49. STORIE DAI BORGHI: UNA RUBRICA E POI A,B,C

Per Robinson di domenica scorsa ho scritto questa rubrica:
“Da qualche tempo appare su Facebook una pubblicità che suggerisce di trasformare la tua bacheca in un libro: sono diverse le app che offrono il servizio, allettando il navigatore con frasi come “finalmente le tue foto, i post e i commenti degli amici guadagnano dignità letteraria”. In fondo, aggiungono, la tua vita non è già tutta qui? Perché non salvarla dall’effimero e trasformarla in una copia cartacea “per salvare i ricordi più belli”? Perché no, viene da rispondere: la scrittura dei social è concepita per colar via come acqua dal fondo di un sacchetto di carta, ed essere dimenticata. Anche se, a ben vedere, Facebook ti invita a guardare indietro come un piccolo angelo della Timeline, e ti ripropone quotidianamente un “Accadde oggi” dove puoi rileggere quello che postavi nello stesso giorno di uno, due, sette anni fa. E’ interessante, questa tensione fra effimero e permanenza, e ogni tanto, in effetti, viene voglia di trasferire su carta alcuni post non propri. In questi giorni, andrebbe fatto con i lunghi, bellissimi scritti di Cronache Mesopotamiche: racconti dai luoghi colpiti dal sisma che sono in realtà storie di viaggi alla ricerca di strade che erano invisibili anche prima, e che vengono raccontate per sottrarle all’oblio, che non è solo tipico dei social, purtroppo”.
Per darvene un ulteriore esempio, l’ultimo post di Cronache:
Abbecedario (A-E)
Negli ultimi mesi, e con frequenza proporzionale all’entità dei disastri, si leggono ovunque parole cangianti, elasticamente adattate a discorsi anche molto lontani fra loro e che, tira e tira, spezzano il necessario legame con la realtà dei fatti, fino a non significare più niente.
A come Abbandono (Abbandonare): “Ci avete abbandonato”, gridano in questi giorni gli abitanti dei borghi sepolti dalla neve, in Mesopotamia e fuori. Livello zero, intollerabile ma quasi sempre rimediabile, con le risorse adatte, in tempi brevi. “Ci avete abbandonato”, urlano le popolazioni colpite dai terremoti di agosto e ottobre. Dove sono le casette? Dove sono i moduli provvisori per gli animali? Lungaggini e immobilismo che hanno paralizzato le Marche più di altre zone, e ha reso più gravi le conseguenze del nevone di gennaio. Livello uno. “Ci sentiamo abbandonati/dimenticati”, avresti sentito dire da molti abitanti appenninici fino all’agosto scorso. Come a dire, le politiche di sostegno e incoraggiamento all’imprenditoria giovanile nei territori di montagna era appena partita, con molte timidezze e non poche difficoltà. Le Marche subiscono uno spopolamento che ha interessato prima le zone montane poi le campagne a partire dagli anni ’60. Un fenomeno noto, che aveva subito una stabilizzazione (dovuta e al ritorno degli oriundi nelle case di montagna degli avi e all’edificazione di seconde case nuove, fenomeno che qui ha avuto il culmine fra gli anni ’70 e gli anni ’80) e poi un debole riflusso. Siamo al livello due. Pronti per il livello tre: l’incoraggiamento gentile e subdolo a farsi una vita da un’altra parte, tanto “che ci torni a fare, lassù?”. La prospettiva, spesso illusoria (la crisi ha morso forte le piccole imprese locali), di un nuovo lavoro, di un futuro diverso per i figli. Il pensiero fastidioso che quelli che dicono “ricostruiremo tutto dov’era e com’era” non credano per primi a quella che è una palese bugia, e intanto che lo dicono sperano che nessuno torni in montagna, perché quando più nessuno la abiterà, non ci si dovrà più preoccupare di case strade scuole ospedali in quei posti tanto scomodi da vivere, e così costosi per la collettività.
B come Bestie (e Bestiame): la neve dopo e durante il terremoto ci ha messo di fronte agli occhi una fauna che difficilmente popola i telegiornali. Riassumendo in modo disordinato e incompleto: mucche pecore asini morti o gravemente sofferenti di freddo fame e sete, o schiacciati dai ricoveri (talora già pericolanti per il terremoto) crollati per il peso della neve; cani e gatti e cucciolate abbandonati in mezzo alle macerie delle case terremotate; camosci lupi e cinghiali che scorrazzano sulle strade provinciali. Animali & neve può significare tante cose. D’inverno in montagna nevica, quest’anno è nevicato tantissimo, ma il problema della neve passerà, quello delle stalle lesionate no. Il timore è che quando non ci saranno più foto di pecore gelate, si penserà che, arrivata la primavera e sbocciate le primule, tutto tornerà magicamente a posto. E ancora: lo spopolamento dei paesi montani e l’arretramento dei coltivi sta ampliando i confini delle zone abitate dagli animali selvatici. C’è un “Piano lupo” promosso dal Ministero per l’ambiente che WWF e allevatori considerano inutile per gli allevatori e dannoso per i lupi (http://www.wwf.it/news/notizie/?27800). Se ne riparlerà.
C come Casette di legno/Container: Amatrice ha appena estratto a sorte (!!!) 25 MAP (Moduli Abitativi Provvisori) su 89 richieste.
7000 sono gli assistiti marchigiani (il numero non tiene conto delle migliaia che si sono trovati un’”autonoma sistemazione”). La Regione vieta la costruzione di MAP anche in aree di proprietà e edificabili, pena la denuncia per abuso edilizio. I tempi si allungano, tempi già lunghissimi, perché le vere case di legno, quelle in grado di ospitare una famiglia con un certo comfort per tempi discretamente lunghi, hanno bisogno degli allacci. Esistono anche casette di legno che, come una tenda, si appoggiano al terreno in cinque minuti, ma non hanno né luce né bagno né acqua né riscaldamento. Una specie di grande cuccia per cani (io le ho viste). Spunta l’idea di villaggi di container-dormitorio. Moduli in cui vivono o, più correttamente, dormono 9/12 persone. Coloro che vengono indirizzati a questo tipo di alloggio potrebbero far parte anche di nuclei familiari diversi. Il bagno è esterno, in comune, e non c’è la cucina. Il materiale di cui sono fatti è una lamiera che, anche se coibentata, crea un microclima, all’interno, che definire umido è eufemistico. Di fatto, ci si ritrova con il letto zuppo d’acqua (ne ho testimonianza diretta). Forse è chiaro perché tanti continuino a preferire la roulotte o il container a cui, comunque, in molti casi non c’è alternativa.
D come Disagio: i terremotati sotto la neve,senza luce per quattro cinque sei giorni, terrorizzati dalle scosse, non stanno vivendo un momento di “disagio”, come le Autorità ripetono. Questa si chiama “sofferenza”. Per chi vive in montagna, in condizioni normali la neve normale rappresenta un “disagio” programmato e ben affrontabile. Chi ha scelto di vivere a 700 metri lo mette in conto, che per qualche giorno all’anno non può andare in paese a comprare il pane. Hanno tutti provviste e legna per il camino. Ma chi è morto, di freddo, monossido o schiacciato dal crollo della stalla, non ha subito un disagio, ma una tragedia. Chi adesso sta in montagna a badare alle bestie e non ha né stalla né casa agibile, e se la corrente va via e l’acqua gela nelle tubature deve sciogliere la neve per dar loro da bere (e non è una favola, è la vita quotidiana dei montanari miei vicini di casa), e la strada per arrivare nella sperduta frazione la riaprono dopo quattro giorni, non è esattamente un “disagio”. E, soprattutto, quando la corrente torna e torna anche l’acqua e la strada ricomincia ad essere percorribile, non è che il “disagio” sia finito: quelle sono persone che ancora non hanno né casa né stalla.
E come Emergenza: la settimana del nevone ha creato vere emergenze in situazioni già compromesse dal terremoto. La neve, in sé, in montagna non può né deve essere un’emergenza. Due mesi ci separano dalla scossa che ha fatto più danni: quel terremoto non è più un’emergenza, è una situazione stabile alla cui criticità ci stiamo assuefacendo. E monta la rabbia della gente, e il rischio è che questa rabbia, prossimamente, sarà l’emergenza.
[foto del 21 gennaio, lago di Fiastra, zona di “disagi” e di “emergenze”. Vero solo in parte: alcuni, come Il Camoscio dei Sibillini – Escursioni e Trekking, organizzano attività in luoghi che sono per la loro natura di una bellezza commovente. Un’altra narrazione è possibile (?)]

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