ANNASPARE E TACERE

Dì qualcosa. Ma cosa? Che la pace è necessaria? E’ evidente che è così. Che la guerra è spaventosa? Sembra altrettanto evidente. Si annaspa, in queste ore: almeno, annaspo io, che non so cosa dire, che non ho l’esperienza e la competenza della geopolitica, e che invece leggo un po’ ovunque commenti e interventi quasi sempre improvvisati. Il che va benissimo, è giusto, è democratico, è tutto quel che volete. Ma non posso non chiedermi cosa ci stiamo aspettando da quel che scriviamo. Che Putin legga le nostre bacheche Facebook, o le legga Biden, e che si facciano convincere dall’ennesima filastrocca di Rodari?
Situazioni come questa, credo, sono la prova di quanto sia fallace la nostra illusione di onnipotenza che i social hanno alimentato lustro dopo lustro. La certezza di poter cambiare le cose con uno status. “Penseranno di muoversi e saranno fermi”, come dice Bradbury.  Di più: fra un “no alla guerra” e l’altro, si insinua la tentazione, quasi mai ricacciata indietro, di far le pulci agli altri. Quello che commenta troppo, quello che non commenta affatto, quella che fa la battutaccia tanto per sdrammatizzare, quella che pensa agli affari suoi.
“Dovremmo tornare a tacere”, dice oggi in una bella intervista il filosofo Byung-Chul Han. Il che non significa essere indifferenti, sottolineo e preciso e ribadisco: significa parlare quando si ha davvero qualcosa da dire, qualcosa che fa la differenza, qualcosa che può suscitare una reazione significativa, che incida, che abbia un senso di pensiero e, sì, di azione. E se non si riesce a trovare quel qualcosa, forse bisogna tacere, studiare e riflettere su cosa dire e come.

Questo credo, e naturalmente sbaglio e altrettanto naturalmente non impongo niente a nessuno. Ma sono stanca di quel “dove sono gli intellettuali?” che si gonfia, ripetitivamente, come un’onda, identico al “dove sono le femministe?” quando avviene qualcosa che si ritiene sia pertinenza delle femministe e a tutti i “dove sono?” che ci acquietano la coscienza. Tutti prendiamo parola pubblica: proviamo, tutti, a usarla meglio.

2 pensieri su “ANNASPARE E TACERE

  1. Salve Loredana,
    sottoscrivo ogni parola e aggiungerei che, come in una sorta di disturbo cognitivo di massa, succede sempre che fino a quando non tracima il vaso siamo tutti relativamente tranquilli, poi quando si verifica l’evento, tutti a commentare e indignarsi e, per fortuna, anche a scendere in piazza. E a questa ultima espressione di manifestazione del volere popolare che darei attenzione: da oggi si prevedono manifestazioni, a Bologna, a Roma e non so ancora dove. Mi domando: perchè, nonostante tutti i prodromi, non manifestare prima che scoppi la guerra per provare a dare un messaggio ai rappresentanti del potere? Perchè prima, il valore di un dissenso su una linea o una condotta politica è più forte, ha forse maggiore potere d’incisione, riferendosi al consenso politico.
    Grazie

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