AVVENTURE E AVVENTUROSI

Dunque.
La mia amica Claudia ha una proposta da fare. Claudia è Claudia Di Giorgio, giornalista scientifica di alto rango, blogger, antica sodale della vostra eccetera dai tempi di Radio Radicale, passando per (il sospiro di rimpianto è d’obbligo) Radio Tre.
Come forse sapete, sabato è stato lanciato il primo Atv europeo (una sorta di supercargo spaziale, se capisco bene) per cui è stato scelto il nome di Jules Verne.
Bene, Claudia lancia l’idea di chiamare il prossimo Calvino. E qui spiega i motivi.
Poi.
Nella sua rubrica per Pulp, Daniele Brolli se la prende con Tirature. E con chi parla di fumetti col mignolo alzato. Voilà.
“Ogni anno la Fondazione Mondadori sponsorizza un volume che fa il punto sull’editoria italiana dell’anno passato, per costruire un ideale ponte verso quello a venire. Per cui, pur uscendo alla fine dell’anno, cita nel titolo quello seguente: Tirature ’08 – Autori – Editori – Pubblico, a cura di Vittorio Spinazzola, edito da Il Saggiatore. È tautologico che dovrebbe trattarsi di uno strumento professionale, dotato di una certa precisione scientifica e informazioni attendibili. La parte monografica di quest’anno, che dovrebbe indicare una tendenza rilevante nei movimenti culturali, è: “L’immaginario a fumetti”. E siamo alle solite.
Già la quarta di copertina fa accapponare la pelle: “Giovani o postgiovani, gran parte dei lettori d’oggi ha un debito di riconoscenza con i protagonisti delle saghe fumettistiche che hanno vivacizzato l’immaginario collettivo del nostro tempo. Ecco allora una galleria di personaggi memorabili per l’icasticità del disegno e l’estrosità della fisionomia narrativa: avventurosi come Corto Maltese e Dylan Dog o comico-satirici come Cocco Bill e Cipputi e Bobo, uomini d’ordine come Tex Willer o trasgressori come Zanardi, graficamente lineari come Diabolik o sofisticati come Valentina. Eroi di carta che sciorinano una ricchezza indiscutibile di motivi d’interesse, per le varie forme d’uso di un linguaggio della modernità letteraria più inedita, e che si collocano sul piano dei fenomeni di costume più schiettamente vitali”. A parte che alcune delle definizioni sono totalmente sballate (Dylan Dog “avventuroso”? Ma no… Diabolik “graficamente lineare”? Sarebbe a dire…?) mi sono chiesto per almeno dieci minuti cosa significasse “un linguaggio della modernità letteraria più inedita” e ho concluso che è la definizione aeropoetica del fumetto di un parolibero futurista. Ebbene, tornando al tema, la fastidiosa contraddizione è evidente: si parla del fumetto come fenomeno culturale contemporaneo e si citano autori e personaggi che rappresentano il passato di questa forma espressiva. Il fumetto esalta il Proust che è nel critico letterario italiano, che si lascia andare a forme regressive psicologicamente preoccupanti. I pezzi sono giocati, più o meno indiscriminatamente, sul filo della memoria e del pressappochismo, e anche del più becero dilettantismo giornalistico. Se in un quotidiano iniziate un articolo con una frase come quella con cui Bruno Falcetto apre il suo pezzo “La camicia gialla di Tex”, ovvero: “Quasi sessanta, e non li dimostra”; il giorno dopo vi mandano a casa con la lettera di licenziamento per abuso di frase fatta. Nei saggi del monografico scarseggiano le date, i dati sono approssimativi e dobbiamo subire la rêverie degli estensori dei pezzi, nonché in alcuni casi una descrizione dei caratteri dei personaggi che può essere minuziosa e inutile come nel caso di Corto Maltese o inspiegabile come nel caso di Diabolik (chi ha scritto ha un’idea imprecisa della serie e delle sue evoluzioni nel tempo, e sembra non sapere cosa sia la “sospensione dell’incredulità” nella narrativa). C’è anche un insulso pezzo del curatore Spinazzola su alcune riedizioni in volume dei porno italiani anni Settanta, assolutamente privo di qualsiasi riflessione degna di nota. Insomma, si parla tanto di “graphic novel” in questo periodo (in modo sproporzionato rispetto alla loro effettiva diffusione presso i lettori…) ma l’unico che affronta di striscio l’argomento è Paolo Interdonato all’interno di un discorso che è eufemistico definire approssimativo. Eccone un esempio, parlando di Tex: “di cui si dice venda circa 200mila copie al mese (non esiste un dato certificato dalla Sergio Bonelli Editore)”. Falso: basta telefonare alla Sergio Bonelli Editore.
Poi Interdonato, con scarsa deontologia professionale, parla di iniziative in cui è stato coinvolto personalmente come quella “graphic novel” dell’editoriale “L’Espresso” definendola “raffinata”: come non si fa a dire che il formato e l’impaginazione della collana hanno snaturato intenzionalmente per esempio opere come Maus di Art Spiegelman o Blankets di Craig Thompson ingrandendo o rimontando le pagine secondo criteri di collana e non dell’opera?
Insomma, il focus sul fumetto è il solito disastro, in cui sembra di sentire l’eco del “ma tanto sono fumetti”. Gli intellettuali italiani dopo Oreste del Buono e Giovanni Grandini, e probabilmente all’infuori di Umberto Eco e Antonio Faeti, si avvicinano a un linguaggio complesso e articolato come quello del fumetto con la tracotanza di chi crede di provenire da un ambito maggiore e quindi di poter trattare in scioltezza qualcosa che ritengono più semplice, meno articolato e impegnativo… Il fumetto meriterebbe una critica più impegnata e una storiografia più informata. Duole dirlo: nella loro ingenuità i critici di settore, con i loro pochi strumenti, rimangono nella maggior parte dei casi più affidabili dei cosidetti “intellettuali” italiani.
Così nel volume la parte più interessante rimane l’analisi sui numeri dell’anno passato, tra cui la sezione delle cronache editoriali. Marco Gambaro sfata, fonti alla mano, il luogo comune che in Italia si legga molto meno che negli altri paesi europei; Paola Dubini analizza il successo di Harry Potter a fine saga; Laura Cerutti ci introduce alla seconda vita (o alla loro morte definitiva) dei libri usciti di catalogo… c’è un’utile analisi ragionata di Giuseppe Gallo sull’orientamento delle classifiche… Così la parte apparentemente più fredda di Tirature ’08 finisce per essere quella più emozionante, perché in maniera documentata ci aggiorna sui mille risvolti della vita del libro e ci fa capire, fuori dall’impressionismo di parole ancorate alla soggettività, qualcosa di più del rapporto che noi lettori abbiamo con esso”.

20 pensieri su “AVVENTURE E AVVENTUROSI

  1. Io credo che tu abbia ragione, ma che questo fenomeno di cui si parla nel tuo post sia correlato alla poca serietà con cui il mondo intellettuale italiano si relaziona ai cultural studies, fatte alcune notevoli eccezioni anche in anticipo sui tempi: il libro di Faeti su Mickey Mouse è un vero capolavoro – un capolavoro metodologico per me, e che anche in altri ambiti ha scarso seguito. C’è un generale divorzio in Italia tra cultura e metodi ermeneutici e cultura pop, posto che anche questa è una categoria assolutamente inutile e valida solo nel nostro contesto provinciale – considerando che il jazz nasce pop e ora è nei teatri, la lirica nasce pop e ha avuto lo stesso destino, la commedia dell’arte – e non si finirebbe più…
    Eppure rimane la convinzione piuttosto diffusa, a più livelli, che la precisione filologica e l’attenzione ermeneutica spettino solo al Petrarca e al Pascoli. Al massimo, i nostri progressisti imbracciano Adorno (io pure -confesso) fuori di qui anche l’idea dell’industria culturale è un concetto superato.

  2. Ma insomma. Parliamo di una creatura di Spinazzola.
    Cosa dovremmo pretendere, oltre al fatto che lui vada in pensione?
    Ah, già: alternative. Dimenticavo…

  3. Lucio, avrei capito se dicevi proposta “campata in aria”…
    non capisco il tuo scetticismo!
    A me piacerebbe invece una stazione spaziale Gianni Rodari,
    che ha cantato per i bambini in splendide filastrocche
    gli anni dello Sputnik e dell’utopia spaziale!
    Se non sbaglio, però, gli ATV sono usa-e getta.
    Lanciamo nello spazio, piuttosto, un H. G. Welles?

  4. @ Paolo S. Aspettiamo la nascita di una qualche ***concreta*** “città invisibile” (a occhio nudo) nello spazio, prima di scomodare indegnamente il nome di Calvino. A quel punto sì che ci starei a chiamarla “Calvinia”:- )

  5. viviamo in epoca di classificazione etichetattrice di tutte le realtà mediatico culturali. non si potrà semplicemente guardare le figure e riscoprire il magico atto della pulsione artistico-ricettiva-inglobante un immaginario non cieco ma livido, dannato e pulsante?

  6. Bene che finalmente l’Italia si stia sdoganando dalla sua fama di illustre illetterata. Per quanto riguarda il rapporto con il libro, sono il primo a dire che occorre forse rivedere parte di questa storia. Sono passati i tempi in cui il libro era qualcosa di sacro: oggi il lettore è pronto a dire no ad un prodotto di pessima qualità, come ad elogiarlo al punto tale da renderlo un’icona, il tutto via passaparola, come nel caso del “Cacciatore di aquiloni”. Quanto all’amico Harry Potter, temo proprio di essere tra i suoi detrattori, e a non poterlo considerare come letteratura… Sorry, Loredana. Mi perdoni?

  7. Ma perché è così importante assicurarsi che “questo è letteratura” o “questo NON è letteratura”? (Ops, “L”etteratura, con la maiuscola) A chi importa veramente? A cosa serve questa distinzione? Forse a non includere Harry Potter nel corso di “Letteratura inglese contemporanea” ma in quello sulla “Produzione libraria moderna”? Non capisco. Tra l’altro, molti libri etichettati come “NON letteratura” a suo tempo, oggi ricevono giudizi diametralmente opposti dagli intellettuali. Quindi?

  8. Per Lucio Angelini: immodestamente cito la mia recensione a uno splendido libro uscito l’anno scorso su Calvino. L’idea non è cosi’ scema, e forse Calvino aveva intuito più e prima di altri alcuni aspetti della cultura scientifica, e in particolare dello spazio:
    http://lescienze.espresso.repubblica.it/recensione/Dal_Saggiatore_a_Palomar/1317086
    Come saggista Calvino aveva già ragionato sulla scienza e sul suo impatto sulla cultura più in generale, come nel 1957 di fronte al lancio del primo satellite da parte dei sovietici. Mentre il gruppo di intellettuali vicini al Partito Comunista (cui Calvino faceva riferimento) si divise tra l’esaltazione del risultato e la denigrazione della tecnologia disumanizzante, Calvino sparigliò le carte con accenti ancora oggi attualissimi: «Il trasferire in cielo una parte di sé, umiliata sulla terra, non è l’antico modo usato dalla religione per offrire conforto alle pene quotidiane? […] La sua prima funzione [del satellite] è quella di dare all’uomo la dimensione dello spazio […]. Voglio che faccia operare sulla terra. E pensare all’universo. Voglio che dia più spazio ai pensieri umani».

  9. Scrive Daniele Brolli:
    “Poi Interdonato, con scarsa deontologia professionale, parla di iniziative in cui è stato coinvolto personalmente come quella “graphic novel” dell’editoriale “L’Espresso” definendola “raffinata”: come non si fa a dire che il formato e l’impaginazione della collana hanno snaturato intenzionalmente per esempio opere come Maus di Art Spiegelman o Blankets di Craig Thompson ingrandendo o rimontando le pagine secondo criteri di collana e non dell’opera?”
    Anche Brolli dovrebbe curare la propria deontologia professionale specificando che la reimpaginazione è stata curata dagli autori stessi e che in alcuni casi proprio l’autore ha ritenuto fosse più efficace di quella originaria.
    L’iniziativa di cui parla Paolo Interdonato resta per qualità dei titoli e del lavoro di redazione sui volumi -con materiali, inediti e ottime utilissime presentazioni- una delle operazione più raffinate, meritorie, intelligenti e coraggiose che abbia mai visto. A questo va aggiunto che il prezzo dei volumi era davvero contenuto. Concludo ricordando a Brolli che i volumi sono stati acquistati spesso anche da chi già possedeva gli originali.
    Mi dispiace davvero leggere tanta aggressività e tanto male indirizzata da parte di Brolli.

  10. Un amico mi hasegnalato questo post.
    Ripropongo qui la risposta che ho dato di là, perché probabilmente Daniele Brolli non legge il mio blog. Chiedo scusa per il crossposting.
    Siccome sono d’accordo con Brolli su molto, viene difficile sfancularlo.
    Su di me dice
    ma l’unico che affronta di striscio l’argomento è Paolo Interdonato all’interno di un discorso che è eufemistico definire approssimativo. Eccone un esempio, parlando di Tex: “di cui si dice venda circa 200mila copie al mese (non esiste un dato certificato dalla Sergio Bonelli Editore)”. Falso: basta telefonare alla Sergio Bonelli Editore.
    Poi Interdonato, con scarsa deontologia professionale, parla di iniziative in cui è stato coinvolto personalmente come quella “graphic novel” dell’editoriale “L’Espresso” definendola “raffinata”: come non si fa a dire che il formato e l’impaginazione della collana hanno snaturato intenzionalmente per esempio opere come Maus di Art Spiegelman o Blankets di Craig Thompson ingrandendo o rimontando le pagine secondo criteri di collana e non dell’opera?

    mi suscita un paio di domande:
    – un dato prodotto per telefono è un dato certificato? (sento puzza di enron)
    – si può parlare di deontologia professionale in assenza di quattrino? (sono all’antica)
    Poi ha ragione a sottolineare che manco di buon gusto definendo “raffinata” una collana che ho prefato (e cui ho contribuito solo inoltrando via mail undici documenti word). L’intento della frase citata a spizzichi era di sottolineare la schizofrenia di un editore capace di mettere in sequenza maus, palestina, città di vetro e, senza soluzione di continuità, tutto tex rimontato e ricolorato (una violazione dell’integrità dell’opera?). Evidentemente l’ho calibrata male e ho detto una cosa che non intendevo (non considero la raffinatezza un pregio in assoluto). Peccato.
    Sapevo che spiegelman e Thompson (e anche Baru) erano d’accordo sui requisiti di pubblicazione. Thompson e Baru hanno rimontato personalmente il loro lavoro. Baru lo ha fatto ottenendo risultati eccellenti. Thompson, facendo una schifezza che sembra assemblata con powerpoint.
    Sicuramente Brolli sa cose che ignoro.
    O forse ha conti aperti con coconino.
    Così fosse, se li risolvesse da solo: non ho intenzione di mediare

  11. Per far capire quanto sia campato per aria l’affondo di Brolli metto a confronto due edizioni di Maus, quella einaudiana e quella Coconino-Espresso. Mi pare giusto, quando le cose sono presentate in maniera ‘aerea’, controbattere stando sul concreto.
    Einaudi:
    – dimensioni cm 23 x 16 circa;
    – grafica di copertina: titolo enorme (copre 1/4 della pagina); dorso giallo-semaforo intollerabile, retro con citazione di Eco in cui sostiene che il libro incanta e si vorrebbe il seguito [ma vah…]
    – alette di un colore rosso accesso piuttosto volgare. Testo dell’aletta dozzinale.
    – l’unico testo introduttivo è la nota della traduttrice.
    – l’impaginazione che precede la storia è di una bruttezza imbarazzante. Addirittura non viene lasciata nemmeno una pagina bianca a fianco della prima pagina della storia per farla ‘respirare’. Terribile.
    – carta bianca di ottima grammatura, purtroppo però bianchissima: il disegno già piuttosto piccolo perde molto, immaginate insomma un quadro illuminato dalla luce al neon casalinga.
    – Siccome la pagina è piccola, lo spazio del balloon sembra ancora più grande, sproporzionato.
    Edizione Coconino-L’espresso:
    – dimensione cm 28 x 19,50 circa.
    – la copertina non è chiassosa, sono colori in armonia a dominare. Il tondo bianco con la svastica non fa l’effetto cartello stradale dell’edizione Einaudi. Tutto sobrio e elegante. Titolo dai caratteri proporzionati. Peccato per la scritta ‘edizione integrale’ che qualche genio del marketing avrà imposto per indurre l’acquisto.
    – alette di un bellissimo rosso-arancio che si accompagna ai colori della copertina. Ottimo testo dell’aletta, molto attenta la scelta di mettere un autoritratto dell’autore nella seconda aletta, dove c’è la biografia, invece di un disegno tratto dalla storia come nell’edizione Einaudi.
    – tre testi introduttivi, scritti senza tono populistico né astruserie intellettuali, restano sulle idee e sono per questo utili, l’impaginazione direi che è splendida, intercalando testi con schizzi inediti di Spiegelman. C’è anche qui la nota della traduttrice.
    – la carta è avoriata, fa risaltare bene il disegno nero senza abbagliare il lettore. Peccato per la grammatura che lascia a tratti trasparire zone scure della pagina successiva. Ma bisogna riconoscere che una grammatura migliore avrebbe impennato il prezzo del volume.
    – la dimesione maggiore rispetto all’edizione Einaudi garantisce indubbiamente una lettura migliore senza snaturare il disegno, anzi i balloon sembrano più proporzionati.
    Stessa traduzione dei due volumi essendo il secondo una riedizione di quello Einaudiano. Ovviamente il volume Einaudi costa molto di più.

  12. Scusate, ho scordato di aggiungere che uno dei tre testi introduttivi dell’edizione Coconino-Espresso è dello stesso Spiegelman, ed è a dir poco straordinario.
    Buona lettura quindi…

  13. Minkia! E io che ho la vecchia edizione Milano Libri di Maus, quale devo procurarmi per essere davvero-davvero-davvero figo?
    Ricordo di aver visto anni fa in mostra alla Risiera di San Sabba le tavole originali… ma in teoria Spiegelman non le aveva fatte 1:1?

  14. Io ho ricomprato Maus nell’edizione da edicola perché la preferisco a quella bianco-accecante di Einaudi, nonostante l’inevitabile bassa grammatura della carta. E ho apprezzato molto la cura, il gusto del progetto editoriale e grafico.
    Sull’1:1 non so nulla (né sulla dimensione originaria delle tavole), so solo che Spiegelman ha approvato l’edizione che Brolli condanna. Questo fa pensare no?
    E comunque Brolli sarà felice: il problema non si pone più. Chiuso il primo ciclo di queste belle edizioni Coconino, è partito Tex colorato. Il suo discorso fà davvero un gran bene al fumetto… lui sì che non ha il mignolo alzato!

  15. Cara Loredana Lipperini, ci siamo incontrati nel 1999 a Reggio Emilia dove lessi un racconto I POETI ero il più vecchio della camitiva, ho pubblicato nel 2004 da Lietocolle un libro che potrebbe interessarti “le mitologie di Mary” Mary è mia moglie. Se ti interessa te lo spedisco con una bella dedica e magati con ritagli di alcune recensioni. Tanti Saluti Luigi Di Ruscio

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