15. STORIE DAI BORGHI: SIMONETTA E ROCCA VARANO

Domani sarà un mese. Un mese dalla scossa più forte. Cosa sta cambiando nei luoghi colpiti? Tutto e niente. Restano la paura (perché il terremoto è tutt’altro che finito, è solo fuori dai riflettori), il dolore, l’incertezza sul futuro (leggete, per esempio, le parole della farmacista di Muccia). Però ci sono tante realtà nuove: è finalmente on line DajeMarche, il portale di e-commerce realizzato a tempo di record da un gruppo di ragazzi di Tolentino. Procede speditamente il progetto FuturoInfinito per la realizzazione di una biblioteca itinerante a Visso. E continuano le storie raccolte su questo blog (mandatene ancora!). Oggi, Simonetta Cestarelli racconta Rocca Varano.
Io ho vissuto la mia infanzia proprio vicino alla casa che ho comperato da pochi anni. Amavo ogni cosa del mio piccolo paese, ma sono dovuta andare via, mio padre voleva inseguire un suo sogno e io mi sono sentita come strappata via.
I profumi, i colori del mio paese, i rintocchi del campanile della chiesa di Santa Maria Assunta, l’odore della pioggia in estate, il rumore secco dei telai delle ragazze nel laboratorio di tessitura vicino casa, le colline dolci fragranti di ginestra, erano come perdute. La mia storia era archiviata nel mio cuore. Non riuscivo a raccontarla, avevo solo nostalgia.
Poi ho incontrato la mia casa per caso ed è stato come ritrovare un frammento della mia vita, anche se allora non sapevo che lì c’era un filo che conduceva a me.
E’ una casa davvero antica e quando l’ho acquistata era in stato di profondo abbandono, tanto da pensare che fosse pura follia del cuore comperarla.
Interamente costruita in pietra, fa parte del borgo fortificato del castello di Rocca Varano costruito su un alto scoglio di roccia.
In cantina c’e’ un bel torrione con un bell’arco di pietra e probabilmente da lì sono passati i cavalieri al galoppo. Le pitture più vecchie che sotto il bianco di muri che con tanta pazienza cerco di portare alla luce raffigurano bellissime grottesche .Nel salone sul soffitto, i dipinti settecenteschi, con allegorie degli ozi estivi, raccontano del passato di signorile casa di campagna. In tempi più recenti, è stata la dimora estiva di tre signorine piuttosto in là con gli anni; il nipote mi ha raccontato che una di loro, zia Titina, era pittrice ed andava con le sorelle in calesse fino al fiume e lì dipingeva en plein air.
Di ricordi materiali della mia vita ne ho davvero pochi e fra questi c’è la sala da pranzo di mia mamma. Mobili in stile art deco’, comperati da mia nonna dopo la guerra da un signore che, per necessità, vendette tutto in una notte. La mobilia era completata da un bel quadro che ha accompagnato la mia famiglia in tutti i suoi spostamenti. Ho sempre amato quel dipinto. Raffigura un piccolo fiume con attorno giovani querce e i monti Sibillini sullo sfondo e proprio in quei giorni confrontando la firma con il nipote, ho scoperto essere opera della Zia Titina pittrice.
Certo potrà essere stato un caso, ma tutto questo ha stretto un legame ancora più profondo fra le mie radici, me e la mia casa splendida e malandata. In questi ultimi quattro anni, abbiamo cercato di ristrutturarla con amore, cucendo e scucendo i suoi muri, rinforzando i travi e cercando di interpretare il linguaggio delle sue pietre. A questo ultimo terribile terremoto ha retto: forse se non l’avessi comperata oggi non sarebbe in piedi.
Amare un luogo è sapere che è il posto più bello dove la propria anima possa restare per sempre . Ma non si ama la propria terra come una bella donna, in modo superficiale, senza guardarla nei dettagli, senza cercarne i difetti. la si ama come si ama la compagna della propria vita, conoscendo i suoi posti più intimi e belli i suoi profumi i suoi colori e riconoscendosi nei suoi imprescindibili difetti. Dovunque si svolga la nostra vita non la si abbandona e non ci si sente mai abbandonati.
La cosa  meravigliosa accaduta è che la mia casa ha aperto il fiume di ricordi e storie che ho trasmesso con tutto l’amore possibile ai miei figli. Nati nel Veneto,oramai tutti e quattro quasi adulti, fino a pochi anni fa delle Marche non sapevano nulla. Ora più che mai, quel mio sentimento di appartenenza a questa terra in qualche modo è stato trasmesso a loro e quando li sento parlare delle ‘’ loro Marche’’ mi commuovo.

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