50. STORIE DAI BORGHI. PERSONE CHE RACCONTANO

Michele Massetani, per esempio, scatta fotografie. Lo fa inquadrando il portone chiuso del falegname, il tendone dove ci si riunisce, le crepe, i volontari.
Alessandro Chiappanuvoli, per esempio, scrive (è uno scrittore, e questo fa): sul suo blog, il 30 agosto, comincia così l’ultimo post leggibile:
“Il primo pensiero è stato devo andare. E come sette anni fa, sono andato.
Quel che di buono sono riuscito a fare non è importante. Quel che avrei potuto fare in più è un rimpianto che porterò sempre con me”.
Ne conseguono tre reportage per Internazionale. L’ultimo è dall’altopiano di Campotosto, qualche giorno fa.
Terre in Moto Marche cammina, fotografa, racconta. Le ultime notizie:
“A cinque mesi dal sisma sono due le stalle mobili completate sulle 370 necessarie per gli allevatori terremotati delle Marche, ovvero lo 0,5 per cento del totale, mentre mancano ancora 150 moduli fienile, necessari per stoccare il foraggio per gli animali. Lo denuncia la Coldiretti regionale, nel tracciare un bilancio dei danni nelle campagne colpite dal terremoto iniziato il 24 agosto scorso, sulla base dei dati forniti dalla Regione Marche”.
E ancora:
“Sisma: Ipocentro Montemoro, frazione di Force.
Un borgo del 700 in una vallata magnifica.
Doveva esser messo in sicurezza dopo il sisma del 24 agosto per il suo valore storico.. Così avevano detto protezione civile e sovrintendenza. Non è stato fatto.
Ora è così dopo il sisma di ottobre da demolire.. perduto.. Uno degli aspetti di questo sisma è il serio rischio della definitiva scomparsa del ricchissimo e prezioso patrimonio storico-rurale di queste terre”
Nessuno pretende che ci si metta nelle altrui scarpe. Ci sono mille altri stimoli: Trump, la Brexit, Virginia Raggi, la metropolitana che non passa. Le questioni private, tutte importanti e degne di rispetto. Le private ambizioni, altrettanto degne. Quel che volete. Però, qualche volta, provate, se non ad andare sul posto, a leggere o guardare i resoconti di chi ci va.
“Per Thomas Browne nulla è destinato a durare. Su ogni nuova forma già si allunga l’ombra della distruzione. La storia di ogni singolo individuo, di ogni collettività e del mondo intero non descrive infatti un arco sempre più ampio e sempre più bello, bensì una traiettoria che, dopo aver toccato lo zenit, volge alle tenebre. Per Browne questa sua scienza, che prevede la scomparsa nell’oscurità, è inseparabilmente legata alla fede nella Resurrezione, fede secondo cui quel giorno, quando – come a teatro – gli ultimi rovesciamenti di scena si saranno compiuti, gli attori si presenteranno ancora una volta tutti sulla ribalta, to complete and make up the catastrophe of this great piece. Il medico, che vede crescere e infuriare le malattie nei corpi, comprende meglio l’opera della morte che non il fiorire della vita. Che riusciamo a resistere anche solo per un giorno gli sembra un miracolo. Contro l’oppio del tempo che scorre, egli scrive, non c’è antidoto. Il sole invernale annuncia che presto la luce svanirà nella cenere, che presto saremo avvolti dalla notte. Di ora in ora il conto si allunga. Persino il tempo invecchia. Le piramidi, gli archi trionfali e gli obelischi sono colonne di ghiaccio in progressivo scioglimento. Nemmeno coloro che hanno trovato un posto nelle costellazioni celesti sono riusciti a conservare per sempre la loro fama.
Nimrod si è perso in Orione, Osiride nel Cane. Le più grandi stirpi sono durate a malapena quanto riescono a vivere tre querce, l’una dopo l’altra. Apporre il proprio nome su una qualche opera non garantisce a nessuno il diritto alla memoria, tanto più che – chissà – forse a sparire senza lasciar traccia sono stati proprio i migliori. Il seme del papavero germoglia ovunque, e se, in un giorno d’estate, la disgrazia scende inaspettatamente su di noi come neve, non desideriamo altro ormai che essere dimenticati”

W.G.Sebald, Gli anelli di Saturno

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