195. STORIE DAI BORGHI: IL NATALE DEL 2448.

Fra poche ore è Natale. Alcune di quelle ore, per l’esattezza ieri sera, le ho trascorse discutendo con un giornalista e mass-mediologo e un sociologo a proposito di un’immagine: Mattarella, Grasso, Boldrini e Renzi che si fanno il segno della croce ai funerali delle vittime del terremoto del 2016. Ho avuto la sensazione nettissima di parlare una lingua aliena: loro analizzavano la foto, io provavo a indicare il contesto in cui era stata scattata, e quel che quel contesto ancora significa, oggi. Quando ci si infila in queste discussioni, ci si devono aspettare le solite parole: una, in particolare, che è usata come un’arma di questi tempi. Moralismo. Non è uscita fuori “buonismo”, ma penso che sia questione di ore. Sia.
Ma a “moralismo” sostituirei “etica”. E provo a dire che non è etico quello che continua a (non) avvenire nel centro Italia, e nelle Marche in particolare. Che è anzi contrario non solo al senso civico, allo spirito di comunità, a ciò che tiene insieme gli uomini e le donne, ma alla speranza stessa (uh, altro parolone). Alla speranza di poter uscire dallo stallo in cui siamo impastoiati da tempo, perché nulla vale, ci vien detto, e bisogna essere cinici, ci vien detto, e che ancora perdi tempo con queste cose (non vien detto, ma molti, moltissimi, lo pensano).
Facciamo un gioco, dunque. Lo ha fatto, qualche tempo fa, Sibilla on line, semplicemente mettendo insieme i numeri. Immaginate un altro Natale del futuro. Immaginate un Natale in cui finalmente la ricostruzione è terminata, e ci sono case tornate a essere com’erano, coi loro colori pastello, con il fumo che esce dai camini, con le luminarie a forma di angelo e cometa a inghirlandare le strade. Immaginate quel che si conviene in un Natale: le luci dalle finestre, alberi decorati con nastri d’oro e d’argento e con i regali già pronti, una chiesa accogliente per la messa di mezzanotte, bambini con sciarpe e cappelli che si attardano a giocare nella via. Immaginatelo.
E’ il Natale del 2448.
Sì, perché questi sono i calcoli:
“Dopo un anno sono operativi appena 100 cantieri finanziati con i fondi pubblici su 65 mila attesi, tanto che di questo passo serviranno 90 anni per esaminare solo le pratiche di contributo per la riparazione dei danni leggeri. Più qualche secolo per smaltire quelle per la ricostruzione delle case più danneggiate. Al ritmo attuale, l’ultima pratica lascerebbe le scrivanie dell’Usr Marche nel 2.448, tra 431 anni”.
E in dettaglio:
“In tutta la regione al 24 ottobre le domande pervenute erano 1.024, delle quali appena 101 approvate ed in cantiere. Erano 888 domande per la riparazione dei danni lievi alle abitazioni (78 approvate), 73 per danni lievi alle imprese (19 autorizzate), 50 per la ricostruzione degli immobili produttivi, di cui appena 2 approvate, e 13 per la riparazione dei danni pesanti alle case, anche in questo caso con 2 sole domande approvate in 11 mesi. (…) Per l’Usr di Macerata ci sono in tutto 25 “istruttori” per 1.008 pratiche. In teoria non sarebbero neanche tantissime, perché sono poco più di 40 pratiche a testa. Considerando solo le domande in istruttoria e quelle approvate, 693 in tutto, ognuno degli istruttori della USR di Macerata ha in carico 27,7 pratiche. In undici mesi, che contano 215 giornate lavorative, ciascun istruttore ha approvato 2,92 pratiche, ovvero 0,013 pratiche al giorno, ovvero una ogni 74,1 giorni”.
Se non fosse chiaro, insomma, più generazioni saranno impegnate solo a esaminare la documentazione:
“La regione Marche conta circa 60-70 mila immobili danneggiati, la gran parte con danni pesanti. Le domande attese per la riparazione dei danni lievi, secondo le stime della stessa regione, sono circa 16 mila. Nella sola provincia di Macerata dovrebbero essere 11 mila: al ritmo di un domanda ogni 74 giorni occorrono 814 mila giornate di lavoro per esaminarle tutte. Ciascuno dei 25 istruttori ha davanti a sé, dunque, 32.560 giornate, la bellezza di 90 anni di lavoro, sabati, domeniche e festività comprese”.
Immaginate questo, che non fa parte dell’immaginazione, poi,  ma della realtà. E pensateci su, la prossima volta che qualcuno usa il termine “moralismo”. Buon Natale, commentarium: e un pensiero a chi lo fa nelle casette sgangherate, o per il secondo anno consecutivo in un albergo, o definitivamente in una terra che non è la sua, ecco, magari, fatelo.

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