6- STORIE DAI BORGHI: LAURA PER SERRAVALLE

Oggi compio sessant’anni. Sono un po’ frastornata. Ricordo tutte le mie decadi, una per una (il primo brindisi vero a dieci, una notte di allegria uscita dal Partito radicale a venti, il primo compleanno coniugale a trenta, il primo da mamma a quaranta, una cena cinese un po’ ubriaca a cinquanta). E adesso che si fa, eh? Si guarda avanti con la schiena dritta (anche se con i primi doloretti) e si pensa che ci sono cose da fare, libri da scrivere. E soprattutto paeselli da ricostruire. Dunque, anche oggi, ecco un’altra storia. Questa è di Laura, per Serravalle di Chienti. “Il” paesello.
“Serravallesi d’adozione negli anni settanta”
Allora oggi pomeriggio ci si vede tutti a Cagnolo?
No, prima in piazza e poi a Cagnolo!
Ma no, direttamente lì, chi porta la chitarra?
Io porto il mangiadischi!
Sì proprio quello, era di colore arancione, si portava a tracolla e aveva la fessura anteriore dove si inserivano i “dischi” a 45 giri con due canzoni, una per ogni lato, una già famosa (che era poi quella del momento) mentre sul retro c’era quella che si imparava a conoscere soltanto grazie a questi piccoli “vinili”, perché oggi è così che si chiamano.
E sulle note degli storici Pooh, Camaleonti, Nomadi, DikDik, Giganti ed Equipe 84, tra una prima sigaretta e un primo bacio, trascorrevamo lente ma intense giornate estive serravallesi saltellando tra un muretto e l’altro della sorgente di Cagnolo e dei suoi giardinetti, gli stessi dove fino a questa estate abbiamo assaporato le delizie locali preparate delle nostre amiche di sempre, alle prese con le bruschette al ciavuscolo, la pasta al tartufo, i fagioli con le cotiche e la frostenga, per dire cioè solo qualcuno dei tanti piatti locali, le cui ricette si tramandano da nonna in nipote da più generazioni.
Più o meno la nostra era quella del Tapioca, teatro delle nostre danze che oscillavano tra il timido liscio e lo scatenato “shake”‘ mentre dal buon Righetto si giocava a scopa e briscola al ritmo delle canzoni che che si gettonavano dal Juke box, contemporaneamente al tintinnio degli special del flipper.
Dopo lo sconquasso di diciannove anni fa le cose cambiarono, ma con l’impegno di tutti, si era – in qualche modo – ricominciato a saltellar allegramente, se pur in altra forma.
Magari non riprendendo a giocare a nascondino come poco prima di allora, anche se lo abbiamo fatto fino all’età quasi adulta e correndo tra le risate infinite tra i vicoli di Serravalle per fare “tana” sul portoncino della piazza accanto al vecchio bar o di fronte al fontanile in fondo al paese.
Ecco perché i nostri figli, come i nostri genitori, nel voler perpetuare la tradizione di questa irrinunciabile comunità che deve continuare a raccontare storie, andare a funghi, accendere camini, spaccare la legna dei boschi e organizzare il presepe vivente per ogni Natale, vivono adesso, ancora insieme a noi, l’ansiosa trepidazione dell’attesa che la terra si fermi e che la smetta di farci così male.
L

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