neri Marcorè ha presentato il 5 giugno “Risorgimarche”, tredici concerti di grandi nomi della musica pop italiana (Mannoia Brunori De Gregori Ron ecc.) che si terranno, come dice lui stesso nel video di presentazione, “nei prati dei luoghi panoramici più belli”, “per stare vicini alle comunità colpite e per promuovere il turismo”.
No biglietti, no transenne, no palchi.
Ci si reca sul luogo a piedi, lasciando la macchina lontana qualche chilometro. Previsto servizio transfer con auto elettriche per persone a ridotta mobilità.
Tra i partner, il Consorzio tutela vini piceni e Food Brand Marche, un “polo enogastronomico” (si autodefinisce così), nato nel 2015 per promuovere i sapori marchigiani nel mondo (sapore di Expo, direi).
Il modello è quello dei concerti che si tengono sulle Dolomiti. Concerti di jazz e classica e, quest’anno, solo un paio di nomi più pop, Nada e l’Orchestra di Piazza Vittorio; per chi volesse curiosare, qui il programma.
E adesso, scopri le differenze.
Sulle Dolomiti non c’è quasi mai amplificazione, si deve scarpinare anche parecchio (non sempre, in verità: molti luoghi sono accessibili persino in auto o con gli impianti di risalita) e si comincia o alle 13:00 (per cui devi essere partito presto al mattino) o alle 6:00. Del mattino, naturalmente.
Gli artisti coinvolti sono di fama internazionale (i violoncellisti dei Berliner!), ma con un target ben preciso.
Non si bivacca, non si mangia se non quello che offre il rifugio, se c’è, o che ti sei portato da casa.
Se si sta in un bosco, è perché da quegli abeti nasce lo Stradivari che il violinista sta suonando standoti proprio di fronte.
Sui Sibillini si parla di “concerti acustici”, ma credo proprio che una chitarra non amplificata, all’aperto, non abbia senso. Si comincia alle 17:00, per finire, immagino, all’inizio del tramonto (alle otto di sera ancora c’è il sole, a giugno). Gli artisti coinvolti sono tutti nomi notissimi del pop italiano, capaci di attrarre migliaia di fan, soprattutto se è gratis. La collaborazione con Food Brand garantisce che le migliaia (?) di spettatori non muoiano di fame e di sete.
Non è difficile immaginare centinaia, migliaia di persone che salgono sui pratoni, costeggiando case crepate. Turisti, ma anche abitanti del posto, o persone che lì hanno (o avevano) la seconda casa. La ressa, la musica (“non ce vedo, spòstete! C’è vento, non si sente! Oddio, fra poco sgrulla!” [trad.: si avvicina un acquazzone]). I gazebo, i tavoli con i panini e il vino, magari anche le olive ascolane. Se è bello e non fa freddo, aspettare sul prato che si accendano le stelle.
La mattina dopo. Cartacce, è normale. Deiezioni di varia natura, fazzoletti di carta (“tanto si sciolgono”. Vero, ma ci vogliono comunque due o tre mesi). E l’erba schiacciata, i fiori divelti (luglio è il mese delle fioriture appenniniche, non solo a Castelluccio).
Non conosco tutti i luoghi scelti per i concerti, però ne conosco benissimo almeno otto. Due sono sopra casa mia, i piani di Ragnòlo e la Pintura di Bolognola.
Per esempio, Ragnòlo. È un’area protetta, di grande interesse naturalistico. Ci crescono le orchidee selvatiche. E i cardi, e miriadi di piccoli fiori alpestri. Sono prati che profumano essenze arcaiche. D’inverno, la sconfinata distesa bianca invita a sciare con lentezza (e con fatica, e ustionandosi la faccia a febbraio, come ci accadde da bambini). Lassù le pernici cantano, e ci pascolano le vacche del vicino di casa (quest’anno sono scese a novembre inoltrato, la stalla non c’era più, e ancora adesso non c’è).
Per esempio, la faggeta di Canfaito, con i suoi alberi secolari, e il sottobosco delicato.
Magari andrà tutto bene. I negozi aperti ne trarranno di sicuro un vantaggio. I produttori locali non so (il cartello Food Brand è troppo figo per il pastore che fa la ricotta con le sue duecento pecore). Di sicuro chi riuscirà a trovare un posto in prima fila vivrà un’esperienza bellissima. Forse sarà un’occasione per riunire abitanti di prime e seconde case adesso dispersi qua e là sulla costa.
Ma il grillo parlante che è in me continua a chiedere se sia questa la strada giusta, se è così che la gente, anche quella di fuori, quella che non sarà lì ma vedrà i servizi al TG, potrà diventare più consapevole. O se questa non sia una forma solo appena più nobile di turismo di consumo. “Andiamo a sentire De Gregori”. Senza sapere che ci fa un santuario bramantesco sul crinale fra la Valnerina e Fiastra.
Finita la festa, tutti a casa, chi a casa sua vera, chi in albergo perché è venuto da fuori, chi in campeggio o in hotel perché la casa non ce l’ha più.
La solita vecchia storia, già raccontata anche qui: la montagna usata come sfondo per qualcos’altro. La montagna scenario dei picnic di Ferragosto, il tavolo da campeggio montato di fianco alla macchina, il cocomero nel ruscello. La montagna fonte di frescura certa quando in pianura, a luglio, si muore di afa. La montagna, utile propaggine, mai davvero conosciuta, nemmeno da noi marchigiani (siamo tutti colpevoli).
Forse è ora di darsi da fare anche in un altro senso, meno eclatante, più consapevole, molto più faticoso: camminare, conoscere, penetrare quel mondo senza essere invadenti.
[Sul Ragnòlo ci crescono funghi speciali, buonissimi, non dirò mai né come né dove, nemmeno sotto tortura. Proprio adesso, fra giugno e luglio. Sul Ragnòlo, ci diceva papà, non si possono raccogliere fiori. Dal Ragnòlo (da Pizzo Meta, vetta alla portata di bambini treenni) si vede il Cònero e la casa di Recanati. Tutta qui, la mia Mesopotamia. Nostalgia canaglia.]

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