Il post di ieri sul Libraccio ha suscitato diverse reazioni interessanti, quindi riprendo l’argomento. Come premessa, però, ci tengo a sottolineare che il mio non era un post contro il Salone del Libro, che è stata ed è una parte palpitante della mia esistenza (al massimo, ma ne scrivo domani sull’Espresso, posso avere una perplessità sul titolo 2025, ma non per colpa del Salone medesimo, bensì del mondo), e a cui augurerò sempre e sempre e sempre vita lunga e felice.
Dunque, la questione sollevata dai 126 editori che hanno inviato la lettera al Salone (lo stand del Libraccio al Padiglione 1 sottrae possibilità di acquisto a chi è presente al Lingotto) non è piaciuto a lettori e lettrici, almeno in molta parte. Il motivo è semplice: chi legge ha meno soldi di prima (molto, molto meno) e vuole avere la possibilità di comprare libri a prezzo più basso.
Di contro, un editore piccolo e medio spende già parecchio per essere al Salone e non è possibile vendere a prezzo ridotto. Come ha scritto ieri Daniela Di Sora di Voland su Facebook:
“il discorso non è semplice: c’è una legge che proibisce di fare sconti, e fu voluta anni fa da editori e librai proprio per proteggere le librerie, soprattutto le librerie indipendenti. Per cercare di impedire che i grandi gruppi, che possiedono case editrici e catene di librerie, fossero del tutto padrone del mercato. Poi c’è il fatto che gli editori pagano gli stand, e pagano le persone allo stand, e se non sono di Torino pagano alberghi e treni per soggiornare durante il periodo della fiera. Questo ovviamente oltre al costo della produzione del libro, che comprende i diritti di acquisizione del testo, la traduzione eventuale, il tipografo e il personale della redazione. Oltre al magazzino…A me fa un po’ impressione vedere che molti immaginano gli editori come ricconi sfondati che si divertono a mettere prezzi a caso, e non vogliono favorire il lettore. La maggior parte di noi questo lavoro lo fa per passione. E spesso alla fine del mese con disperazione…”
Anche il lettore, però, spende per entrare al Salone: 22 euro se fa il biglietto sul posto, 15 se lo fa online, più i vari sconti disponibili sul sito. Ma spende. Quindi è penalizzato: inoltre, mi hanno scritto, nulla vieta di acquistare un libro usato nello stand del Libraccio e una novità allo stand dell’editore. Vero. Inoltre, scopro, al Salone, dopo una trattativa e un accordo, allo stand del Libraccio non possono essere messi in vendita libri usciti negli ultimi due anni, e questo minimamente dovrebbe preservare.
Dunque ci sono tre esigenze da conciliare: quella di chi legge, che non ha più molti soldi a disposizione, quella di chi pubblica, che ne ha ugualmente pochi (sto parlando di editori piccoli e medi, lo ricordo) e quella di chi organizza fiere e manifestazioni legate al libro. Con la vecchia questione: si vendono meno libri perché i soldi sono pochi e i libri troppi.
E visto che mentre sto scrivendo si attende l’intervento inaugurale del ministro della cultura Giuli, una domandina me la farei: oltre a dichiarare qua e là e inaugurare qua e là, cosa sta facendo il ministro medesimo per i libri, il cinema, il teatro e tutto quello che, insomma, si chiama cultura?