Fra le altre cose, la vostra eccetera (che domani troverete qui e dopodomani qui) ha fatto due chiacchiere con Nanni Balestrini in occasione dell’uscita di una nuova edizione di Tristano presso DeriveApprodi. Qui sotto, la versione estesa dell’intervista uscita ieri sul quotidiano. State bene.
La prima volta fu nel 1961: Nanni Balestrini era alle prese con quello che all’epoca si chiamava calcolatore elettronico e con un esperimento poetico che prese il titolo di Tape Mark I. “La mia idea – racconta – era che le tecnologie rispondono ad esigenze già presenti. L’elemento combinatorio era comunque insito nella poesia: così, quando sono apparsi i primi cervelli elettronici con il loro corredo di lampade e valvole, ho pensato semplicemente di approfittarne. Ho messo insieme pezzi di frasi e ho chiesto alla macchina di sfruttarli in una piccola serie di varianti”.
Il risultato venne pubblicato sull’Almanacco Bompiani. Ma poco dopo lei è tornato alla carica con una sperimentazione analoga sul romanzo. Perché?
“Perché consideravo Gutenberg un ostacolo. Una storia contiene sempre molte storie narrabili in modi diversi: ma questa possibilità andava a cozzare con la meccanica gutenberghiana che riduce la scrittura ad una versione unica. Quella che, infine, viene stampata. Con l’avvento dell’elettronica ho pensato che finalmente diventava possibile costruire un romanzo fatto di tante varianti: Tristano doveva essere, nelle intenzioni, un’opera in un numero indefinito di libri dove le frasi si ricombinavano ogni volta in modo nuovo. Ma c’era il problema di come stamparlo: tant’è vero che uscì in un’unica versione presso Feltrinelli, nel 1966”.
Tristano, con il suo assemblaggio di frasi preesistenti e ricombinate, esce nuovamente per Derive Approdi (pagg.144, euro 15). Cosa è cambiato?
“Esiste una nuova macchina Xerox che può stampare, senza fermarsi, tutte le copie che si desiderano, una diversa dall’altra. Così, dal momento che questo libro ha ricevuto prenotazioni per 2500 copie, ho programmato 2500 versioni diverse del testo, eccezion fatta per la prefazione di Umberto Eco, quella di Jacqueline Risset per l’edizione francese del 1972, e la mia nota. Ogni copia è numerata, e ogni copia è unica: l’ordine dei capitoli e dei paragrafi viene di volta in volta rimescolato dal computer”.
All’epoca del primo Tristano, era evidente la polemica contro il romanzo. E’ ancora valida?
“Sì, anche se in modi diversi. Quarant’anni fa era diretta verso un narratore che manipolava i suoi personaggi come marionette. Oggi è contro l’autore che si mette in scena direttamente, come protagonista”.
Come giudica l’intervento del lettore nell’opera, secondo quanto avviene già in molti luoghi di Internet?
“Sono scettico, perché spesso è di bassa qualità. A maneggiare il linguaggio deve essere comunque chi è in grado di farlo: e questo è un compito dello scrittore”.
commento un po’ incasinato, pardon
Trovo molto interessante e bella questa intervista. Per intero, nelle domande e nelle risposte.
E trovo stimolante l’ultima parte, sulla polemica contro il romanzo e sull’intervento del lettore nell’opera.
Riguardo alla bassa qualità di molti interventi dei lettori non scrittori, non so se (non credo che) Nanni intenda per questo evitare qualsiasi intervento di lettore non scrittore, e quanto lui consideri separate queste due figure, meglio le due funzioni. Cercando di non sconfinare nella teoria derridiana dello scrittore che scrivendo si annulla e diventa scrivente, vorrei comunque evidenziare le trasformazioni che lettura, scrittura, lettore, scrittore, autore e pubblico, produzione e fruizione, vivono in questo periodo di partecipazione. La progressiva crescita di accessibilità ai media nella duplice veste di utilizzatori e produttori (anche se non posso non pensare al monopolio berlusconiano) moltiplica domanda e offerta, e certamente la zavorra, cioè opere letterarie (e d’altro) di bassa qualità, ma, se non altro per forza di cose, per probabilità matematiche (o di sola speranza?) moltiplica, seppure in misura minore, anche qualcosa di valido e interessante.
Nel caso di “opere a più mani”, poi, mi sembra che spesso si trovino delle formule che permettono alla qualità della scrittura di non rimanere soffocata dalla quantità. Anzi da certe occasioni sono nati nuovi scrittori che magari non avrebbero avuto altre possibilità.
Poi, si, mi piace anche quel motto che più o meno dice “meglio meglio che di più” ma non saprei/vorrei prendere una linea di condotta valida sempre e comunque, inclusiva o esclusiva che fosse.
Infine, c’è qualcosa che si lega al trito problema commenti si/no nei blog (ne ho straparlato anch’io) e capisco chi chiude agli interventi e prosegue da solo, come capisco lo scetticismo di Nanni sull’intervento del lettore nell’opera, ma continuo a sperare che ci siano sempre più possibilità di partecipazione e crescita per tutti. Poi, lo so, è un faticosissimo bell’esercizio, e ognuno deve potersi prendere le sue pause.
Insomma il problema per me resta aperto.
Lippa e Nanni, siete due provocatori colpevoli di questo mio tentato minestrone (ho ordinato anche il libro e faccio gli auguri a Balestrini e a Xerox). Posso andare a fingere di vedere anno zero?
lucio
Curioso: un prodotto mentalmente Anni ’60 (quando era in voga la letteratura combinatoria) viene realizzato con tecnologie da XXI secolo (stampa POD, suppongo) per mantenere una forma (il libro rilegato) risalente al medioevo. E l’autore si attesta su posizioni antiche almeno quanto la pergamena.
Più che avanguardia, direi ucronia. :-O