Non racconto una storia, questa volta. Penso a una parola, un verbo: accompagnare. Penso a cosa significhi essere compagni di strada, per un tratto lungo o breve della nostra vita. Essere figli, genitori, amici, compartecipi.
Chi è il terzo che sempre ti cammina accanto?
Se conto, siamo soltanto tu ed io insieme
Ma quando guardo innanzi a me lungo la strada bianca
C’è sempre un altro che ti cammina accanto
Che scivola ravvolto in un ammanto bruno, incappucciato
Io non so se sia un uomo o una donna
– Ma chi è che ti sta sull’altro fianco?
Non c’è bisogno di scomodare T.S. Eliot e Terra desolata, direte, per parlare di Peppina, e comunque no, non di Peppina in realtà, perché bisogna pur togliere le scorie dai discorsi su Peppina per poter continuare a battersi per lei e per gli altri, tutti gli altri, che sono nelle sue stesse condizioni, giovani e vecchi, famiglie e individui soli. Eppure, quel terzo uomo di Cosa disse il tuono, ispirato ai fantasmi visti dagli esploratori polari in viaggio attraverso vere terre desolate, mi è tornato in mente proprio leggendo una serie di commenti su Peppina. Non siamo che terzi compagni invisibili, quando parliamo degli altri e li seguiamo senza sapere altro della loro vita, perché altro non possiamo fare.
Da capo.
Ieri Giulio Cavalli ha riportato il mio post, qui. Sotto il post di Giulio hanno parlato in tanti: storia pompata e stucchevole, scrive Mariarosa, che ha Corto Maltese come immagine del profilo e cuccioli e John Lennon in bacheca. Anche Franca ha John Lennon in bacheca, e anche citazioni da Gramsci, e scrive: ” magari una casa solida anche se lontana dagli affetti è meglio. Non sempre si può fare quello che si vuole”. Rita, che nell’immagine di copertina è abbracciata a quella che immaginiamo sua madre, la mette sul politico. E’ un complotto contro il Pd: “perché ostinarsi a farla vivere da sola in un posto pericoloso? Forse non sappiamo altre cose e nel frattempo sui social giù a condannare il pd e il governo, con veemenza e parolacce”. Fabiana è una giovane donna, omaggia il Che, è certa che ci sia qualcos’altro sotto, perché tutto, ormai, è intrigo: “Non solo le leggi vanno rispettate, ma bisogna essere anche onesti intellettualmente e lì era palese la spettacolarizzazione di una situazione che avrebbe avuto parecchio dell’assurdo. Portarla su, fingere lo sfratto, il giorno dopo riportarla su perché doveva fare l’uovo sbattuto al nipote… Per favore, chi c’è dietro?”.
Ogni parere ha la sua legittimità, ogni persona ha la sua storia. Al di là dei cani e di John Lennon in bacheca, e dell’impressionante discrasia fra quelle facce sorridenti in fotografia e la crudeltà dei modi.
Ma penso a quella parola, accompagnare. Non abbiamo che questo. Non possiamo fermare la morte, impedire le malattie (non del tutto, non sempre), cambiare il destino che ci riguarda come umani: ma possiamo accompagnare chi è molto anziano, o malato, o sofferente. Essergli accanto, essere terzi compagni o visibili compagni. Io, nel caso di Peppina, la vedo così. E credo che a questo occorrerebbe pensare prima di ogni altra cosa. Non solo per lei, o chiunque sia nelle sue stesse condizioni. Per me. Per rimanere quella che voglio essere.
Allora andiamo, tu ed io,
Quando la sera si stende contro il cielo
T.S. Eliot, Il canto d’amore di J.Alfred Prufrock