202. STORIE DAI BORGHI. SILVIA, MAURO, MARIA.

Duecentodue, e due. Due segnalazioni, oggi: un importante intervento di Silvia Sorana su Lo stato delle cose. E un sito da seguire: una collezione di volti e storie che  Mauro Pennacchietti, con paziente e certosino lavoro, sta collezionando. Dopo il terremoto di ottobre, mentre tutti scappavano dalle montagne, Mauro, da Petriolo, faceva la strada opposta. In un anno ha conosciuto gli abitanti rimasti a Visso, Ussita, Castelsant’Angelo sul Nera. Ora ne sta raccogliendo le storie e le testimonianze. Vi riporto qui l’ultima. Fatene tesoro.
Maria Marazzani (Loreta), Muccia (MC), 21 dicembre 2017
Sono Marazzani Maria e dal ’75 vivo qui a Muccia, da diciotto anni sono vedova, ho un figlio di quarantuno e purtroppo abbiamo subito questo terremoto fortissimo. Siamo dovuti uscire da casa perché era tutta rovinata, e da quel momento siamo rimasti tutta una notte dentro un’auto, sotto la pioggia. Il giorno dopo siamo andati al capannone, stavamo tutti insieme e sono rimasta lì per un… dunque io sono venuta qui… agosto settembre ottobre novembre… quattro mesi… sono stata giù al capannone dove si mangiava. Siamo stati bene, all’inizio certo non è stata una cosa piacevole perché purtroppo, era quello che era. Le scosse c’erano in continuazione, la paura era tanta perché l’avevo vissuto tantissimo dentro casa, non ero stata in grado di uscire da casa e poi niente, sono stata quaggiù [presso i container che erano degli operai della superstrada SS77]: mi sono trovata bene. All’inizio siamo stati diciamo bene, poi piano piano stando sempre insieme, uno conosce le persone come sono fatte, ed invece di cercare di andare un po’ più d’accordo invece c’era tanta cattiveria, chi una cosa chi un’altra e non andavano bene tante cose. Poi la sera dopo cena si puliva il salone, si mettevano a posto i tavoli e tutto quanto c’era da fare, si preparavano le brandine per andare a dormire, fino alla mattina alle sei e mezzo, poi si richiudevano i lettini, si mettevano a posto, si apparecchiava per la colazione e veniva… insomma il giro era questo fino a mezzogiorno. Poi si mangiava, allora si facevano tre turni per mangiare perché le persone ne erano tante… Allo stesso tempo però sono stata anche bene, si stava in compagnia. I terremoti si continuavano a sentire però in compagnia.
Piano piano c’era chi voleva andare via verso il mare, io invece con mio figlio che lavora qui due-tre ore al comune e che non è voluto venir via, l’ho fatto contento e siamo rimasti. Io siccome ho soltanto la reversibilità di mio marito poiché a 65 anni mi dovevano dare la pensione e invece adesso me l’hanno portata a 67, qui avevo un piccolo lavoretto e siccome lasciarlo un po’ mi dispiaceva… allora ho stretto i denti pur avendo tanta paura, e ho continuato a lavorare anche certamente le cose sono andate un po’ alla lunga. Poi alla fine non ce la facevo più e finalmente si è liberato un container, che purtroppo dovevo dividere con un’altra persona, ma non mi importava niente perché io stavo 15-16 ore in piedi, allora sono venuta lo stesso, ho trovato questa camera, ho condiviso, anzi siamo andati pure d’accordo diciamo. Ci sono sempre i pro e contro, no? Però voglio dire, mi ci sono trovata bene, specialmente per il dormire perché appena mangiato se uno si voleva allungare un pochetto… Prima stavo 15-16 ore in piedi, arrivavo la sera che non ce la facevo più. Quando poi sono venuta qui mi sono ambientata, piano piano mi sono ambientata, un po’ male all’inizio però dopo piano piano… ed è un anno che sto qui, è un anno che stiamo qui e speriamo che adesso questa casetta [SAE] ce la daranno. Mi voglio augurare che mi ci trovo bene. Non vedo l’ora.
E… ogni tanto le scosse si sentono, si sentono ancora. A me è sempre rimasta la paura, prendo esco e invece dove vado non lo so manco io, però è così… La vita del container purtroppo non è una vita facile perché ci sono le persone e bisogna saperci stare insieme ad altre persone. Io per esempio abitavo in un condominio, so come funziona il condominio, sia quand’ero ragazza che adesso da sposata… c’era persone che… voglio dire… c’è sempre un po’ di cattiveria… allora cerchiamo sempre de mandar giù, di mandar giù, di star zitti e diventava un po’ pesantina la cosa, poi questa estate c’è stato un momento di scontro. Alla fine se si doveva continuare a stare insieme purtroppo… così… E siamo andati avanti.
L’anno scorso abbiamo passato un bellissimo Natale, giù in mensa, c’erano tanti militari, hanno organizzato una bellissima festa, siamo stati molto bene. Quest’anno non lo so perché siamo rimasti in pochi, chiaramente chi è entrato nelle casette mangerà dentro casa sua, è una cosa normale, però penso di star bene pure quest’anno pure se siamo in pochi, non m’importa niente. L’importante è che possa rientrare pure io dentro una casetta. Non so neanche se il palazzo dove abitavo verrà riparato perché è una E [valutazione della verifica di agibilità: “l’edificio non può essere utilizzato in alcuna delle sue parti. Un edificio può essere inagibile di tipo E per motivazioni legate alla struttura portante, agli elementi non strutturali e alle fondazioni”]… non è tanto messo bene. Allora vuol dire che se mi danno questa casetta, può darsi che ci muoio pure perché non è che sono tanto giovincella. Nel frattempo continuo a fare la vita da container. Cerco di fare la simpatica ma, purtroppo, tante volte c’ho i miei scatti e non vado bene, però quello che devo dire bisogna che lo dico perché son fatta in questa maniera.
Sono vedova da 18 anni, avevo quarant’anni quando mio marito è morto, mio figlio 24-25, perciò ho dovuto sempre fare da padre e da madre perché mio marito era malato, soffriva di esaurimento. Spesso ero in ospedale con lui. Ne ho passate tante e chi m’ha dato la forza non lo so. I genitori non li ho più… Purtroppo è la vita. Ho una sorella, sono quattro anni che non ci parliamo. Purtroppo sto io con mio figlio e allora prego solo il signore che mi faccia stare bene e andare avanti, andare avanti così. Pazienza. Non posso dire altro, anzi non so chi mi dà tutta questa forza. Forse solo per lui [mio figlio] perché sono stata male due anni fa, avevo preso un batterio al polmone, c’è mancato poco che morissi, il dottore non l’aveva capito, e questo figlio adesso s’è attaccato un po’ troppo a me, e sono stata male: pure che grande e grosso s’è attaccato a me… E allora respirare non puoi respirare… Così non va bene perché io non so quanti anni camperò ancora, un domani… purtroppo la morte esiste per tutti e allora la pena mia tante volte è questo figlio. Però che devo fare? Non posso fare altro. Non posso fare altro.
nella mia vita mia ho combattuto molto, molto molto. Da quando mi sono sposata nel ’75 fino al 2000 ho sofferto molto perché prima lavoravo in fabbrica, ho lavorato in fabbrica 22 anni da Angelini, ma poi il lavoro era duro e non ce la facevo più, ma ho sempre lavoricchiato, ho fatto sempre l’assistenza alle persone anziane e ovunque sono andata mi hanno voluto tutti bene. Sono stata a Camerino quattro anni e mezzo al palazzo arcivescovile, ho guardato un prete, e sono stata bene. Ho sempre lavorato, poi certo dopo arrivi a un punto che dici… ma ancora la faccio qualche oretta per cercare di aiutarmi perché con 500 euro al mese si va avanti malissimo, devi fare proprio tutto in maniera contata. Però se il signore continua a darmi la salute, speriamo: io spero solo quello e che possa entrare subito dentro questa casa perché non ne posso più.

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