BATTERE IL TEMPO COL PIEDE: SULLA MUSICA, SULLA SEVERITA'

Nel mio personale wormhole di questi giorni, ripercorro, scrivendo, altri tempi e altri luoghi. Come è prevedibile, è la musica a fare da tramite con il passato. Se penso ai primi anni Settanta, penso a Walter/Wendy Carlos e alla colonna sonora di Arancia meccanica di Stanley Kubrick, con tutte quelle elaborazioni elettroniche di Henry Purcell e, soprattutto, di Beethoven. Furono, per la ragazzina che ero, un inizio indimenticabile, il famigerato sipario che si strappa su un’altra realtà. La mia autoeducazione musicale iniziò da quel film: collezionavo le sinfonie di Beethoven dirette da Von Karajan con la stessa dedizione che altre coetanee mettevano nel collezionare gli album dei Beatles, e andava bene così.
Avevo, con la musica colta, un rapporto non canonico: era piuttosto normale, per me, ballare su un Molto vivace, così come, una decina di anni dopo, fu normalissimo guidare cantando a squarciagola il finale dell’atto primo del Don Giovanni, provando a fare tutte le voci, allo stesso modo in cui mi capitava di cantare a squarciagola Bello e impossibile di Gianna Nannini, ma anche battere il tempo col piede sulla Toccata che apre L’Orfeo di Monteverdi e saltellare strillando Hey! Oh! Let’s GO!!!
Mi capitò, al tempo, per ragioni sentimentali, di finire in un gruppo di melomani, molti dei quali oggi assai noti. In quell’occasione, ampliai molto le mie conoscenze, ma scoprii anche che tutto quello che facevo era sbagliato. Non si batte il tempo col piede, non si canta a squarciagola, men che meno si balla, e via così. Sono comportamenti, mi venne spiegato, poco rispettosi della bellezza.
Le perplessità di allora sono quelle che vivo ancora oggi, quando mi imbatto in non poche persone che sono fervide conoscitrici della musica colta (perdonate se uso ancora questa definizione per ragioni di sintesi: così veniva chiamata allora, e così la chiamo, anche se sono la prima a rendermi conto della sua ingenerosità) hanno nei confronti del mondo, non solo musicale, un atteggiamento di chiusura e rigidità. Non solo musicale, intendo: io mescolavo Ramones e Geminiani, Creedence e Mozart, e continuo a farlo. Convinta come ero e sono che la musica (come i libri, come i videogiochi, come i fumetti, come i quadri) sia qualcosa che libera la mente e non la chiude, che induce all’allegria e non alla severità.
Pensavo, stamattina, vedendo attorno a me la solita schiera di passeggeri con cuffietta che dondolavano le teste seguendo chissà quale ritmo, che c’è una specie di solitudine nell’ascolto musicale di oggi, forse per proteggerci da quello imposto (i vari unz-unz della musica di sottofondo, o quelli che ci sommergono da un finestrino di automobile, da una palestra del vicinato, e così via). Pensavo, insomma, che invece di sciogliersi quelle rigidità si sono accentuate. Pensavo che è un gran peccato, e prima di diventare dolciastra come un Buongiorno di Gramellini, continuo a passeggiare nel mio wormhole, e a battere il tempo col piede, ovviamente.
N.B. Solita comunicazione di servizio: il blog non sarà aggiornato fino a lunedì. Domani e venerdì sono a Torino per la riunione di giuria del Premio Mondello.

21 pensieri su “BATTERE IL TEMPO COL PIEDE: SULLA MUSICA, SULLA SEVERITA'

    1. Poi ci sono quelle e quelli che amano la bellezza anche uscendo dal canone, signor Harold. Se ne faccia una ragione, la prego. Questo è un post personale, racconta di me e di come ho vissuto e vivo: se vuole trasformare in canone anche la mia vita, si accomodi pure ma non la ascolterò (ma non ha altro da fare, vero?).

  1. Mi pare che il problema sia che ancor oggi si imbatte in “persone che sono fervide conoscitrici della musica colta”, e psicologicamente continua a concedere loro una sorta di priorità, se non primato, del giudizio. Basterebbe buttare là un Jarrett, un Gould, mezzo jazz, o tutta la chitarristica, tecnicamente mostruosa, del flamenco, per constatare che battere il tempo col piede è costante e ognuno lo declina come vuole, in barba ai galateo azzimati dei protocolli dei critici. Figuriamoci per la pragmatica dell’ascoltatore! Non c’è niente di più triste di coloro che davanti a un ritmo pulsante rimangono statue inibite nell’inespressiva paralisi del capo solo perché si trovano in sala concerti, l’autore è Beethoven e quindi han detto loro che “non si fa”.
    Ah, già: ma non sono questi colti Catoni della fruzioni dell’estetica gli stessi che hanno sanzionato per anni artisti per la loro eccentricità e mancata compostezza salvo poi farsene apologetici cantori una volta diventati miti? Non ragioniam di lor…

  2. Un libro bellissimo su musica e (necessaria) apertura alla vita è ‘Dovunque, eternamente’ di Simona Rondolini, Elliot 2014. Uno dei libri italiani più belli di questi ultimi anni e anche uno dei più inosservati.

  3. @lipperini
    “canone dell’ascoltatore” (non l’ho scritto io 🙂 ) e qui HB non c’entra.
    La seguo solo da qualche mese, non credevo ci fossero pre/proscrizioni alla libera conversazione e quel libro di Frova è stato importante per me, testimonianza da lettore, tutto qui.

    1. Nulla osta, a meno che non la libera conversazione non diventi quella che a Roma si chiama “tigna”. Conosco molto bene quel libro di Frova, e le dirò di più, sono stata io a presentare, eoni fa, il suo primissimo libro su Bach, visto che anche le sciammannate non canoniche qualche regoletta la conoscono.

  4. Cara Loredana, lotto (sì, lotto) da una vita con la critica musicale seria e autoreferenziale ed è una di quelle tipiche situazioni in cui si può vincere una battaglia ma in cui si perde la guerra. Certo, qualche risultato l’ho ottenuto, ma il panorama generale è sconfortante perché non si divulga oppure, peggio, si divulga il proprio ego. Per fortuna ci sono i Creedence che ogni tanto riparano i danni delle recensioni dotte dei Mozart. E non più tardi della settimana scorsa ho battuto il tempo con i piedi. Con Rossini.
    Ciao

  5. Cara Loredana, la verità è che siamo un popolo di adorniani frustrati, noi più di altri, altrimenti non si spiega l’astio malcelato con cui nelle accademie di Musica viene accolto tutto ciò che parte dagli anni ’50, e trasmissioni di tutto rispetto come “C’è Musica & Musica” di Luciano Berio vengono relegate in profondissima serata. Per non parlare poi della stampa musicale pop, che da sempre soffre di un imbarazzante complesso di inferiorità – naturalmente mai confessato – nei confronti della musica “seria”, con pochissime eccezioni, prova ne sia il continuo ricorso a categorie estetiche inapplicabili alla forma canzone (e non faccio nomi, anche se i più sdilinquiti sanno di chi parlo). Poi certo, si può stare a ragionare sul perché non si studi più canto barocco nella nazione che ha contribuito al suo splendore, ma è sforzo vano, perché poi si dovrebbe ragionare anche sullo spuntare come funghi delle scuole private , che per cifre non proprio modiche assicurano quello che a Roma si chiama l’ammanicamento. Io ho avuto la fortuna di battere il piede a tempo mentre in ben quaranta pischelli si cantava Palestrina e di continuare a batterlo a un concerto dei C.S.I., magari, ma queste, appunto, son fortune, e chi non ce le ha non può capire.

  6. beh, la musica è potente in se stessa. Qualsiasi sequenza risuona dentro le corde interiori . Ma le differenze ci sono. Tra la musica pop e la musica colta, potebbe esserci lo stesso rapporto che c’è tra uno slogan pubblicitario e un romanzo di tostoiesvsky. Divertente potente immediato e illusorio il primo, vicino al vero il secondo. Non per nullla la musica pop è sempre stata veicolo di distrazione di massa se non proprio di distruzione . è anche grazie alla musica pop e a diversi dei suoi balordi promotori, che milioni di giovani hanno potuto e possono avvicinarsi alla cultura dello sballo. e decine di migliaia di ess,i battendo il piede e gridando a squarciagola, finire spiaccicati sui marciapiedi. Di fatto la musica ancorche pericolosa è importante. Per questo sarebbe importante una sana educazione musicale . A mio modesto avviso nelle scuole elementari le ore dedicate alla musica, dovrebbero essere almeno 10 alla settimana. La musica educa il corpo la mente, svela l’aritmetica la geometria , insegna ad ascoltare e ad ascoltarsi e soprattutto, quando fatta insieme ( e non subita) , è esperienza di relazione, di comunione con l’altro, forse la più alta che ci possa essere.
    ciao,k.

  7. Cara k. ecco cosa intendevo per ‘adorniani frustrati’: “Tra la musica pop e la musica colta, potebbe esserci lo stesso rapporto che c’è tra uno slogan pubblicitario e un romanzo di tostoiesvsky. Divertente potente immediato e illusorio il primo, vicino al vero il secondo. Non per nullla la musica pop è sempre stata veicolo di distrazione di massa se non proprio di distruzione”.
    Continuiamo così, facciamoci del male.
    P.S.: Poi quella della musica Pop e della cultura dello sballo me la spieghi, ché non credo di averla afferrata bene. Ah, io sono una di quei “balordi promotori” (ohibò!) che non solo la apprezzano, ma la diffondono e ci si laureano persino su, in Estetica e Filosofia della Musica; tesi che i prof avranno sicuramente accettato per via di quella dose di crack che gli ho passato di nascosto, mica per le idee e le decine di anni di studi dedicati da eminenti capocce sull’argomento.
    Ti saluto, e dammi retta, una tantum un concertino rock fattelo, che ne so, un Neil Young, uno ggiovane diciamo.

  8. Eyes, forse non è un caso che ti esprimi con frasi del tipo .” ..fattelo un concertino rock”. Farsi un concertino, come “farsi un birra” , “farsi una canna” o per qualcuno anche farsi una ragazza. Espressioni appropriate a quella cultura nichilista e consumista su cui si è sempre fondata l’industria discografica, compresi i suoi profeti finto alternativi. Se oltre a questo come esempio mi porti appunto un briacone come Neil young. Allora credo proprio che sul rapporto tra pop music e cultura dello sballo c’è poco da insegnarti… 😉
    ciao,k.

  9. Quindi anche gente come i King’s Singers* è una manica di tossici, oppure che George e Ira Gershwin, di fatto sono ispiratisi al Jazz e al Blues per decifrare un nuovo linguaggio non euro-colto, sono solo dei poveri illusi. No, perché altrimenti ti ricorderei tutte le nevrosi di un Glenn Gould, anima benedetta, oppure la grandezza di Brian Wilson, che con i suoi Beach Boys è riuscito a piegare il linguaggio contrappuntistico e canonico (nel senso del canone) alla struttura della musica Pop. Ma so che, per quanto potessi tentare di convincerti che nella mia oltre ventennale carriera di ascoltatrice ed esecutrice di musica di ogni genere tu rimarresti sempre sulle tue posizioni, col piedino ben fermo, le ginocchia ben serrate e una gran voglia di dimenarti (mio dio! sacrilegio! il corpo che si muove!) su ritmi diversi, diciamo. Non ti farò la solita morale dell’invidia del frustrato, e mi vado a fare una birretta, una fiasca de vino de li Castelli, e una bella magnata, e poi basta, ‘che sinnò chissà che me capisci, pòr’anima.
    Un saluto, rilassato e beatamente finto alternativo (a che poi, non è dato saperlo), con la coscienza che tutti abbiamo i nostri difetti, e personalmente i vizi degli altri me li rendono solo simpatici, al contrario di certe persone perfettine solo fuori.
    *I King’s Singers sono un sestetto vocale inglese interamente maschile. Oltre a numerosi album in cui reinterpretano di fatto la storia della musica vocale eurocolta, hanno dedicato un lavoro ai brani dei Beatles, adattandone una sparuta rappresentanza al loro personale gusto, quindi ne esaltano melodicità e traino musicale con interpretazioni a volte barocche a volte quasi romantiche.

  10. Eyes, hai una cultura musicale molto vasta, e credo che ( se non bevi troppo ) puoi essere davvero un educatore ideale per i ragazzi che devno avvicinarsi alla musica. Io sono ignorante anche i nquesto campo, ma in realtà non è detto che abbia idee e gusti così diversi dai tuoi. Mi piace però sottolineare gli aspetti “pericolosi della musica. Senza lasciarsi andare agli esoterismi, credo comunque che certa industria abbia flirtato con una cultura dello sballo. forse per denaro forse è una volontà di dioniso o perché la ggente è questo che vuole, però è così. comunque anche ammesso che certi artisti siano finanziati dai cartelli colombiani, ammetto pure che la musica ha ( anche ) questa forza straniante. Ma non è il solo aspetto e nemmeno il migliore. che anche il pifferaio di hamlin era un grande trascinatore
    ciao, k.

  11. Io invece ringrazio i melomani rigidi perché guardavano con sufficienza i miei Von Karajan, conoscendo Kleiber e Furtwängler. E ringrazio Ughi per aver distrutto Allevi facendomi conoscere Part.
    La musica a me ha insegnato proprio questo: seguire un codice, o un canone, non vuol dire abdicare al proprio, ma arricchirlo di sfumature nuove.
    Come un armadio ben fornito da cui scegliere il vestito più adatto al tempo e all’umore.

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