AFFARI MIEI

Allora, vediamo di smentire subito Untitled Io quando, nel post-necrologio  apparso su Vibrisse, sostiene che questo, come altri, non è un blog ma un sito letterario impersonale.
Nel senso che sto per raccontarvi un po’ di affaracci miei.
Primo. Ultimata la lettura degli undici finalisti del Premio Strega, sto per partire alla volta di Benevento, ancora con un paio di interrogativi irrisolti (sì, uno riguarda il vestiario e, sì, finirò per optare per gli inseparabili jeans).
Secondo. Al mio ritorno, preparerò un valigione: dal 5 giugno la vostra umile eccetera sarà per due-settimane-due cittadina torinese.
Terzo. La già nota Scrittomisto rilancia e apre un concorso. Dove è coinvolta anche la vostra eccetera. E non solo lei.
Quarto. Fra poche ore arriva la Varechina. Tenete d’occhio Vibrisse.
Quinto. Caspita, un post senza teoria della letteratura, segnalazione di libri, polemiche a distanza? O tempora! Avesse ragione Francesco Sasso quando dice che i blog letterari sono stanchi? Oppure ha ragione il mio ormai mitico filosofo-scrittore-fenomenologo Dan Lloyd quando cita i blog in un lungo carteggio con la vostra umile eccetera per spiegare il rapporto fra mente, coscienza, percezione del reale (e poi non vi dico altro, per ora)?

24 pensieri su “AFFARI MIEI

  1. “Dimostrazione pratica del perchè un blog è personale, e dunque politico.”
    Lo strillo che hai usato nel BA è molto raffinato, madame… Dovresti ragionare sul passaggio “personale ergo politico” 😀

  2. Separati in cosa (?) o separati in casa?
    leggo da intervento necrologio:
    “Comunque se vuoi sapere un parere: il mezzo del blog o del lit-blog è già vetusto. A mio avviso c’è un nuovo modo di incontro e di dialogo: l’agorà reale. La realtà e l’incontro diretto sono il mezzo più innovativo e rivoluzionario lasciatoci in dote dal passato.”
    Che io sappia, molti bloggers “praticano” questo tipo d’incontro, da sempre, sicuramente da prima che nascessero i blog. Penso in primis a Lello Voce, con gli slam, a Giulio Mozzi, a Loredana (cyber conferenze) ai poeti Raos e Inglese con i reading, gli immensi Sparajuri con le loro azioni poetiche, a Cepollaro wu-ming negli esiti performativi (teatro e musica) Proserpina, lettrice incantatrice, Mario Bianco, grande story teller, Biondillo, Saviano, Bajani, ai giovanissimi Alice Avallone e Matteo de Simone, con azioni incrociate, concerti festival, e perchè no anche a me col Cabaret Comunista Dandy. Insomma, questa polemica mi ricorda molto il periodo dolorosissimo di transizione di NI prima versione a quella attuale. Uscitene i fondatori (cui vanno ricoosciuti mille meriti)tutti se ne stavano con i necrologi in mano a cercare la morte di Nazione Indiana. Invece. Grazie a queli rimasti che hanno tenuto duro, NI non solo è sopravvissuta ma ha anche saputo interpretare un ruolo importante nel paesaggio dei blog.
    La questione chiave è invece a mio modesto parere un’altra. Ovevro, quando il lit-blog, diventa lettino-blog, psicanalisi selvaggia, e allora bisogna staccare la spina per un pò, proprio per non ritrovarsi a corto di energie.
    effeffe

  3. “questa polemica mi ricorda molto il periodo dolorosissimo di transizione di NI… etc”,
    non è una polemica, perché voler vedere una polemica dove c’è un dialogo nato spontaneamente. E’ tutto così terribilmente semplice. Bregola, scrittore, dopo un anno di lavoro in rete (qualcuno dirà poco, d’accordo, ma sempre un anno di lavoro, mica api-cultura nel week-end) si è formato una idea sul mezzo internet (uso la parola “internet” perché ho notato una confusione nella mia terminologia) e l’ha espressa in un pdf. Altri, giovani editori che hanno investito il loro futuro in rete, hanno risposto. Punto. Da qui, volendo e avendo tempo, si può iniziare a ragionare- male non fa- non si sta polemizzando né uccidendo il mezzo. Chi ama “internet” dovrebbe essere felice di poter “illuminare” l’eretico Bregola, spiegandogli che… sempre se non si è troppo stanchi… 🙂

  4. Posso? Guarda che non è difficile farsi un’idea di quel che i blog (non “internet”: i blog ne sono una parte) sono e fanno semplicemente frequentandoli e leggendo i post. Dai quali si evince esattamente quel che riferiva effeffe, per esempio, dal momento che molti di noi sono assai prodighi di informazioni su cosa fanno, dove vanno e chi incontrano.
    Che ci siano mutamenti in atto è ovvio quanto sacrosanto: per dire, a me sembra esaurita la fase della rissa-a-tutti-i-costi, che pure ha avuto una sua utilità iniziale. Ma di qui a decretare la fine dei tempi o la crisi per stanchezza, ce ne corre.
    @g.g.: il personale è sempre politico, si diceva ai tempi, e vale ancora 🙂

  5. Bregola che dal vivo è più bello che in fotografia non lo definirei un eretico. Anzi, a ben pensarci, per i blog varrebbe quanto detto per altro (non me ne ricordo), tutti eretici, nessun eretico. Allegri ma non troppo, sicuramente con brio
    effeffe

  6. Io l’ho presa a ridere, perché prendo con ironia quasi tutto il coro di prefiche (“è morto il pongo”, dice un commentatore da me), però se torno seria divento cattivella: definire “blog”. Che senza definizione è come dire: “è morta la carta a righe”, eh.

  7. Esperienza di blogger quinquennale: chiunque dica “è morto il blog” sta rosicando perché sperava di avere 20/30 visitatori unici al giorno in più 😛
    (Io preferisco i fogli lisci, senza quadretti né righe, tanto vado storta:)

  8. regola generale:
    a dire che il blog è morto è, per solito, chi il blog non è che l’abbia saputo far vivere poi molto
    (ho in serbo, ad ogni buon conto, una paginetta di eccezioni trascritte sul calepino. Anche io: niente righe, ma è perché ci ho il parkinson)

  9. Credevo che mi fosse morta la bici,
    invece era solo un po’ sgonfia allora sono andato al Roy Merlin e mi sono comprato necessaire per riparazioni gomme.
    Ora, essa, la vecchia Benotto, è più bella e rutilante di pria; da ricordar poi, per legge naturale, che pria della bici eravi il velocipede, come tutti sanno.
    MarioB.

  10. @ Babsi
    “però se torno seria divento cattivella: definire “blog”. Che senza definizione è come dire: “è morta la carta a righe”, eh.”
    “Esperienza di blogger quinquennale: chiunque dica “è morto il blog” sta rosicando perché sperava di avere 20/30 visitatori unici al giorno in più. “
    Questa la dice lunga sulla percezione che alcuni bloggers hanno del loro modo di fare comunicazione. Che ti devo dire, ti ringrazio per aver avuto pietà di noi.
    Per amore del “blog”, si potrebbe cercare di far capire fino in fondo a persone disinformate come me, le potenzialità del mezzo, altrimenti si faccia finta di niente, portando un po’ di pazienza per questi rumori di sottofondo.
    (sintomo di stanchezza? Risposta di Babsi: sì, stanchi dei necrologi- tanto per bruciare la prossima battutina dietro cui nascondersi)
    Ringrazio effeeffe e lipperini per l’attenzione.

  11. Francesco, la questione è molto semplice. Il blog è una piattaforma. L’equivalente virtuale di “foglio di carta”. Non ha, di suo, né un’etica né una connotazione artistica, estetica, quel che vuoi. E’ come dire “la carta è morta”. E’ vago. E’ una boutade. Allora, siccome esistono 35 milioni di blog nel mondo, o ci si chiede (come fanno persone serie e competenti: posso citare Mantellini, Zambardino, Granieri – in Italia) *cosa* funziona dell’uso del mezzo blog, se ha potere di informazione e quale, se può essere adoprato in altro ambito (quello letterario, quello artistico, quello politico), e nel caso come e quanto è stato adoprato e che risultati ha ottenuto, oppure si indossano i panni della prefica che va a un funerale inesistente e tenta di attirare l’attenzione su di sé. In questo dibattito (che quasi tutti quelli che avevano cose serie da dire non hanno preso sul serio, ed è sintomatico: si è ridotto a uno scambio di ghignatine fra pochi) ho visto molti “venuti dell’ultim’ora” sfoggiare presunte competenze. Sarebbe bello leggere il frutto di queste competenze elaborate, magari tenendo conto di quanto (tanto!) è stato già detto. Non si può riscaldare la stessa padella di acqua calda ogni mattina e portarla all’ufficio brevetti sperando che l’addetto si commuova.

  12. Adesso ho compreso il tuo punto di vista. Nulla da replicare.
    Come ti dicevo, se dall’altra parte dello schermo c’è un uomo che esprime una opinione (giusta o sbagliata che sia) non è corretto rispondere con tono sufficiente. Si può decidere di rispondergli o si può tacere.
    Nel mio piccolo, nel fare cultura, cerco di spiegare a chi mi dice “la letteratura non serve a niente e gli scrittori sono parassiti” che si sbaglia, argomentando. Oppure, se sono stufo, taccio. Certamente, non li derido. Tutto qua.
    Peace.

  13. Un mese fa è morto anche il mio cane: animale da compagnia con quattro zampe e una coda. Però resta la sua ciotola, il suo collare, il suo guinzaglio e il suo vuoto. Soprattutto il suo vuoto.
    Esiste la morte solo dove esiste un vuoto.
    Per questo la carta a righe non può morire mentre i blog si. Alcuni.
    Le definizioni non servono a niente.
    (il pongo che io sappia non ha lasciato un vuoto ma è stato sostituito dal Didò).

  14. Gentile Signora,
    mi scuso per l’inconvenevole verificatosi durante il gioco del Big Fight, mi riferisco in particolare alla gara tra Hiei e Swann, non era fin dall’inizio nostra intenzione procedere al conteggio dei voti in anticipo, ma poichè a nostro avviso abbiamo ritenuto la condotta passiva del pubblico votante poco sportiva e meno conforme allo spirito del gioco abbiamo preferito terminare prima dello scadere del termine. Infine mi scuso a nome mio e della mia collega Simmy Lu (Francesca)per l’accaduto,in quanto stiamno già assumendo i relativi provvedimenti, e le prometto che un evento simile non ripeterà più.
    Cordiali Saluti.
    Furtivo.

  15. Vorrei far notare che il post pubblicato sul sito Untitl.Ed si intitola: il blog è morto?, c’è un punto di domanda alla fine. Domanda che, in quanto tale, attende – speranzosamene, magari, chissà – risposte. Arrivassero anche sotto forma di battuta sul fatto che 20-30 accessi in più o in meno possano fare la differenza, benvengano 🙂
    Ho tenuto a fare questa precisazione perché mi sembra che il post di Bregola, in cui si faceva riferimento a un carteggio Untitl.Ed, sia servito da punto di partenza per un ragionamento che poi ha leggermente debordato. Io stavo sulla riva, per dire, e all’improvviso mi sono ritrovata in mezzo al mare. Non che la cosa mi spaventi, sono una discreta nuotatrice, ma se qualcuno m’avesse avvisato almeno mi sarei tolta il cappotto.
    A me, lo vedete, che ci si additi come quelle che hanno sentenziato che il blog è morto fa sorridere e per diverse ragioni: 1. abbiamo un blog 2. pubblichiamo scritti di blogger 3. non l’abbiamo detto.
    Il blog continua a essere fertile e utile luogo di dialogo, e scambio di opinioni e informazioni, vivo e vitale. Il post di Bregola, con tutti i commenti e altri post a seguire, questo incluso, non ne è che una riprova.
    Un saluto.

  16. Orietta, scopro adesso che il post era altrui: o meglio, lo intuisco, e la mente vacilla. Nel calderone mozziano (perdonatemi, ma a volte lo sembra) mi pareva che l’argomentazione “blog defunto” fosse di Bregola. Abbi pazienza, questo pistolotto che copio di chi è?
    “Non considero il cartaceo superiore alla pubblicazione in Rete, ma nemmeno considero la Rete una grande possibilità. Nel mio pensiero ho già superato l’idea della “possibilità offerta da Internet”. Chi se ne frega di Internet e blog: hanno perso tutta la loro potenza dinamitarda all’incirca a metà 2004 e proprio quando si è iniziato a codificarli e si sono massificati, sono morti. Ora ci saranno decenni di discussioni e di “opportunità”, ma la loro azione propulsiva l’hanno fatta dal 1997 al 2004. Se la stampa soppianta il blog mettendo i suoi contenuti su carta o viceversa i testi su carta vengono trasferiti su blog, non significa stia avvenendo un interscambio o ci sia una zona grigia prima di passare a un altro sistema, ma al contrario sta a testimoniare che la Grande Bestia Mediatica si sta nutrendo di carcasse. E’ un po’ come quando si parlava di Zone Temporaneamente Autonome (TAZ) e di BBS che precedevano Internet. Lì stava avvenendo qualcosa di importante, lì c’era comunicazione. Qualcuno mi dirà: Era per iniziati. Sì, e proprio quando è diventata “essoterica” è morta trasformandosi in Internet da BBS che era e la mutazione ha portato con sé un grande business. I blog sono morti: per questo “uso” il blog. Per questo l’ho “usato” per produrre un testo argomentativi facendomi aiutare dalla comunità letteraria e semplificandomi la vita attraverso la Rete. Il blog è morto. Viva il blog!”
    A me pareva di Davide. Ho sbagliato autore? Ad ogni buon conto non importa: è roba detta, ridetta, ridetta, stradetta, blah, bum, cough, aria. Basta. Facciamo morire il purè, lo shinto, le BMW, le caldarroste.
    Una nota: il fatto che un post che attira 20/40 commenti sia sintomo della vitalità del blog (e della validità delle teorie espresse) è pura illusione. Sai benissimo il perché, ti intendi di blog quanto me e Loredana. *Ogni* nostro post, anche fosse sul fermaglio per i capelli, ha 15/30 commenti. I dibattiti “vivi” sono, fortunatamente, su altro. La “morte del blog”, come topic, non solo non sta in piedi (e Untitled Ed. mi pare la dimostrazione che il blog, in tutte le sue forme, sta benissimo), ma ha annoiato tutti quelli che hanno un blog da più di 40 settimane, e procediamo per forza d’inerzia mentre, per fortuna, ci occupiamo d’altro. Comunque non agitiamoci, tanto ri-muore fra un paio di settimane 🙂

  17. Insomma è buffo: accapigliarsi su uno slogan, una provocazione, una domanda, una controdomanda, un paradosso, un’allusione, tralasciando ogni sfondo, e insieme allo sfondo ogni sostanza, del tema?
    No questa non era affatto una polemica, nessuno ha “lanciato” una “polemica” (e noi men che meno: al massimo l’ha fatto Bregola…). Per me la rete non è (non è sostanzialmente) un luogo dove si lanciano polemiche dove si avviano dibattiti, e qundo mi si vuol convincere che sia così, in genere io lascio e me ne vado. Non è che m’incazzo: proprio non ci sono tagliata.
    Riguardo a questo blog, Loredana: si chiama Lipperatura, viene citato da chiunque come uno dei più importanti blog italiani di argomento letterario, dove si discute prevalentemente di fatti letterari, non è il blog dove tu “provi a scrivere” o “provi a parlare”, tu qui dentro sei essenzialmente una giornalista, con tutto il rispetto naturalmente, e infatti fai post come “articoli” (tagliati sul mezzo in quanto a tono ovviamente: sei una professionista). Ovviamente (mi pare superfluo precisarlo, ma tant’è), quando io parlo di blog personali mi riferisco a diari/palco, a luoghi di racconto intimo/pubblico, non certo a luoghi dove ci si limita a rendere conto della propria agenda o in generale (e solamente) dei “fatti propri”.
    Insomma ringrazio Francesco Sasso per la precisazione: polemica non c’è stata, lanci di slogan non ce ne sono stati, se poi si tratta di giocare su questo io non ci sto.
    A margine, ricordo che quello che voi chiamate “post” o “articolo” (quello nel nostro sito, quello che nel titolo ha i punti di domanda) fa parte degli Appunti della nostra redazione in rete: si tratta di spezzoni di nostre conversazioni riguardanti il lavoro che facciamo insieme, io Fainberg e caracaterina, in Untitl.Ed. Spezzoni di riunioni “aziendali” insomma, che ogni tanto tiriamo fuori e passiamo in pubblico “in modo di post” perché ci sembra che possano contenere qualche spunto di interesse anche per gli altri. Difatti, a differenza dei post dei nostri tre blog personali, gli “Appunti della Redazione” di Untitl.Ed non sono aperti ai commenti, ma sono appunto “appunti”, foglietti sciolti affissi in bacheca. E’ anche questo un modo di porsi, e di riflettere, all’interno della rete: scegliere di parlare in parziale favore di pubblico, in semitrasparenza, scegliere di rendere pubbliche parti di un discorso privato, rendere pubblico il nostro lavoro in questo modo, con tutti i rischi (anche di equivoco, come si vede) che ciò può comportare.

  18. però che bello sarebbe un funerale collettivo di tutti i blog. Che tu di solito alla mattina ti alzi, leggi i giornali, poi ti colleghi, scarichi la posta, dai una sbirciata al tuo blog e inizi il giro. Quel giorno lì niente. Nessun blog nè da te nè in giro. Da nessuna parte. Sei costretta a scrivere una lettera (col francobollo solo prioritario che questa cosa non mi va giù), o chesoio telefonare, camminare, lavorare. Hanno stampato il saggio sulla fine dei blog. Niente più blog. E’ il funerale dei blog. Ma dove lo fanno?

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