“Dunque, giunto al limite del mondo, per me lo scopo non è di fronte, ma alle mie spalle: devo ritornare. Il mio viaggio è concluso, è ora di affrontare il ritorno: nella parola”.
Due libri che ho amato leggere, fra gli altri, per le dirette di Mantova: Sergej Lebedev, Il confine dell’oblio, traduzione di Rosa Mauro, Keller. Perché affronta di petto la questione della memoria e della dimenticanza. L’uomo che arriva al limite del mondo, in Siberia, è quello che cerca la verità sul vecchio cieco che è stato un nonno per lui, e che due volte gli ha salvato la vita. Ma quell’uomo era anche stato il direttore di un gulag, e ricostruendo la sua vita il narratore comprende che ci sono storie perse nel tempo ma che avvelenano il tempo. Esattamente come, nelle prime pagine, il pesce dalle bianche carni che l’uomo ha mangiato a pranzo, accompagnandole con vino freddo, ha nuotato – scoprirà – nelle acque avvelenate dai cadaveri degli internati, e dunque avvelena anche lui in una comunione di morte. Del resto, come gli dirà uno dei vecchi aguzzini, felice di avere qualcuno a cui raccontare il male compiuto (che non esiste, se non non narrato), nell’atto di ascoltare e in quello di restituire ad altri si perde la purezza., inevitabilmente, laddove quel che si ascolta è puro orrore.
«Il grande toro giace; mai più potrà alzarsi;
il signore Gilgameš giace; mai più potrà alzarsi.»
La Saga di Gilgameš,
Essere una macchina, di Mark O’ Connell, traduzione di Gianni Pannofino, Adelphi. E’ un reportage narrativo fra i transumanisti, coloro che cercano di sconfiggere la morte con l’ibernazione, con l’upload del proprio cervello, con l’ibridazione con le macchine. Se il corpo si rompe, abbiamo il diritto di averne uno nuovo, racconta una donna a O’Connell. Non è un viaggio tra le stravaganze: è un chiarissimo sintomo della nostra trasformazione in merci (e anche una conferma delle disuguaglianze: cosa avverrebbe in un mondo dove l’immortalità è possibile sono ai ricchi?).
Solo due, ma sarebbero moltissimi quelli da citare. Due fra quelli che mi hanno posto più domande e suscitato dubbi, come dovrebbe avvenire. L’auspicio è che nella stagione che si apre ne arrivino molti altri.