Intanto, c’è chi denuncia la beffa delle casette di legno, come il nostro sindaco, Gabriele Santamarianova, di Serravalle di Chienti: trovate l’articolo qui. Intanto, c’è chi scrive, anche nella settimana di Natale, quando i pensieri sembrano essere altrove.
Domenica mattina.
Racconto scritto da Caterina Faustini Molinaro da Visso
Ti accorgevi che la strada era coperta da un manto soffice di neve, quando ancora eri a letto, sotto mille strati di coperte. Ti sentivi come un croccante millefoglie alla crema e mentre decidevi se allungare un piede sul parquet della camera, Sentivi distintamente il rumore ovattato delle macchine che schiacciavano la neve e vi lasciavano i bassorilievi dei pneumatici. Trattenevi il fiato mentre aprivi la finestra incrociando le dita e sperando di non esserti sbagliata e “SBAAAM” un acquerello di tinte bianche e avorio ti si palesava difronte. Le due torri che proteggevano la piccola Chiesa erano i giganti della neve. Allora scendevi in cucina correndo sulle scale di casa facendo lo slalom fra i gatti che ti si infilavano fra i piedi, e mentre papà scaldava delle fette di pane sul fuoco acceso tu sorseggiavi il mega tazzone di caffè e latte. Un bel bagno caldo e poi il vestito buono della domenica. Di corsa in chiesa, dietro l’altare, i sedili imponenti dell’abside in legno ti aspettavano per accogliere i canti del coro, le preghiere dei fedeli e i pettegolezzi del paese. Poi a fine messa quando anche i 4 grandi ceri dell’altare erano stati spenti da un cappellino cinese particolarmente buffo, c’era la gara a chi si piazzava nei primi posti di fronte all’enorme bancone del Sibilla, per scegliere le paste migliori. Una al cioccolato per me, la big pesca per tutta la famiglia (e un pezzettino avanzava anche per i vicini) e ovviamente la pasta allo zabaione per mamma. Poi con la tua migliore amica si faceva il giro della pesa confidando i primi amori e decidendo in che modo finire i compiti per il giorno dopo, in tempo per vederci a casa della nonna a giocare ai mille sogni che avevamo, alle avventure più improbabili e alle storie d’amore che ogni principessa doveva avere. In piazza ci si salutava e mentre tornavi a casa passavi a trovare Elio in edicola compravi le figurine e lui ti allungava un bacio Perugina e come sempre un bel sorriso.
Nelle strade potevi canticchiare o fischiettare, il rumore del fiume e il silenzio del paese a tavola per pranzo non venivano scalfiti. Anzi, i vicoletti stretti e stortignaccoli proteggevano le stecche che prendevi mentre correvi a casa per pranzo. Era tutto così normale, quotidiano, quasi scontato. Ma era tutto così fottutamente speciale. Nel pomeriggio mentre guardavi un cartoon buttavi la buccia del mandarino nel fuoco che sprigionava profumo in tutta la casa. Anche tu profumavi di legno, di arancio, di noci e di neve. Non avete mai sentito l’odore della neve? Allora non siete mai andati a Castelluccio verso le 5 del pomeriggio quando il sole è già sceso, il freddo ti taglia le mani e sembra di essere in un paesaggio lunare.
Era una favola, una storia che vivevamo senza renderci conto che facevamo parte del racconto più bello di sempre. Un libro bellissimo a cui hanno strappato le pagine. Un foglio di carta strappato e accartocciato . Ma che sarà riscritto ancora mille volte, e ogni volta con una pastarella preferita diversa.
Grazie mille per aver dato voce alla malinconia e alla nostalgia del mio paese!
Molto bello, magico. ((peccato per il “fottutamente”, secondo me fuori contesto, ma questo non c’entra))
Gentile Claudia, se posso, il fottutamente in questo contesto ci sta tutto.