ALICE E CHRISTIAN, LE MARCHE E IL TERZO MUNICIPIO: DUE STORIE CON POSSIBILE MORALE

Queste sono due storie, diverse fra loro: eppure consentono una piccola riflessione. Prima storia, da Amandola. Alice Corradini, che già nel febbraio 2017 aveva scritto una lettera lucida e durissima alla Regione Marche, ne scrive una seconda:
“Sono da pochissimi giorni passati due anni dalle prime scosse di agosto 2016 e, dopo più di un anno dalla mia prima lettera alla Regione, sono di nuovo qui a scrivere.
Ho aspettato che passasse quasi tutto agosto nella speranza che le persone a cui mi sto rivolgendo siano rientrate dalle ferie e questa lettera non cada nel dimenticatoio.
Non è mania di protagonismo, ma il tentativo, probabilmente inutile, di far capire al nostro governo regionale quanto sia difficile la situazione che ci troviamo ad affrontare, noi come tante altre aziende che hanno subito il sisma del 2016.
Sono davvero felice che i nostri rappresentanti regionali siano soddisfatti della delocalizzazione di “tante” attività produttive del cratere, se anche le altre aziende hanno ricevuto, come noi, il modulo dopo più di un anno, siamo a cavallo…
Per chiarire meglio la situazione e per evitare inutili ripetizioni, trascrivo qui un passaggio della lettera che scrissi al Presidente Ceriscioli nel febbraio 2017 (lettera che non ha mai ricevuto risposta), il passaggio in questione è quello riferito alle attività produttive:
“La nostra è un’azienda agricola a coltivazione biologica, coltiviamo circa 50 ettari di terra ed alleviamo circa 60 bovini e 20 suini, lavoriamo la carne in azienda e consegnamo confezioni famiglia direttamente a domicilio in tutte le Marche, a Roma, in Lombardia, in Veneto, in Trentino ed Emilia Romagna.
La nostra attuale stalla è stata costruita nel 2005 da un’azienda leader in costruzioni in legno antisismiche, per cui non ha avuto problemi con il terremoto, mentre il laboratorio di macelleria è inagibile. Ci sono segnalazioni da settembre in poi di vari enti (ispettorato agrario, asur, guardia forestale, Comune) che evidenziano la necessità di un modulo lavorativo ad uso macelleria e come sicuramente lei sa, di questi moduli nemmeno l’ombra.
Addirittura, la scorsa settimana, ci avete chiesto di firmare una rinuncia a tale richiesta, in quanto questi moduli sono molto costosi e la Regione non ne dispone e mai ne disporrà.
Bene…noi siamo fortunati, ci siamo da subito organizzati per conto nostro e lavoriamo la carne nel laboratorio di macelleria interno al mattatoio presso il quale ci serviamo, ma non tutti hanno questa fortuna…ma se non avessimo avuto questa possibilità? Se non avessimo avuto questa possibilità, un’azienda che non ha avuto problemi al comparto produttivo, un’azienda a conduzione familiare, gestita da giovani, che non ha visto calare la richiesta dei propri prodotti (anzi proprio grazie alla solidarietà che si è scatenta in seguito al sisma, ha visto aumentare la richiesta) sarebbe stata costretta a fermarsi perché la Regione, lo Stato, non è in grado di fornire quel supporto che viene invece sbandierato dai mass media e da voi stessi negli incontri pubblici .
Se un’azienda si ferma, chiude…
Con il vostro disinteresse state costringendo un intero settore alla chiusura.” (febbraio 2017)
Ora, dopo più di un anno da quella lettera e quasi due anni dalle prime scosse, mi chiedo quale sia la volontà della Regione Marche; già da mesi si parla di centinaia di aziende chiuse o a rischio chiusura, tutti conoscono le difficoltà del settore agricolo, ma le difficoltà che una piccola azienda si trova a dover affrontare per poter portare avanti il proprio lavoro non vengono minimamente tenute in considerazione.
Nello specifico, per quanto riguarda la nostra azienda, vorrei farvi perdere due minuti di tempo, per raccontarvi come si sono evolute le cose:
Finalmente ad ottobre 2017, dopo un anno di attesa, ci è stato consegnato il modulo “di emergenza” per delocalizzare la macelleria aziendale (tramite l’ordinanza 408).
Questo modulo è arrivato sprovvisto di cella frigo e di guidovia e siamo stati informati dopo la consegna che per avere queste due strutture fondamentali alla lavorazione della carne, bisognava far riferimento ad un’altra ordinanza (la n. 9) e che avremmo dovuto presentare noi progetti e preventivi ed anticipare la somma che ci sarebbe stata poi rimborsata all’80%.
So bene che la legge non ammette ignoranza, mi chiedo però come possa ammettere di costringere persone già in grandi difficoltà ad affrontare una specie di Odissea…
Non starò qui a fare tutta la cronaca dei passaggi interminabili che abbiamo dovuto affrontare per avere i progetti da presentare all’ufficio ricostruzione (sempre per avere delle strutture fondamentali a rendere fruibile un modulo di emergenza): contattare le ditte, sopralluoghi, preventivi, progetti, lo stesso ufficio ricostruzione non aveva chiaro se ciò che stavamo chiedendo fosse considerato “attrezzatura” o no, valutazione molto attenta dei preventivi (sì, perché lo ripeto: i costi li dobbiamo anticipare noi), se volete i dettagli di questa lunghissima trafila, potete leggere il documento che allego.
Comunque a scadenza passata noi non avevamo ancora tutto il materiale necessario a presentare la domanda, siamo andati all’ufficio ricostruzione a chiedere chiarimenti e ci è stato assicurato che nel nostro caso la scadenza di fine dicembre non era valida, in quanto la richiesta relativa all’ordinanza 9 si collega alla 408, che era ancora in corso; praticamente l’uso che facevamo noi dell’ordinanza 9 era una sorta di integrazione alla 408 per colmarne le lacune, per cui potevamo tranquillamente procedere oltre il termine del 31 dicembre 2017.
Ovviamente ti devi fidare sulla parola, perchè se c’è una cosa che ho imparato dal 24 agosto 2016, è che nessuno negli uffici preposti a dare informazioni e valutare richieste, ti metterà mai niente per iscritto quando vai a chiedere chiarimenti.
Bene, il 17 luglio 2018 la nostra richiesta per avere cella frigo e guidovia è stata rigettata, perché presentata oltre i termini previsti.
Avevamo 10 giorni per fare ricorso e lo abbiamo fatto, in poco più di due giorni è stato respinto anche quello e la motivazione è sempre la tempistica, tutti i punti sollevati nel ricorso non sono neanche stati presi in considerazione, mi chiedo se almeno siano stati letti da qualcuno.
Mi è perfettamente chiaro che noi abbiamo presentato la domanda in ritardo, ma vi invito di nuovo a leggere il documento che allego (che è poi il testo del nostro ricorso), è una cronologia dettagliata di tutti i passaggi che abbiamo affrontato.
A questo punto tiriamo le somme: ci sono voluti 13 mesi perchè ci venisse consegnato un modulo di emergenza, finché la questione non è passata in mano al Comune (e ci tengo a specificare che l’amministrazione comunale è stata l’unica ad esserci accanto fin dal primo momento), dalla Regione non si è mosso niente e faccio presente che le prime segnalazioni di impossibilità ad utilizzare il vecchio laboratorio sono immediatamente successive alle prime scosse del 2016.
Quindi circa 13 MESI per farci avere una soluzione di emergenza e se non avessimo avuto una realtà lavorativa qui vicino, che gentilmente ci ospita per la lavorazione della carne, avremmo chiuso nel 2016.
Ci vengono imposti due mesi scarsi per integrare a spese nostre ciò che manca a garantire l’immediata ripresa dell’attività, come prescritto.
Non si tiene conto delle situazioni particolari come la nostra ed immagino ce ne siano molte altre, cioè: qui non si sta parlando di comprare un’affettatrice, ma di fare un impianto, riutilizzando ciò che è ancora buono del vecchio, adattandolo al nuovo (provvisorio di emergenza) e prevedere che sia anche adattabile alla struttura che verrà prima o poi ricostruita, si tratta di progettazione vera e propria, non di andare al negozio a comprare due attrezzi per sostituire quelli danneggiati.
Noi non ci guadagnamo niente a perdere così tanto tempo, a continuare a lavorare lontano dalla sede aziendale, a continuare a lavorare nel posto di lavoro di altre persone che gentilmente dividono il loro spazio con noi.
Anzi sì, ci guadagnamo un gran mal di stomaco.
Qui si tratta di un’azienda e di una famiglia, che investe in questo territorio da quasi 30 anni, fa un prodotto di alta qualità, affronta tutte le difficoltà di questo periodo storico (come tutte le altre aziende) e che sta facendo di tutto per non soccombere ad ulteriori difficoltà.
Un’azienda e una famiglia che con il sisma del 2016 ha perso la casa, la macelleria aziendale ed i fienili e che nonostante questo, continua a lavorare e a investire in questo territorio con passione.
Ma se i bastoni tra le ruote ci vengono messi proprio da chi dovrebbe esserci accanto per aiutarci a rialzarci in un momento così particolare, viene da chiedersi quale idea di futuro abbia il nostro governo regionale.
Noi di certo non abbandoneremo la nostra terra ed il nostro lavoro, non tradiremo la fiducia che i nostri clienti e amici ripongono in noi e non rinunceremo ai nostri sogni, ma lasciatemi dire che, trovarsi sempre ad affrontare situazioni paradossali create proprio da chi dovrebbe esserci accanto, è umanamente desolante.
Amandola, 30/08/2018
Alice Corradini”
La seconda storia è romana. Dal giugno scorso, Christian Raimo ha accettato l’incarico di assessore alla cultura e alle politiche giovanili del III municipio. Una zona gigantesca, afflitta da non poche problematiche (l’impianto del tmb di Salario  che affligge gli abitanti di Villa Spada, Fidene, Serpentara, Colle Salario, Casale Nei 365 giorni l’anno, per dirne una sola, e grave, perché compromette la vita delle persone, 365 giorni l’anno: ne conosciamo le storie grazie a Christian, che filma le testimonianze e le pubblica su Facebook). Sta pensando e realizzando iniziative a getto continuo: una consulta pubblica domani pomeriggio, Chiamata alle arti, sempre per dirne una sola, e sta trasformando cortili e giardini delle case popolari in luogo di incontro culturale, portando Luca Serianni sopra la fermata Jonio della metro e, ieri, Valerio Mastandrea al Tufello, con un oceano di persone che si sono portati cartoni di pizza e birra per ascoltarlo.
Sono piccole cose? Sì, ma insieme sono cose grandi, perché significa che non è vero che le persone escono dalle case solo se c’è la star di X Factor o simili, come avviene in quello che fin qui è l’unico punto di aggregazione del municipio, il centro commerciale di Porte di Roma, che organizza concerti e pattinate sul ghiaccio fra l’Ikea e Decathlon. Significa che se si intende la parola politica non come una faccenduola da sbrigare fra twitter, interviste sulle primarie e insulti reciproci, la politica si fa, e coinvolge, e appassiona, e ci fa stendere un asciugamano sull’erba per ascoltare qualcuno, ed essere insieme a qualcuno, e immaginare un’altra città, e un altro futuro, per tutti.
Cosa che nelle Marche, per quanto riguarda la comunità dei terremotati, non è avvenuta. Pensarci su non guasta, anzi.
N.B. Solita comunicazione di servizio: il blog non sarà aggiornato fino a martedì, perché da domani si parte per Mantova, per le dirette Fahrenheit dal Festival della letteratura. A presto.

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