L’architetto Carlo Brunelli scrive un gran post su Castelluccio e sul deltaplano. E ipotizza soluzioni alternative. Leggete. Io mi limito a riproporre la parte finale:
“Più in generale – se davvero si vuole promuovere il bene di Castelluccio e dei castellucciani – ritengo che non servano nuovi insediamenti quanto la presenza di gente che sale ai Piani di Castelluccio…e forse sarebbe bene che i luoghi di concentrazione dei turisti fossero diffusi nei piani, magari in prossimità dei valichi, piuttosto che condensati in un unico luogo.
La frequentazione dei Pani sarà garantita più dall’organizzazione di eventi, anche e soprattutto nel periodo invernale, piuttosto che dalla formazione di centri commerciali sul modello di quelli che troviamo nelle città.
Belle ed evocative le immagini della Festa della montagna del 1961…. Un mare di gente sul Pian grande: come ci erano arrivati? La maggior parte senza l’auto, a piedi. Eppure erano saliti in migliaia su a Castelluccio…
L’importante è “esserci”, non “costruirci”.”
Anche il presidente del WWF Perugia dice la sua:
“Se non lo facessi, se per convenienza tacessi, badando ai fatti miei, mi si strozzerebbero le parole in bocca. Per me, da cittadino militante e informato, la parola contraria non solo è un dovere, ma soprattutto un diritto (quando ne ricorrono i presupposti, come in questo caso). Ho, per il ruolo che ricopro, il dovere di capire, di studiare, di approfondire, e poi ovviamente anche il dovere d’informare! Parola contraria, è semplicemente dire le cose come stanno, diritto che si rafforza quando si è consapevoli del fatto, che oggi si è “sudditi di un potere” che in perfetta solitudine, decide del nostro futuro. Lo Stato, la Regione, non è un’azienda che eroga servizi, è invece (o meglio dovrebbe essere), un luogo dei diritti. Per evitare quindi che il mio vocabolario si possa ammalare di reticenza, di autocensura, esprimo in forma libera il mio pensiero, a beneficio di tutti. A Castelluccio, la sua gente ora fuori dalle case dalle aziende a causa del terremoto, deve poter tornare prima possibile a vivere e a lavorare come finora ha fatto, in armonia con l’ambiente e la natura e dalla quale in maniera generosa ha tratto il suo benessere, il suo reddito. Ed è anche per questi motivi che Castelluccio rappresenta un simbolo di interesse generale (non locale) non solo italiano ma è da sempre stata icona per il mondo intero, il percorso per la sua vera rinascita, esige quindi una partecipazione effettiva, la più ampia possibile, coinvolgendo tutti gli attori (e non solo alcuni, di tipo imprenditoriale e politico), ma anche le Associazioni ambientaliste per un reale confronto tra visioni, soluzioni e progetti (plurale), possibili, in luogo dello (stranamente) unico progetto segretamente calato dall’alto, imposto senza effettiva discussione e confronto partecipativo, per poi chiamarlo con vari artifici lessicali, …in 1000 modi diversi, che non cancellano però quel che è: un edificato, che occuperà una superficie di migliaia di metri quadrati, sotto il centro abitato di Castelluccio, nel versante che guarda il Pian Grande. In tale villaggio verrebbero delocalizzate “transitoriamente” – e cioè per almeno 15- 20 anni, quanto durerà la ricostruzione – numerose attività produttive ed economiche tra cui dieci ristoranti, tre caseifici, otto negozi. Ciò comporterà un enorme sbancamento e, inevitabilmente, la realizzazione di un megaparcheggio in grado di accogliere migliaia di visitatori, con conseguente ulteriore consumo di suolo. Il tutto realizzato in deroga alle norme di tutela, ignorando il Parco e la partecipazione democratica dovuta, per scelte di tale portata e impatto, che ipotecano il futuro dei territori. La ferita dell’ecomostro inferta dal “deltaplano” sarà visibile dal Monte Vettore, dal Pian Grande e dal Pian Piccolo, condizionerà e stravolgerà per sempre il paesaggio di Castelluccio, il suo “colpo d’occhio”, sottolineando ulteriormente l’ipocrisia della transitorietà. Ed è su questo singolo aspetto, seppur non l’ultimo e nemmeno dei più gravi, che si basa il mio intervento per far comprendere l’inganno semantico e progettuale, usato disinvoltamente per dis-informare. La permanenza del villaggio sarà “transitoria/temporanea”, …ma non sono fissati i limiti di tempo, per detta struttura “temporanea” sarà necessario quindi gettare delle fondazioni, eseguire opere di urbanizzazione, cementificare e impermeabilizzare suoli per la realizzazione di parcheggi a servizio delle attività, che furbescamente, non sono state al momento previste/visualizzate in progetto, …forse per non spaventare troppo. Ben sappiamo purtroppo che nulla è più stabile in Italia, che qualcosa di provvisorio. “Transitoriamente” quindi, se tutto andrà bene, il “villaggio” permarrà pertanto, come già detto, per tutto il tempo della ricostruzione, almeno 15-20 anni, di più, non sono stati accantonati e previsti i fondi necessari per la sua dismissione. Non sono state previste in progetto, le modalità e la tempistica di smantellamento, ne per esso è stata prevista garanzia fideiussoria, che garantisca l’effettivo smantellamento delle opere cosiddette provvisorie. Non è stato previsto, scritto nero su bianco, che non ci sarà la possibilità di derogare al divieto di demolizione e ripristino dello stato dei luoghi. Ecco, questa garanzia scritta, sarebbe di per se sufficiente a vincere tutte le pregiudiziali, …peccato non stia scritta da nessuna parte. Questo sarebbe stato un serio vincolo garantista verso la collettività tutta, sia regionale che extra-nazionale senza ipotecare/compromettere la bellezza dei nostri territori, altrimenti ci verrebbe da pensare in maniera maliziosa, che qualcuno con la scusa del terremoto, vuol realizzare attività commerciali permanenti, affacciate sulla vallata più bella del mondo. Il WWF, da sempre condanna tutti i crimini e gli scempi perpetrati da chiunque, proprio perché si capisca la differenza tra l’ambientalismo di servizio e quello di potere. Il WWF non poteva tenersi in disparte a riflettere, questo non ci era possibile per una serie di fatti che coinvolgono le nostre sensibilità e responsabilità. Amare il proprio territorio significa conoscerlo, difenderlo, magari anche con una buona dose di ingenuità forse, ma con tanta decisione, desideriamo proteggere la bellezza, il futuro. Ci lanciamo in questa lotta in modo convinto, comunque appassionato, anche rischiando di essere il “Don Chisciotte” della causa, perché l’illusione, il sogno, la bellezza non debba morire. Noi non possediamo la proprietà del bene, ma abbiamo comunque il dovere morale di richiamare a questa necessità, il cittadino, lo spettatore, il turista, sperando con il loro aiuto, con la loro forza di respirare la rinascita. Questo è il momento di fare la scelta giusta (per sempre), che è cosa ben diversa dal fare la scelta più conveniente al momento. A queste condizioni, questo progetto era e rimane inaccettabile, in quanto l’incompatibilità ambientale non è un problema aggirabile, ma un dato di fatto, tenuto conto della bellezza del sito e delle sue valenze paesaggistico-ambientali. Idee diverse, progetti diversi sono possibili, per raggiungere lo stesso obbiettivo.
Perché si è operato in maniera tartufesca!??”
Sauro Presenzini
Presidente WWF Perugia