LA RAGAZZA DI DINO

Su Repubblica di oggi, scrive fra l’altro  Luce Irigaray:

“…per promuovere un mondo nuovo, c´è bisogno di pensiero. Non basta fermarsi a qualche slogan concernente il potere, la soggettività femminile, la politica del fra donne eccetera. Si tratta di riflettere su quale contenuto oggettivo si mette dietro gli slogan, e di verificare se questo contenuto si possa condividere e come. Se ogni donna si accontenta di rivendicare il diritto alla propria soggettività, temo che una condivisione pubblica fra le donne non potrà mai esserci. Lo stesso vale se le donne si accontentano di cercare di appropriarsi di un´oggettività culturale e politica definita da e per gli uomini. Il compito più importante che le donne oggi devono assumere è lavorare alla loro individuazione come persone civili e culturali. La politica, per non dire la democrazia, dovrebbe essere un affare di convivenza civile fra le persone prima di essere un affare di rivalità per il possesso, il potere, la poltrona”.

Nelle due pagine che ospitano l’intervento della filosofa e un ampio articolo di Simonetta Fiori sul movimento delle donne, noto un box su Sibilla Aleramo, “pioniera del femminismo italiano”.

Mi viene da pensare che alla sacrosanta riflessione di cui parla Irigaray, andrebbe unita una celere azione affinché, per dirne solo una, in alcuni benemeriti e già citati testi scolastici per le scuole superiori, Aleramo non si ritrovi definita, come avviene, “fidanzata di Dino Campana”. E niente altro.

10 pensieri su “LA RAGAZZA DI DINO

  1. Irigaray ha ragione da vendere, e io aggiungerei che le donne dovrebbero anche spingere i maschi a fare altrettanto!
    Sono giorni che mi frulla in testa la domanda “perché noi maschi non ci opponiamo con altrettanta determinazione ai modelli cavernicoli che la società dell’immagine propone per noi”.
    E non ci arrivo, a darmi una risposta. A me piace John McClane, per dirne una, niente da fare.
    Ho bisogno di aiuto? :S

  2. Ora Hannah Arendt è famosa.
    Ma volemo parà delle volte in cui si parla di quaaaanto è debitrice ad Heidegger, per il principalissimo fatto che ci fece qualche paccata a diciannove anni?
    sgrunt.
    Per Irigaray sono d’accordissimo. eppure, sento che questo problema della violenza contro le donne è troppo spostato sul femminile. Come un problema delle donne contro gli uomini. Ma il maschilismo e la violenza, non sono mai stati un problema solo nostro. E fintanto che si struttura polliticamente la cosa in questo modo, si perpetua una frizione senza ricomporla. MI sarebbe piaciuto, trent’anni dopo il sessantotto che nella manifestazione di sabato emergessero altre categorie, e più uomini presenti.

  3. Paolo, un consiglio: Franco La Cecla, “Modi bruschi. Antropologia del maschio”, Bruno Mondadori, 2000. L’autore dovrebbe ringraziarmi, visto il numero di copie che ho regalato ad amici e amiche nel corso degli anni. Contiene un sacco di spunti per farci un’autoanalisi non penitenziale, noi che semo de sinistra e ce piace daiyàrd…
    http://www.brunomondadori.com/scheda_opera.php?ID=1121
    Poi il libro si può discutere, per carità, anzi: si deve. Però solo dopo che lo si è letto, non come ho visto fare diverse volte da tipe inferocite che conoscevano solo titolo e quarta di copertina…

  4. Ok WM1, lo leggerò in tandem col libro di Loredana.
    Giustamente, tra l’autocritica o l’autoanalisi e la penitenza c’è un abisso, e mi sta bene che ci sia.
    Spero si ripresenti l’occasione di discutere questi 2 libri, quando li avrò assorbiti!

  5. “tra l’autocritica o l’autoanalisi e la penitenza c’è un abisso, e mi sta bene che ci sia”
    Sì, il rischio è sempre quello di confondere mascolinità e maschilismo, virilità e machismo. Io credo si possa essere maschili senza essere prevaricanti, “virili” in modo quieto, non stereotipato, non cavernicolo, soprattutto non antifemminile. E’ una scommessa difficile, una vera e propria camminata sulla fune, ma io ci provo. E in realtà “ci provo” perché non ho altre opzioni: sono un maschio. Il libro di La Cecla contiene riflessioni molto belle, unitamente a qualche furbata e scorciatoia, ma è inevitabile vista la dimensione quasi pamphlettistica. E’ una base di partenza. Il prologo e l’epilogo sono addirittura commoventi, per un lettore.

  6. Right. Evitando “penitenza” intendevo staccarmi da un contesto funesto al quale va ascritto – per dire uno – Cludio Risè.
    Tornando alla questione: come giustamente sottolinea Zauberei, non è rivendicando un’identità femminile semplicemente contrapposta e marginalizzata da quella maschile che cambieremo le regole politiche. Ovvero: posso credere alle quote rosa in azienda, se non “credo” nell’azienda?

  7. Posso ringraziare pure io Wumì della segnalazione anche se so femmina? La trovo interessante. Foriera di riflessioni. Risè,insieme al plotone degli psicologi mediatici di solito dice cazzate.
    Grazie per l’avermi citata Paolo. Ma se poi spostiamo tutto sull’azienda il particolare un po’ si perde. Tra il restrutturare l’azienda e il rivedere la posizione di Orlandina e Nunzietta c’è pur sempre la discussione tra colleghi, e il modo di intendersi l’un l’altro Orlandine Nunziette cavernicoli, e masculi a nuovo regime identitario.

  8. Anche perché la Aleramo la conosco, Dino Campana no. Chiedo venia per la mia ignoranza…
    Ma vogliamo parlare di Simone de Beauvoir, che a volte la ricordano solo per la storia con Sartre?

  9. ciao atutti.. tra l’altro la Aleramo all’epoca , se non sbaglio, fu lei a rendere famoso campana.Aleramo era molto conosciuta nell’ambiente letterario.per quanto riguarda ildiscorso delle aziende, è assurdo che nel 2007 debbano esserci le quote rosa…il pensiero non dovrebbe essere necessario e poi se ci sono le quote rosa non è detto che una volta insediate nell’ambiente lavorativo(a causadelle quote rosa)vengano rispettate e valutate e possano avere le stesse opportunita degli uomini di far vedere le loro capacita.il che è ancora piu sconvolgente!!!ma mi lascia sempre di stucco sentirmi dire da un mio coetaneo(22anni) che le donne sono intellettualmente inferiori perchè loro,le donne, dopo la scuola non hanno interesse ad andare a studiare perchè vogliono sposarsie fare l mamme, e quindi che studian a fare!quindi studia l’uomo , che quindi è intellettualmente superiore!! io rimango di stucco davanti a queste cose e mi ribello sempre e rispondo..ma come questo ragazzo qui chissa quanti altri e chissa quante donne sono cresciute in un ambiente del genere.ma in che epoca siamo per davvero?!

  10. credo fermamente che : 1 le donne debbano smetterla di piangersi addosso e sentirsi vittime (senza per questo diventare carnefici), questo è il presupposto per il cambiamento; 2 che sia necessario un confronto positivo tra donne e uomini in cui gli uomini siano presenti ( basta vedere incontri di donne che parlano di donne, che nausea) superando questo conflitto esclusivo ( nel senso che esclude l’uno o l’altro) 3 che la società è in continuo mutamento e la possiamo cambiare; 4 che le donne al lavoro ci entrano come gli uomini ma non ci rimangono, e questo è il problema perchè senza il lavoro non c’è emancipazione che tenga…è difficile non sembìplificare sintetizzando ma questio è ciò che penco e ora vado a comprare il libro di la cecla che mi leggerò dopo la lipp

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